Da molti anni lotto perché credo che l’uguaglianza sia un diritto irrinunciabile, che la discriminazione sia una cosa schifosa, perché le persone LGBT possano vivere una vita migliore non relegata ai margini della comunità. Un po’ di anni or sono, mi è stata notificata la diagnosi di HIV e mi è apparso chiaro fin da subito che rivelare il mio stato sierologico nella comunità di appartenenza, sarebbe stato molto difficile.
La prima volta che dissi a un gruppo LGBT che sono sieropositivo, nell’interminabile silenzio imbarazzato che ne seguì, solo una persona ebbe il coraggio di dire qualcosa e disse “Ah!”.
Accoglienza, supporto, sostegno emozionale argomenti pressoché inesistenti in una delle maggiori comunità organizzate del Paese. Fu chiaro, quindi, che avrei dovuto lottare anche il quella sede per l’uguaglianza, contro la discriminazione, contro l’isolamento.
Da allora qualche passo in avanti è stato fatto, ovviamente. Se in un primo momento le persone mi cercavano di nascosto per parlare di HIV, oggi alcune persone si sono sentite sufficientemente a loro agio nella community per fare il loro secondo “coming out”, rivelando quindi anche lo stato sierologico, insieme all’orientamento sessuale.
Tuttavia, nel momento clou della vita politica delle organizzazioni LGBT italiane, i Pride, l’argomento HIV/AIDS è sempre stato complicato da inserire. Qualche evento collaterale collegato al Pride, qualche campagna di prevenzione, soprattutto negli ultimi anni, è stata portata all’attenzione della comunità, anche nella grande parata finale. Ma le facce perplesse dei partecipanti con il flyer in mano, tradiscono ancora oggi l’idea che l’HIV non c’entra con i Pride, che l’identità di una minoranza di MSM (maschi che fanno sesso con maschi) sieropositivi non ha spazio nella festa. Che c’entra dopo tutto? Ci vogliamo divertire non pensare a pochi sfigati.
Il punto è proprio questo. Ci siamo divertiti senza tenere conto né della possibilità, tutt’altro che remota, che il virus entri nel nostro organismo, né della possibilità che una parte della comunità si senta esclusa o, quantomeno, non accolta.
Possibilità tutt’altro che remota perché siamo un gruppo esposto, in particolare noi MSM. I dati di prevalenza relativi alla nostra comunità, ci mostrano in modo inequivocabile che se è verissimo che HIV riguarda tutti, è altrettanto vero che non colpisce tutti allo stesso modo.
Dopo anni di lotte e, devo dirlo, anche di risposte deprimenti da parti di molti dirigenti gay, oggi siamo ad una svolta, spero, decisiva: Arcigay Catania ha deciso di tematizzare il Pride locale a partire da quest’anno, e il primo tema sarà l’HIV.
Il Presidente di Arcigay Catania, Giovanni Caloggero, ha chiesto a Plus di collaborare, insieme a LILA Catania, alla realizzazione di un Pride che lanci un segnale politico chiaro: HIV ci riguarda da vicino, noi siamo un gruppo esposto al rischio.
E’ una indicazione politica importantissima e molto forte, un segnale in controtendenza rispetto al generale sentire politico che ritiene sia meglio non rischiare una sovrapposizione fra HIV e popolazione MSM.
Lo slogan scelto dagli organizzatori è “Un Pride in Plus”. Uno slogan che nel citare direttamente il nome della nostra associazione, ci riconosce come interlocutori importanti. Ruolo che, ovviamente, saremo onorati di sostenere con la nostra presenza, i nostri volontari, le nostre magliette, gli slogan tesi a mostrare che una persona sieropositiva è fatta proprio come tutti gli altri, non è un mostro, non è un untore, è una persona che si innamora, che fa sesso, che si protegge e che non vuole essere discriminata.
Grazie ad Arcigay Catania finalmente possiamo dire che la comunità LGBT ha fatto il primo passo nella giusta direzione
Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente