Eccoci alla quarta giornata che chiamerei dei vaccini e delle proteste.
Ma prima di questi, vorrei parlarvi della relazione di Rena JANAMNUAYSOOK, Institute of HIV Research and Innovation in Thailandia che ci ha parlato di Resilient and sustainable systems for health. In genere non sono molto interessato a relazioni di paesi così lontani da noi per cultura e leggi. Tuttavia questa è stata di grande ispirazione… e anche di grande fastidio.
In primo luogo Rena ci tiene a chiarire che la Thailandia ha definito cosa sono le popolazioni chiave e lo ha fatto sulla base dei dati epidemiologici. Inoltre definisce anche cosa sono i servizi sanitari effettuati dalle key population per le comunità di riferimento.
- un insieme definito di servizi sanitari correlati all’HIV incentrati su una specifica popolazione chiave
- i servizi sono identificati dalla popolazione chiave stessa e sono basati sui bisogni, guidati dalla domanda e centrati sull’utenza
- fornito da lay provider formati e certificati, che sono anche membri delle popolazioni chiave cui il servizio si rivolge
in parole povere, questi servizi vanno a colmare le lacune dei servizi sanitari che non riescono ad essere attivi sui bisogni delle popolazioni chiave. A me ricorda qualcosa.
Per chiarire, queste strutture hanno iniziato nel 2011 a erogate test di screening community based. Poi hanno iniziato a fornire servizi per persone in PrEP (nel 2016 ossia 2 anni prima che in Italia fosse possibile), un anno dopo hanno messo in piedi un progetto di gender-affirming dedicato alle persone trans comprensivo di controllo della terapia ormonale. Oggi i lay provider di Thailandia, in accordo con il Ministero della salute, possono:
- effettuare i test finger-prick per HIV e altre IST;
- effettuare test molecolari point of care per HIV e IST e dare I risultati;
- dispensare farmaci orali per PrEP/PEP e IST prescritti dal medico
Ora stanno cercando di integrare queste strutture con il sistema sanitario nazionale. Ma non è tutto. La slide successiva titola “Community-based same-day antiretrovirale treatment” e cita l’intervista rilasciata dal sig. Phunkron dove descrive come su 173 persone diagnosticate HIV+, 141 le ha messa in trattamento lo stesso giorno della diagnosi dopo un percorso di idoneità. Il sig. Phunkron è un lay provider.
Questi centri si occupano anche di salute mentale e attraverso uno screening i peer sono in grado di certificare una depressione. Se questo è possibile in un cosiddetto income country, perché nell’Italia del “primo mondo” non si riesce a fare? Provo a buttare li un’ipotesi: penso a una classe medica, ovviamente sto generalizzando, arroccata su posizioni di potere e corporativa, che si è costruita leggi, norme, ordini al fine di mantenere tale potere e in HIV lo abbiamo presente tutti, credo, visto che sono 40 anni che il tema è di esclusiva pertinenza degli infettivologi, con buona pace di tutte le altre specialità di cui oggi abbiamo bisogno, visto che invecchiamo, ma dalle quali fatichiamo non poco ad avere riscontri. Altro che paziente al centro, semmai paziente fra l’incudine e il martello. Le terapie per covid ora sono prescrivibili anche dal MMG e usca. Speriamo di non dover assistere ad altre stragi perché un po’ di cose cambino… ma dubito.
Le relazioni su monkeypox iniziano con la Dimie OGOINA, Niger Delta University, che ci parla di luoghi dove il vaiolo è endemico (anche se noi ci accorgiamo delle cose solo colpiscono UE o USA). Due sono i ceppi virali presenti in Africa orientale e nel bacino del Congo dall’inizio degli anni ’70, per cui facciamoci due conti, ma negli ultimi 20 anni c’è stato un consistente incremento di casi, soprattutto nel Congo. Le cause sono molteplici e vanno da una incrementata capacità diagnostica, un declino della immunizzazione (in effetti il 2,6% di immuni è basso), alcuni fattori hanno reso più facile il contatto fra animali e esseri umani (la maggiore mobilità da paese a paese, l’incremento degli allevamenti, ecc.) e sicuramente un incremento nella trasmissione fra umani con ogni probabilità aiutata da deficit immunitari (anche HIV è endemico in Africa), dai rapporti sessuali, ecc.
Si passa ai dati del WHO con Meg DOHERTY che parte in quarta:
da gennaio 2022 sono 78 gli Stati colpiti per un totale di 21.256 casi al 31 luglio 2022, 10 i decessi di cui 2 in Spagna.
In Europa sono oltre 13.880 i casi, il 98,8% sono maschi di questi il 98,1% MSM. Nel 94,2% dei casi si tratta di contagio per via sessuale. Alcuni nuovi sintomi sono stati descritti. Per esempio: proctite, uretrite, ritenzione urinaria. In diversi casi i pazienti denunciano dolori anche forti. WHO ha analizzato anche i setting di contagio e una slide sorprendente ci dice che su 3.900 casi analizzati, 3.600 hanno a che vedere con i rapporti sessuali; su 1.380 casi esaminati, oltre 1.000 contagi sono avvenuti duranti party con o senza previsione di rapporti sessuali, grandi eventi con toccaggi, abbracci, ecc.
Attenzione: una parte consistente dei contagi, 38% circa, riguarda persone MSM con HIV, probabilmente il valore è sottostimato perché non sempre viene riportato il dato. La profilazione dei pazienti HIV+ non MSM è appena sopra il 4%.
