Friends for life, bordato da un bel fiocco rosso, è il nome di un gruppo Facebook dove si affronta il tema HIV, o, meglio, i vari temi che l’infezione porta con sé.
Si tratta di un gruppo chiuso, manco a dirlo, riservato, ma internazionale. Vi si trovano iscritti e iscritte pressoché da tutti i continenti.
A corollario del norme, troviamo la seguente frase: “... helping people affected by HIV/AIDS live well”, un bell’occhiello perché dice che scopo del gruppo è aiutare i sieropositivi a vivere meglio.
Fantastico vero? La HIV+ community globale riunita per scambiare esperienze e sostenersi a vicenda.
Anche io ho creduto che fosse questo lo scopo, finché una ragazza africana ha postato una domanda che, da sempre, considero la cartina tornasole della reale volontà e apertura mentale della gente:
“so friends,what is your view on homosexuality?”
Varie risposte ma un paio mi hanno colpito: un’altra ragazza africana ha iniziato la sua risposta scusandosi, ma affermando, nel contempo, che con il suo background culturale cristiano non è possibile che accetti i gay; un’altra ragazza, credo canadese, ha dato una risposta simile, aggiungendo che tutti devono essere liberi di scrivere quello che pensano.
La discriminazione, proprio quell’elemento che è uno dei principali veicoli della diffusione di HIV, è un pensiero legittimo?
E, soprattutto, è legittimo che persone spesso discriminate per la condizione sierologica, si sentano autorizzate a discriminare per via dell’orientamento sessuale altrui?
Ne è nata una discussione lunghissima, in tutto simile a quella che possiamo leggere quando si tratta il tema gay nei post, blog o chat italiane.
Vi servo alcune chicche:
“I don’t care about your gay ass that f in the bedroom. No its not about love gay is lust”.
“God created Adam and Eve not Adam and Steve…”, questa è una perla… e così via.
Non c’è niente da fare: neppure HIV riesce a far digerire la diversità, neppure HIV riesce a far superare le ideologie razziste inculcate fin da bambini.
Per HIV abbiamo concrete speranze che arrivi un vaccino, ma per l’ignoranza e le posizioni ideologiche (c’è differenza?) temo che non ci sarà mai una terapia adeguata.
Ricordo un breve frammento di “+ o -Il sesso confuso”, un documentario su HIV in Italia diretto da Andrea Adriatico e Giulio Maria Corbelli, nel quale una ragazzina di un liceo diceva, vado a memoria, passi per i drogati ma i gay se la vanno a cercare.
Frase sicuramente ingenua, ma, al contempo, di una verità disarmante. Sono convinto che molti italiani, anche e soprattutto omosessuali, pensino che i sieropositivi sono tali per colpa, e, per evitare sia la colpa che il pensiero, la comunità gay italiana ben raramente si occupa con serietà di HIV.
Come dico di solito, io non mi sento ne colpevole né innocente, cerco solo di sopravvivere. Ma nel farlo, forse per via degli anni che passano, sono sempre meno propenso a tollerare chi mi discrimina per un verso o per l’altro.
Credo che questo abbia inciso nel mio coming out… sta a vedere che più che il convincimento pesa lo stracciamento (di palle).
Fieramente gay alla faccia del mondo.
Sandro Mattioli
Plus Onlus
Chair