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La plenaria di oggi ha visto una presentazione sui vaccini, piuttosto deludente in realtà. In effetti il relatore ha parlato principalmente di come funziona il sistema immunitario in tutte le sue componenti. Da un certo punto di vista interessante ma, trattandosi di una conferenza su HIV, sapere nello specifico come funziona il vaccino per l’influenza mi interessa il giusto, però ha anche descritto l’attivazione epigenetica del sistema immunitario, ha cercato di farci capire come funziona la durata della risposta anticorpale e che, più che di anticorpi, ha senso parlare di risposta combinata delle varie componenti del sistema immunitario, magari aiutato dai vaccini… che funzionano (risata e applauso del pubblico).

La tengo corta perché ieri c’è stato un presidio contro Trump e i suoi deliri ascientifici e vorrei darne conto. Le associazioni locali hanno organizzato un raduno di protesta in un giardino nei pressi del centro Moscone. Ben pubblicizzato da volantini con lo slogan “Save our science”, la protesta voleva sensibilizzare i partecipanti su quanto stanno pesando le azioni deliranti del presidente. I grandi enti federali, come NIH per esempio, non riescono a portare avanti le ricerche e i ricercatori hanno dovuto firmare di proprio pugno una sorta di abiura stile chiesa cattolica ai tempi di Galilei. Questa è una cosa del tutto inusuale per questa conferenza. Semmai è alle conferenze di IAS dove le associazioni organizzano sempre proteste e marce su vari temi e mi piace evidenziare che molti medici e i ricercatori presenti in conferenza hanno partecipato e ben volentieri hanno issato i cartelli e i manifesti preparati dagli attivisti. Ditemi voi se la scienza può prendere ordini da un ignorante che parla di topi transgender (invece che transgenici). Sarò un inguaribile romantico, ma a me è sembrata una bella interazione fra clinici e comunità.

Diverse sessioni si sono concentrate sul problema della sifilide che sta assillando il Paese. I casi di sifilide neonatale sono cresciuti di 10 volte in 10 anni, nel 2022 sono stati registrati 200.000 casi, evidentemente i sistemi di testing non stanno funzionando e la ricerca sta valutando altre opzioni più efficaci.

Inoltre ci sono stati diverse presentazioni orali su doxyPEP – forse anche per via della crescita di sifilide. Si tratta di studi di efficacia e l’hanno dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. Rispetto alla scarsa efficacia su gonorrea semplicemente qui si limitano a prenderne atto, apparentemente senza pensare al motivo e, ovviamente, nessun accenno al possibile sviluppo di ceppi resistenti. Tuttavia uno studio ha attirato la mia attenzione: è quello di un centro di comunità (Magnet) che ha valutato la doxyPEP in un gruppo di MSM in PrEP paragonato a un gruppo equivalente non in doxy. I risultati non discostano da quelli degli altri studi (il rischio di contagio in chi non usa la doxy è superiore d 4 volte), ma la struttura dello studio era interessante perché esportabile anche nel nostro centro e sarebbe interessante avere un dato community based, per cambiare… vedremo.

I simposi del pomeriggio si sono concentrati sulla prevenzione e, ovviamente, la PrEP ha avuto la parte principale.

Le “danze” iniziano con la relazione Game Changed: Navigating the Era of Long- Acting Therapies for HIV Prevention, Jonathan Li, Brigham and Women’s Hospital, Boston.

Il ricercatore fa il punto della situazione rispetto alle possibili scelte su PrEP che definisce insufficienti ma che sono sempre di più di quelle che puoi trovare in Italia:

  • Anello di dapivirina
  • PrEP iniettabile
    • Cabotegravir
    • Lenacapavir
  • Nuove strategie in via di sviluppo

Avete notato anche voi che nessuna delle tre esiste da noi? Comunque andiamo avanti. Oltre a ovvie questioni di business, gli altri tipi di PrEP partono da studi che evidenziano problemi di aderenza con la PrEP orale, per esempio lo studio di Van Damme pubblicato nel 2012 sul New England dove il 26% delle donne africane che avevano fallito la PrEP orale non avevano traccia di tenofovir nel sangue. Secondo un altro studio (Onigwe, OFID, 2024) nel 60% del campione in PrEP orale si registrava una diminuzione dell’aderenza. Situazione simile per l’anello vaginale con dapivirina, sulla carta poteva funzionare ma le donne non lo usavano perché scomodo, soprattutto le più giovani. In breve l’aderenza a un trattamento impatta fortemente sull’efficacia del farmaco. Gli studi HPTN 083 e 084 pubblicati rispettivamente nel 2021 e 2022, hanno dimostrato l’efficacia di cabotegravir come PrEP.

Tuttavia alcuni “warning” sono stati lanciati già l’anno successivo (2023) dove sono stati registrati casi nei quali l’infezione si è verificata nonostante un livello di cabotegravir generalmente elevato, così come nel contesto di un rapido e inaspettato decadimento dei livelli del farmaco (Marzina, AAC, 2023). Inoltre, grazie all’effetto LEVI (Long-acting Early Viral Inhibition) queste cosiddette breakthrough infection ossia infezioni in soggetti in trattamento, possono essere difficili da diagnosticare. Secondo uno studio (Landovitz, NEJM, 2024) sembra che siano passati 98 giorni dal contagio prima di ottenere un test Ag/Ab reattivo.

Lo studio sulla formulazione a 4 mesi di cabotegravir è ancora in fase di valutazione in uno studio di fase 2.

E poi c’è il Lenacapavir, il nuovo inibitore del capside che, proprio per il tipo di inibizione, può bloccare la replicazione virale in diversi punti. Gli studi PURPOSE 1 e 2, che prevedono 1 iniezione sottocutanea ogni 6 mesi, sembrano dimostrare un calo molto significativo del rischio di HIV comparato con la PrEP orale. Tuttavia anche qui un primo warning: appena 2 casi di breakthrough infection ma entrambi i casi associati alla mutazione resistente N74D. Inoltre, ci sono già i primi casi di ritiro prematuro dallo studio a causa di effetti collaterali legati al sito dell’iniezione (Kelly, NEJM,2024).

La formulazione a una iniezione intramuscolo all’anno di lenacapavir come PrEP è in fase di sviluppo.

Come detto al momento nessuno di questi farmaci è approvato in Italia e, anzi, il cabotegravir long acting iniettivo come PrEP (una iniezione ogni 2 mesi) è approvato, però sembra che AIFA abbiamo rimandato già 3 volte la definizione del prezzo come farmaco a carico del SSN. Secondo voci non confermate e contrariamente a quanto sembrava, i tempi non sarebbero brevi.

Da tenere sotto osservazione lo studio MK-8527 in ipotesi una nuova PrEP orale della durata di 1 mese. Così come l’impianto che erogherebbe tenofovir per un anno ma pare che sia associato a effetti collaterali nella sede dell’impianto (Gengiah, jias,2025).

Riassumendo:

  • La PrEP orale è efficace ma l’aderenza potrebbe essere un problema
  • L’anello con la dapivirina ha dimostrato un’efficacia limitata anche collegata a problemi di aderenza
  • Cabotegravir è molto efficace, ma sono stati evidenziati ostacoli logistici e la resistenza resta una preoccupazione
  • lenacapavir rappresenta un importante passo avanti per la PrEP, sia pur non senza qualche piccolo problema; è in attesa di approvazione dell’ente regolatorio (EMA)
  • altre formulazioni/impianti sono in fase di sviluppo

Sandro Mattioli
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