Domande e risposte sullo studio PARTNER

  1. I risultati dello studio
  • Cos’è lo studio PARTNER?

Lo studio PARTNER è uno studio internazionale in due fasi; l’obiettivo dello studio è indagare se si verifica la trasmissione di HIV quando una persona sieropositiva è in efficace trattamento antiretrovirale (ART). Questa condizione era definita come avere una carica virale di meno di 200 copie/mL.

Lo studio PARTNER1 si è svolto dal 2010 al 2014, il PARTNER2 dal 2014 al 2018. Lo studio ha arruolato e seguito coppie sierodiscordanti, dove cioè un partner era positivo all’HIV e in ART e l’altro era negativo all’HIV. Le coppie che potevano partecipare allo studio avevano già scelto di non usare sempre il preservativo. Erano molte le coppie che non usavano il preservativo regolarmente e alcune non lo usavano mai da diversi anni.

Lo studio è stato disegnato per fornire stime del rischio di trasmissione di HIV nel sesso senza preservativo sia per le coppie eterosessuali che per le coppie gay quando il partner positivo è in terapia efficace. Per poter partecipare allo studio, la persona positiva all’HIV della coppia doveva essere in terapia per l’HIV al momento dell’arruolamento.

  • I risultati dello studio PARTNER1 (2010-2014)

Dal 2010 al 2014, la prima fase dello studio PARTNER ha arruolato 1100 coppie da 14 diversi paesi europei. Due terzi delle coppie erano eterosessuali e un terzo gay.

I risultati dello studio PARTNER1 includevano dati da 888 coppie (548 eterosessuali e 340 gay). Durante il periodo in cui sono state seguite (chiamato follow-up), le coppie hanno fatto sesso senza preservativo in media 37 volte all’anno (valore mediano). In tutto, le coppie gay hanno riferito di aver fatto sesso senza preservativo 22.000 volte e le eterosessuali circa 36.000 volte.

Durante il PARTNER1, nessuno dei partner negativi all’HIV si è infettato facendo sesso con il partner positivo all’HIV con cui era in coppia. Questo fornisce un tasso di trasmissione dell’HIV all’interno della coppia pari a zero. Tuttavia, siccome la maggioranza delle coppie era eterosessuale, le conclusioni erano meno affidabili se riferite al sesso gay di quanto lo fossero per il sesso eterosessuale.

Alla fine del PARTNER1, il limite superiore dell’intervallo di confidenza del 95% per il rischio di trasmissione nelle coppie eterosessuali era 0,46 per 100 coppie-anni di follow-up, mentre per le coppie gay maschili era di 0,84 per 100 coppie-anni di follow-up.

  • Perché il PARTNER2?

Lo studio PARTNER allora è proseguito in una seconda fase, per fornire gli stessi livelli di affidabilità ottenuti per le coppie etero anche per le coppie gay.

Molte coppie gay del PARTNER1 hanno continuato a partecipare al PARTNER2 e in aggiunta sono state arruolate altre coppie gay.

La fase 2 dello studio PARTNER (2014-2018) ha continuato ad arruolare e seguire solo coppie gay.

  • I risultati dello studio PARTNER2

In tutto, il PARTNER2 ha arruolato 972 coppie gay (480 delle quali erano già seguite nel PARTNER1 mentre 492 sono state arruolate successivamente). Di queste, 783 coppie hanno fornito 1.596 coppie-anni di follow-up utili allo studio, in cui il partner positivo era in terapia efficace.

Le coppie hanno fatto sesso senza preservativo in media 43 volte all’anno (valore mediano). Durante il periodo di follow-up utile allo studio, le coppie hanno fatto sesso senza condom 76.991 volte.

Come nel PARTNER1, alcuni partner negativi all’HIV sono diventati positivi ma nessuno di questi casi era collegato ai partner positivi con cui erano in coppia, per questo non ci sono stati casi di trasmissione di HIV all’interno delle coppie. Il tasso di trasmissione di HIV all’interno delle coppie era zero.

In tutto, 15 uomini originariamente negativi all’HIV sono diventati positivi tra il 2010 e il 2018 (alcuni di questi durante il PARTNER1). In tutti i casi, il partner positivo all’HIV con cui erano in coppia aveva un virus molto diverso da quello con cui si erano infettati (cioè filologicamente non correlato).