Rispetto ai vaccini, WHO raccomanda quelli di terza generazione (per esempio MVA-BN) attivi su smallpox e monkeypox, mentre non raccomanda i vaccini di prima generazione. WHO raccomanda anche di approfittare delle vaccinazioni per diffondere informazioni ma anche per effettuare studi clinici randomizzati con protocolli di rilevazioni dati standardizzati. Un modo gentile per dire che ne sappiamo ancora relativamente poco di questo virus. WHO raccomanda attenzione nella comunicazione per evitare stupidi rischi di discriminazione. Per far ciò, ha chiesto e ottenuto l’aiuto delle comunità più colpite fra cui gli organizzatori dei principali Pride, influencer, Grindr, Scruff, ecc. nonché le associazioni MSM global.
A seguire la presentazione di Nicolò GIROMETTI che è stato uno dei medici del nostro punto PrEP e che ora è al Chelsea and Westminster Hospital e 56 Dean Str. UK. Girometti è un medico e quindi ci descrive la situazione che registra quotidianamente nel suo ospedale.
Al 19 luglio, 620 sono i casi confermati, 99% MSM di cui il 70% bianchi. Il 31% HIV+ di questi il 90% undetectable tutti con CD4 >350. Età mediana 39 anni.
Il periodo di incubazione in media è di 8,5 giorni di solito asintomatico o con sintomi lievi. A proposito di sintomi:
febbre 66%
astenia 64%
mialgia 36%
mal di testa 32%
mal di gola 14%
ma il 17% non riporta nessun sintomo in particolare finché non compaiono le lesioni sulla pelle.
Per quanto riguarda la fase eruttiva, il 99% dei pazienti presentava almeno una lesione sulla pelle. Il 93% delle lesioni sono riscontrate in area ano-genitale. Nel 62% dei casi sono state viste linfoadenopatie inguinali per lo più bilaterali.
Complicazioni, per fortuna non terribili:
- infiammazione della mucosa rettale nel 17% dei casi (con dolori al retto anche importanti, costipazione)
- il 25% trattato con antibiotici a causa di sovra infezioni batteriche
- in caso di ulcerazioni in bocca/gola è stata osservata una difficoltà ad inghiottire
- sono state riportate lesioni nella congiuntiva (nel qual caso è consigliato un trattamento antivirale
Il medico riporta anche che il vaiolo può essere scambiato per altre infezioni come HSV – nel suo ospedale il 53% è stato testato per quello – o sifilide. Questo ha portato a offrire test per le principali IST a questi ragazzi con il risultato che il
22% aveva la gonorrea
14% la clamidia
6% una nuova sifilide
Infezioni che i pazienti ignoravano di avere.
Rispetto al trattamento, nella maggioranza dei casi è sui sintomi per cui si raccomanda l’idratazione e l’assunzione di analgesici. Mentre in caso di complicanze è possibile agire con vari prodotti sulla complicazione in essere. Esistono antivirali ma vengono usati solo nei casi più severi, per esempio in chi deve essere ospedalizzato, i bambini < 8 anni, le donne in gravidanza, ma va anche sottolineato che trattamenti approvati e specifici per monkeypox attualmente non ce ne sono nel senso che la loro efficacia è desunta da studi in vitro o su modelli animali.
La relazione della direzione generale della sanità pubblica di Montreal ve la risparmio. Mi limito a dire che è in essere una campagna vaccinale con il vaccino Ankara-Bavarian Nordic (MVA-BN) approvato nel 2020 e attivo sia contro smallpox che monkeypox negli adulti, in Europa si chiama Imvanex. Due dosi ad almeno 28 giorni di distanza, già una buona risposta immunitaria dopo una settimana. Il Canada ha vaccinato 15.300, pochissimi gli eventi avversi (4 reazioni nel luogo dell’iniezione, 1 reazione severa ma è poco probabile che vi sia un collegamento con il vaccino), al 31 luglio sono 39 i vaccinati che hanno contratto l’infezione (0,3% circa).
La presentazione è stata interrotta da una mega protesta di attivisti che brandivano numerosi cartelli con varie scritte tutte sopra un triangolo rosa. Sono certo che avete già capito che sia tratta di Act Up. Gli attivisti al microfono se la sono presa con gli USA che non stanno vaccinando (come noi del resto) e hanno mandato “affa” il Presidente Byden, ma soprattutto le attiviste africane hanno sottolineato come ancora una volta l’Africa è da sola ad affrontare l’ennesima emergenza sanitaria. È stato così con HIV, poi col Covid, adesso con monkeypox. Forse è ora di affrontare la realtà?
Pochi minuti fa nello stand di IAS è andata in onda un’altra protesta. Gli attivisti hanno chiamato per nome i colleghi e le colleghe e tutti a urlare “access denied”, con riferimento all’impianto vergognoso messo in piedi dal Canada per chi deve entrare nel Paese sia pur per una conferenza. Guarda caso tutti gli attivisti “bocciati” erano di income country. Si, forse è il caso di affrontare la realtà e dire forte e chiaro a IAS che le conferenze non si fanno in luoghi ricchi e costosi, ma in paesi democratici o per lo meno dove è possibile entrare per partecipare alla International AIDS Conference. Altrimenti meglio non farla o, come già successo in occasione della conferenza di S. Francisco, farne un’altra altrove per gli attivisti e le attiviste.
Sandro Mattioli
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