Le voci di chi sta facendo la PrEP su Il Fatto quotidiano

Abbiamo collaborato con Gabriele Gelmini del Fatto per scrivere un articolo su chi usa la PrEP in Italia.

solo 3600 persone in Italia usufruiscono della PrEP, la terapia di profilassi pre esposizione all’Hiv che consente di evitare il contagio in caso di contatto col virus. In attesa che, dopo il via libera del Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia del farmaco, diventi gratuita anche in Italiailfattoquotidiano.it ha incontrato alcuni di loro e ne ha raccolto le testimonianze anonime, per capire come abbiano iniziato questo percorso e con quali difficoltà.

M.C., 37 anni, Napoli: “Di Hiv nessuno parla più” – “Ho deciso di sottopormi alla PrEP perché si tratta di un protocollo che prevede test periodici ogni tre mesi: più ci testiamo, più controllo e prevenzione ci sono e più siamo sicuri”. Purtroppo però “negli ospedali è il caos totale: gli orari di ambulatorio cambiano senza che nessuno venga avvisato, le prenotazioni non sono sempre disponibili e il Cup spesso non sa chi sia il dottore di riferimento”. Inoltre, la profilassi “costa molto, 60 euro per 30 pastiglie (in pochi possono permettersi di spendere soldi così), e molti non hanno capito le potenzialità offuscati dal pregiudizio. Solo alcune città sono all’avanguardia, non c’è organizzazione didattica, divulgativa, educativa: insomma di Hiv nessuno parla più”.

G.L., 29 anni, Bologna: “Questa è omofobia di Stato” – “Ho deciso di intraprendere la PrEP nel febbraio 2022, dopo aver avuto un rapporto protetto con un ragazzo che in un secondo momento, durante alcuni controlli medici, ha scoperto di essere sieropositivo. Mi sono rivolto al reparto di Infettivologia dell’ospedale Sant’Orsola e sono stato sottoposto a molti esami per scongiurare il contagio da Hiv e verificare la presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili. Sono risultato negativo in entrambi i cicli di esami per l’Hiv, ma positivo per la gonorrea, per la quale mi sono stato subito fornite le cure del caso”. Davanti alla scarsa visibilità sociale del problema però G.L. si accalora, parlando di “omofobia di Stato”: “Questa mancanza di discussione porta ad una scarsa informazione sull’argomento, per cui ci sono persone che non conoscono per nulla l’esistenza della PrEP e non possono ricorrervi”. Tra chi invece conosce l’esistenza della profilassi, “le ragioni per cui si decide di non aderire possono essere tre: il costo, nonostante alcune farmacie prevedano degli sconti; lo stigma di chi pensa che ricorre alla PrEP solo chi non fa uso di protezioni; l’ignoranza di chi associa la profilassi alla mancanza di controlli”.

F.L., 34 anni, Milano: “Sicuro che allora tanto vale non avere l’Hiv?” – F.L. si dice soddisfatto della strada intrapresa: “Il percorso prevede un intero iter volto a responsabilizzare l’individuo proponendo vaccinazioni (che spesso non sono obbligatorie né sovvenzionate, ma necessarie) a titolo gratuito. Si è affiancati da un infettivologo che segue tutta la tua storia e tramite i vari esami a cadenza regolare ti permette di avere sempre coscienza del tuo stato di salute (quindi sei costantemente testato contro sifilide, gonorrea, papilloma, eccetera)”.

Per quanto riguarda il costo della terapia afferma: “Sono sicuro che due euro al giorno per una pillola che garantisce l’immunità dall’Hiv saremmo tutti disposti a spenderli”; ma condivide le perplessità sulla scarsa visibilità: “Molte persone pensano che tutta questa informazione, spesso affidata solo alle associazioni Lgbtq+, sia una semplice ‘propaganda’ per sdoganare uno stile di vita sregolato”. Infatti “nell’ambiente gay, chi è in PrEP viene spesso scambiato per una persona che impegna tutto il suo tempo ad avere rapporti non protetti con chiunque capiti a tiro. A testimonianza di ciò, un mio caro amico mi ha confidato di aver fatto sesso non protetto con una persona conosciuta su un’app di incontri, ma di non essere affatto turbato perché ‘tanto io non frequento la gente che frequenti tu, sono persone che ispirano fiducia’. Ecco, spesso ci si affida a un bel viso per convincersi che andrà tutto bene, e magari la convinzione è reciproca, ma nessuno dei due si fa test in maniera regolare. Purtroppo questo è il muro di scetticismo contro chi usa la PrEP”.

M.V., 48 anni: “Se usi la PrEP sei una put*ana” – “Nel mondo eterosessuale fino a poco tempo fa nessuno conosceva l’esistenza della PrEP, mentre fra noi gay c’è il luogo comune che se la usi sei una put*ana. Quando incontri qualcuno e dici di essere in PrEP, la reazione il più delle volte è di schifo“. Di solito l’obiezione principale è che “fa male e poi le malattie sono tante. A quel punto io rispondo: ‘Escludi l’evento più grave’, mentre per le altre malattie esiste una cura. Inoltre io ogni tre mesi vengo testato, tu?”. E conclude: “In realtà il messaggio è preservati, difenditi e difendi, ma c’è ancora troppa ignoranza”.

S., 28 anni, Bologna: “Frega qualcosa allo Stato che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Per me no” – “Sono stato in PrEP solo per un anno, poi ho smesso semplicemente perché studiando a tempo pieno e non avendo un lavoro non me la sono più potuta permettere. Ma anche solo avere la consapevolezza della protezione data dalla PrEP mi faceva sentire tranquillo, mi toglieva i sensi di colpa e mi faceva godere appieno della sessualità, a cui troppo spesso si dà poca o nessuna importanza. Inoltre, proteggendo me, facevo rete di protezione per gli altri. Su Grindr (app per incontri tra uomini gay, ndr) c’è la possibilità di indicare che si è in PrEP, e ho subìto alzate di sopracciglia perché ‘eh ma ci sono le altre malattie!’. Eh beh, sì, grazie, ci sono, ma Hiv e gonorrea non sono allo stesso livello di impatto sulla vita, l’Hiv è per sempre“.

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