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La prima volta che ho sentito parlare di un farmaco in grado di prevenire il contagio dall’HIV sarà stato circa 15 anni fa quando un mio amico mi parlò dell’ancora sconosciuto Truvada. La mia prima reazione fu abbastanza fredda: non avevo ancora ben chiaro cosa fosse concretamente, non avevo nessun’altra informazione se non una scarna spiegazione fatta dal mio amico.

Il me dell’epoca aveva avuto sentimenti decisamente contrastanti: da un lato non mi sembrava vero che fossimo vicini a un periodo storico in cui con una pillola si sarebbe potuto evitare di contrarre l’HIV quindi questa speranza mi riempiva di gioia, dall’altro (e al tempo fu quello che prevalse) uno sincero scetticismo, che ripensandoci adesso non so bene a cosa fosse dovuto.

Forse le sue abitudini sessuali (che poi erano anche le mie per certi versi) mi portavano a pensare che volesse in qualche modo giocare col rischio, forse anche quella paura del virus con la quale siamo cresciuti che spesso poteva rasentare la superstizione. Non saprei. La cosa finì lì, non ne discutemmo più.

Quando mi sono trasferito a Bruxelles (cinque anni e mezzo fa) l’argomento PrEP era molto diffuso nella comunità LGBTQI+ tanto da sembrarmi strano che nella comunità in Italia se ne parlasse poco e male (ricordo di aver letto su qualche post in un social di accuse a chi promuovesse la Prep di essere pagati dalle case farmaceutiche ecc.).

La serenità con cui se ne discute qui, nella stragrande maggioranza dei casi, ha sicuramente avuto un forte impatto nel rendere la PrEP ma più in generale la salute sessuale, argomento di discussione comune. Un fattore da non sottovalutare perché che uno voglia o no accedere al protocollo della PrEP il fatto di poterne parlare in maniera costruttiva e normale rende la conversazione sull’argomento scevra da inutili pregiudizi e permette a chiunque di scegliere con consapevolezza e libertà.

La causa scatenante per cui ho deciso di voler cominciare a prendere la PrEP è stata la rottura del preservativo durante un rapporto sessuale con conseguente corsa al pronto soccorso per la PEP e momenti di angoscia e paura. Lì mi sono detto che forse era il caso di prendere in considerazione l’uso della PrEP per evitare che dei momenti di piacere si trasformassero in generatori d’ansia e panico.

Come funziona la PrEP in Belgio? Bisogna andare nei centri di referenza che si trovano in alcuni ospedali, a Bruxelles sono quattro, i medici di questi centri sono gli unici che possono autorizzare il rimborso (tramite la mutua che ogni residenti ha) del costo del farmaco dopo una loro valutazione e per un periodo di un anno, rinnovabile. Il costo al beneficiario è di 15 euro per una confezione di 90 compresse, a questo costo si aggiungono le spese per la consultazione medica e delle analisi da fare ogni tre mesi.

Personalmente sono stato seguito da diversi di questi centri e il personale medico-sanitario si è sempre rivelato estremamente preparato e affabile, non giudicante e soprattutto pronto all’ascolto.

Può avere accesso alla PrEP anche chi non è residente in Belgio, come i richiedenti asilo, in quel caso a provvedere sarà l’AMU (l’Aide Médicale Urgente) che ha come obiettivo di garantire le cure mediche a coloro che non sono in possesso di un permesso di soggiorno legale.

Salvo Costantino


Non riusciamo ancora a liberarci dei pregiudizi verso la vita sessuale delle persone. Un aiuto potrebbe arrivare dalle testimonianze di chi usa la PrEP: il punto di vista del vissuto emotivo potrebbe avvicinare alla PrEP senza stigmatizzare chi ne fa uso. Se anche tu vuoi condividere la tua storia con la PrEP, scrivi un testo (300/500 parole) e inviacelo a info@prepinfo.it.

Puoi raccontarci perché hai scelto la PrEP e cos’è cambiato nella tua vita sessuale, ma anche, più semplicemente, come hai scoperto questo metodo preventivo, quale centro te l’ha prescritto e come ti sei trovato/a. 