Aver seguito un numero maggiore di coppie ha comportato che il limite superiore dell’intervallo di confidenza al 95% per il rischio di trasmissione tra maschi gay sia ora 0,23/100 coppie-anni di follow-up.

  • Cosa significano questi risultati?

Il PARTNER2 ora ha fornito un livello di affidabilità per le coppie gay simile a quello fornito per le coppie eterosessuali nel PARTNER1 del fatto che il rischio di trasmissione sessuale dell’HIV da una persona con carica virale non rilevabile sia effettivamente zero.

 

  1. Glossario
  • Cosa significa ‘coppie-anni di follow-up utili allo studio’?

Sono coppie-anni di follow-up utili allo studio la somma dei periodi di tempo in cui le coppie hanno fatto sesso senza preservativo, il partner positivo all’HIV aveva una carica virale non rilevabile (misurata massimo un anno prima) e il partner negativo all’HIV non usava la PEP o la PrEP.

  • Perché lo studio si riferisce agli intervalli di confidenza? Cosa significano nel PARTNER2?

Quando stimano un rischio, gli scienziati devono mettere in conto il fatto che i risultati potrebbero essersi verificati per caso, in conseguenza del fatto che uno studio può osservare solo un numero limitato di casi. Per fare questo, vengono calcolati i limiti inferiore e superiore all’interno dei quali si trovano i valori possibili. Questo si chiama intervallo di confidenza. Nello studio, è stato calcolato un valore stimato del tasso di trasmissione e l’intervallo di confidenza al 95%. L’intervallo di confidenza al 95% intorno al valore stimato è la gamma all’interno della quale si può essere certi al 95% ricada il vero tasso di trasmissione, prendendo in considerazioni gli effetti del caso.

In generale, più grande è lo studio, più si può essere certi che i risultati siano affidabili e non dovuti al caso. In questo tipo di studi, la dimensione dello studio si misura dal numero totale di anni durante i quali le persone vengono seguite, più che solo dal numero di partecipanti.

I risultati suggeriscono che ci sono pochissime probabilità che il tasso di trasmissione di HIV possa essere superiore a 0,23 per 100 coppie-anni di follow-up (vale a dire una infezione ogni 433 anni di sesso senza preservativo). Questo significa che possiamo concludere che il rischio di trasmissione sia essenzialmente zero.

Anche il tasso di trasmissione stimato per il sesso anale senza preservativo e con eiaculazione interna è zero. Il limite superiore per questo tipo di sesso è 0,57/100 coppie-anni di follow-up. In altre parole, anche nel caso avessimo sottostimato il rischio (zero) di trasmissione per motivi legati al caso, nel peggiore dei casi ci vorrebbero comunque almeno 177 anni di sesso con eiaculazione interna perché si verifichi un caso di trasmissione all’interno della coppia.

  • Cos’è una trasmissione collegata?

Una trasmissione collegata o linked transmissionsi ha quando la nuova infezione da HIV del partner inizialmente negativo avviene con un ceppo di virus che è altamente simile a quello trovato nel partner positivo all’HIV.

Nello studio PARTNER, per indagare se ci sono state trasmissione collegate, i ricercatori dell’Università di Liverpool hanno usato un metodo specialistico chiamato analisi filogenetica. Questo metodo esamina se i virus HIV trovati nel sangue dei due partner sono strettamente collegati tra loro. Se il partner inizialmente negativo si infetta ma il virus è geneticamente diverso da quello trovato nel partner positivo, questo viene considerato come una indicazione che la nuova infezione è avvenuta da una fonte diversa dal partner positivo.

Questo è essenziale se si indaga il rischio di trasmissione di HIV perché molti studi precedenti che analizzavano i casi di trasmissione nelle coppie sierodiscordanti hanno trovato che il 25-50% dei casi di nuova infezione avveniva da persone esterne alla relazione di coppia principale. L’analisi genetica è quindi una parte essenziale dello studio PARTNER.

Fino ad oggi, lo studio è stato in grado di dimostrare che anche se alcune persone negative all’HIV sono diventate positive durante lo studio, nessuna delle nuove infezioni è avvenuta con un virus HIV simile a quello trovato nei rispettivi partner positivi.