Preferiremmo che le testimonianze non fossero anonime: la trasparenza è importante per creare un’onesta discussione pubblica sulla PrEP e sulla salute sessuale. Capiamo però che per alcune persone non è facile esporsi: in questo caso nella tua testimonianza potresti motivare perché hai scelto l’anonimato; così da sottolineare quanto sia ancora presente lo stigma verso le scelte sessuali delle persone.

Perché questo questionario?
In Italia la PrEP è ancora un tabù. Se la usi o la vorresti iniziare, avrai quasi sicuramente affrontato ostacoli e pregiudizi. In questo questionario hai la possibilità di far sentire la tua voce in forma anonima. Le tue risposte ci aiuteranno a conoscere e possibilmente risolvere le difficoltà che hai incontrato o che ancora incontri.

Chi ha creato il questionario?
Il questionario nasce da una collaborazione tra il collettivo PrEP in Italia Plus Roma, associazione di persone LGBT+ che si occupa di offrire servizi sulla salute sessuale.

Chi può partecipare al questionario?
Possono partecipare tutte le persone maggiorenni che usano o vorrebbero utilizzare la PrEP e che abitano in Italia.

Ci saranno domande personali? La tua privacy sarà tutelata?
Sì, ci saranno domande personali, ma le tue risposte saranno raccolte in forma anonima e aggregata e non potremo risalire alla tua identità. Leggi tutta l’informativa.

Proseguendo con la compilazione del questionario acconsenti al trattamento dei tuoi dati secondo quanto specificato nell’informativa.

Ti faremo delle domande sulla tua vita sessuale. Non è per farci gli affari tuoi. Se conosci Plus Roma e PrEP in Italia sai già che crediamo nell’autodeterminazione e non giudichiamo mai le persone. Sapere come vivono la sessualità le persone in PrEP o che vorrebbero iniziarla è fondamentale per orientare il nostro lavoro, offrire servizi sempre più specifici e mobilitarci per migliorare la loro esperienza.

A chi puoi rivolgerti per avere informazioni?
Puoi scrivere a info@prepinfo.it

Questo questionario è stato realizzato grazie a una donazione di ViiV Healthcare SRL.

Aumentano le richieste ma diminuiscono i fondi: servono delle soluzioni per la conferenza italiana sull’AIDS e la Ricerca Antivirale

25 maggio 2023

Si terrà a Bari, dal 14 al 16 giugno, la quindicesima edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and
Antiviral Research. Come Plus aps anche quest’anno prenderemo parte alla conferenza, ma ci troviamo
nuovamente costretti a ritirare parecchie candidature di attivisti sieropositivi per fare fronte alla mancanza di
fondi e alla conseguente limitazione dei posti.


La partecipazione della comunità di riferimento e di giovani ricercatori dovrebbe essere la priorità di una
conferenza come ICAR, ma sono proprio questi i soggetti che stanno soffrendo maggiormente a causa della
diminuzione dei fondi disponibili. Sono già due anni, infatti, che le richieste di scholarship superano le
disponibilità, costringendo molte persone a rinunciare alla partecipazione. L’incremento delle richieste di
partecipazione da parte di persone con HIV e giovani ricercatori è un dato estremamente positivo, ed è
importante trovare delle risposte per permettere a quante più persone possibile di partecipare.


Se da una parte riconosciamo le difficoltà dettate dalla carenza di fondi, fino a questo momento non vi sono
state le capacità di adeguamento necessarie da parte di una conferenza nazionale tanto importante, che
dovrebbe vedere la partecipazione delle persone sieropositive come una priorità. Detto questo chiariamo un
punto: nessuna conferenza internazionale su HIV è in grado di accogliere tutte le richieste di scholarship, ma
per l’accettazione o meno della domanda esistono criteri condivisi e trasparenti che in Icar non sono mai stati
attivati. Inoltre, in Icar non è prevista la possibilità di accedere a pagamento per i pazienti ai quali è stata
rifiutata la scholarship. Tutto è gestito sul piano personale o camera caritatis che dir si voglia.


Non vi è alcun criterio per l’assegnazione delle borse di studio che non sia quello dei fondi, della cui
gestione ci si ricorda solo a cose fatte, così come è avvenuto anche nella precedente edizione della
conferenza. Chiediamo quindi che la possibilità di partecipare non sia vincolata alle scholarship, e che le
borse di studio disponibili vengano assegnate sulla base di criteri chiari, trasparenti e, soprattutto, condivisi.


Per quanto riguarda l’impiego dei fondi disponibili, riteniamo che a fronte di una diminuzione delle risorse,
un punto non verificabile perché alle richieste di visionare i bilanci non vengono fornite risposte, debbano
essere riviste alcune decisioni logistico organizzative. La scelta di tenere la conferenza in un luogo diverso
ogni anno, per quanto possa dare lustro al centro clinico locale, comporta spese molto elevate e una scarsa
capacità di contrattazione sui costi. Riteniamo che se venissero individuati uno o due luoghi sulla Penisola
dove tenere la conferenza, come già avviene per altri congressi come il CROI negli Stati Uniti, sarebbe
possibile diminuire considerevolmente le spese di gestione.


Anche la periodicità della conferenza potrebbe essere rivista, favorendo per esempio una cadenza biennale,
che potrebbe contribuire al contenimento dei costi. Infine, sono ormai anni che per l’organizzazione della
conferenza ci si affida allo stesso provider, dando luogo ad una sorta di monopolio. Anche in questo caso
pensiamo che sarebbe opportuno procedere all’assegnazione tramite un bando con criteri di selezione chiari,
che tengano in conto le difficoltà economiche dell’organizzazione stessa.


Insomma, sono molte le soluzioni che potrebbero essere vagliate se vi fosse la reale volontà e priorità di dare
spazio alle persone sieropositive, a ricercatori e ricercatrici. Non devono necessariamente essere le soluzioni
che proponiamo noi, ma è necessario superare l’attuale immobilità di fronte all’aumento delle richieste e alla

contingente diminuzione dei fondi disponibili per le scholarship dei giovani ricercatori e degli attivisti.
Lasciare fuori dalla porta sempre più persone con HIV non è una soluzione accettabile.

Abbiamo collaborato con Gabriele Gelmini del Fatto per scrivere un articolo su chi usa la PrEP in Italia.

solo 3600 persone in Italia usufruiscono della PrEP, la terapia di profilassi pre esposizione all’Hiv che consente di evitare il contagio in caso di contatto col virus. In attesa che, dopo il via libera del Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia del farmaco, diventi gratuita anche in Italiailfattoquotidiano.it ha incontrato alcuni di loro e ne ha raccolto le testimonianze anonime, per capire come abbiano iniziato questo percorso e con quali difficoltà.

M.C., 37 anni, Napoli: “Di Hiv nessuno parla più” – “Ho deciso di sottopormi alla PrEP perché si tratta di un protocollo che prevede test periodici ogni tre mesi: più ci testiamo, più controllo e prevenzione ci sono e più siamo sicuri”. Purtroppo però “negli ospedali è il caos totale: gli orari di ambulatorio cambiano senza che nessuno venga avvisato, le prenotazioni non sono sempre disponibili e il Cup spesso non sa chi sia il dottore di riferimento”. Inoltre, la profilassi “costa molto, 60 euro per 30 pastiglie (in pochi possono permettersi di spendere soldi così), e molti non hanno capito le potenzialità offuscati dal pregiudizio. Solo alcune città sono all’avanguardia, non c’è organizzazione didattica, divulgativa, educativa: insomma di Hiv nessuno parla più”.

G.L., 29 anni, Bologna: “Questa è omofobia di Stato” – “Ho deciso di intraprendere la PrEP nel febbraio 2022, dopo aver avuto un rapporto protetto con un ragazzo che in un secondo momento, durante alcuni controlli medici, ha scoperto di essere sieropositivo. Mi sono rivolto al reparto di Infettivologia dell’ospedale Sant’Orsola e sono stato sottoposto a molti esami per scongiurare il contagio da Hiv e verificare la presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili. Sono risultato negativo in entrambi i cicli di esami per l’Hiv, ma positivo per la gonorrea, per la quale mi sono stato subito fornite le cure del caso”. Davanti alla scarsa visibilità sociale del problema però G.L. si accalora, parlando di “omofobia di Stato”: “Questa mancanza di discussione porta ad una scarsa informazione sull’argomento, per cui ci sono persone che non conoscono per nulla l’esistenza della PrEP e non possono ricorrervi”. Tra chi invece conosce l’esistenza della profilassi, “le ragioni per cui si decide di non aderire possono essere tre: il costo, nonostante alcune farmacie prevedano degli sconti; lo stigma di chi pensa che ricorre alla PrEP solo chi non fa uso di protezioni; l’ignoranza di chi associa la profilassi alla mancanza di controlli”.