Nello studio PARTNER sono stati usati sia test standard che test ultrasensibili per fornire prove legate all’analisi filogenetica. Per questo è stato possibile concludere che queste nuove infezioni non sono avvenute da parte dei rispettivi partner nello studio PARTNER.

  • Come viene definita nello studio PARTNER la ‘carica virale non rilevabile’?

Nello studio PARTNER, la carica virale non rilevabile viene definita come inferiore alle 200 copie per millilitro di sangue.

Alcuni ospedali usano test per la carica virale che hanno diversi valori di riferimento per il limite inferiore. Per esempio, è possibile verificare che ci siano meno di 20 oppure 50 oppure ancora 200 copie di HIV in un millilitro di sangue, a seconda del centro clinico in cui ci si trova.

  • Quanto a lungo resta non rilevabile la carica virale dopo un test che la misura?

I risultati della carica virale possono dare informazioni solo sulla quantità di virus presente al momento in cui è stato prelevato il campione di sangue. Fintanto che una persona continua a prendere la terapia come prescritto, però, è molto probabile che la carica virale continui a essere non rilevabile.

Nella maggior parte dei centri europei, solo una piccola percentuale di pazienti che sono stabilmente in trattamento ha una risalita della carica virale sopra il livello di rilevabilità ogni anno. Si pensa che questo sia dovuto a difficoltà con l’aderenza. È molto difficile vedere una risalita della carica virale nel contesto di una buona aderenza alla terapia. Lo studio PARTNER ha usato la soglia delle 200 copie per la soppressione virologica, che tiene conto della maggior parte dei piccoli picchi di risalita della carica virale che si osservano nelle persone in trattamento antiretrovirale.

 

3. Il disegno dello studio

  • Uno studio osservazionale

I partecipanti allo studio PARTNER non si sono sottoposti a nessun trattamento medico speciale o intervento mentre erano nello studio; per questo motivo, viene definito uno studio ‘osservazionale’.

Sono state raccolte informazioni sul comportamento sessuale attraverso dei questionari completati dai partecipanti allo studio ogni 6-12 mesi; inoltre, con la stessa cadenza, il partner positivo all’HIV ha effettuato un test per la carica virale mentre il partner negativo un test per l’infezione da HIV.

  • Dove si è svolto lo studio PARTNER?

Lo studio ha arruolato partecipanti in 14 paesi europei: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svizzera.

In totale 55 cliniche e ospedali hanno partecipato allo studio PARTNER2.

  • Come è stato finanziato lo studio PARTNER?

La seconda fase dello studio PARTNER è stata finanziata da: National Institute of Health Research del Regno Unito, ViiV Healthcare, Gilead Sciences, Augustinus Fonden, A.P. Møller Fonden e la Danish National Research Foundation [grant numero DNRF126], ed è sponsorizzato da CHIP, Rigshospitalet.

Inoltre, l’Ufficio Svizzero per la Salute Pubblica ha finanziato la partecipazione dei centri elvetici. Lo studio è coordinato in maniera cooperativa da CHIP, Rigshospitalet, Università di Copenhagen, e University College di Londra. 

  • Chi ha condotto lo studio?

Lo studio PARTNER è stata una collaborazione che ha coinvolto ricercatori indipendenti e scienziati di tutta Europa. Il comitato di conduzione dello studio comprendeva medici, ricercatori e rappresentanti della community.

Il comitato di conduzione dello studio PARTNER era composto da:

  • Prof. Andrew Phillips, University College di Londra (UCL)
  • Prof. Jens Lundgren, Università di Copenhagen e Rigshospitalet, 
  • Dr. Alison Rodger, UCL
  • Tina Bruun, Università di Copenhagen e Rigshospitalet, 
  • Simon Collins, HIV i-Base 
  • Prof. Pietro Vernazza, Kantonsspital St. Gallen 
  • Dr. Vicente Estrada
  • Dr. Olaf Degen
  • Giulio Maria Corbelli, EATG
  • Dorthe Raben, Università di Copenhagen e Rigshospitalet,
  • Dr Valentina Cambiano, UCL
  • Prof Anna Maria Geretti, Università di Liverpool
  • Dr Apostolos Beloukas, Università di Liverpool

[tradotto dal documento originale in inglese da Giulio Maria Corbelli]