F.L., 34 anni, Milano: “Sicuro che allora tanto vale non avere l’Hiv?” – F.L. si dice soddisfatto della strada intrapresa: “Il percorso prevede un intero iter volto a responsabilizzare l’individuo proponendo vaccinazioni (che spesso non sono obbligatorie né sovvenzionate, ma necessarie) a titolo gratuito. Si è affiancati da un infettivologo che segue tutta la tua storia e tramite i vari esami a cadenza regolare ti permette di avere sempre coscienza del tuo stato di salute (quindi sei costantemente testato contro sifilide, gonorrea, papilloma, eccetera)”.

Per quanto riguarda il costo della terapia afferma: “Sono sicuro che due euro al giorno per una pillola che garantisce l’immunità dall’Hiv saremmo tutti disposti a spenderli”; ma condivide le perplessità sulla scarsa visibilità: “Molte persone pensano che tutta questa informazione, spesso affidata solo alle associazioni Lgbtq+, sia una semplice ‘propaganda’ per sdoganare uno stile di vita sregolato”. Infatti “nell’ambiente gay, chi è in PrEP viene spesso scambiato per una persona che impegna tutto il suo tempo ad avere rapporti non protetti con chiunque capiti a tiro. A testimonianza di ciò, un mio caro amico mi ha confidato di aver fatto sesso non protetto con una persona conosciuta su un’app di incontri, ma di non essere affatto turbato perché ‘tanto io non frequento la gente che frequenti tu, sono persone che ispirano fiducia’. Ecco, spesso ci si affida a un bel viso per convincersi che andrà tutto bene, e magari la convinzione è reciproca, ma nessuno dei due si fa test in maniera regolare. Purtroppo questo è il muro di scetticismo contro chi usa la PrEP”.

M.V., 48 anni: “Se usi la PrEP sei una put*ana” – “Nel mondo eterosessuale fino a poco tempo fa nessuno conosceva l’esistenza della PrEP, mentre fra noi gay c’è il luogo comune che se la usi sei una put*ana. Quando incontri qualcuno e dici di essere in PrEP, la reazione il più delle volte è di schifo“. Di solito l’obiezione principale è che “fa male e poi le malattie sono tante. A quel punto io rispondo: ‘Escludi l’evento più grave’, mentre per le altre malattie esiste una cura. Inoltre io ogni tre mesi vengo testato, tu?”. E conclude: “In realtà il messaggio è preservati, difenditi e difendi, ma c’è ancora troppa ignoranza”.

S., 28 anni, Bologna: “Frega qualcosa allo Stato che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Per me no” – “Sono stato in PrEP solo per un anno, poi ho smesso semplicemente perché studiando a tempo pieno e non avendo un lavoro non me la sono più potuta permettere. Ma anche solo avere la consapevolezza della protezione data dalla PrEP mi faceva sentire tranquillo, mi toglieva i sensi di colpa e mi faceva godere appieno della sessualità, a cui troppo spesso si dà poca o nessuna importanza. Inoltre, proteggendo me, facevo rete di protezione per gli altri. Su Grindr (app per incontri tra uomini gay, ndr) c’è la possibilità di indicare che si è in PrEP, e ho subìto alzate di sopracciglia perché ‘eh ma ci sono le altre malattie!’. Eh beh, sì, grazie, ci sono, ma Hiv e gonorrea non sono allo stesso livello di impatto sulla vita, l’Hiv è per sempre“.

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A Villa Cassarini davanti al monumento che ricorda le vittime omosessuali del razzismo nazi fascista, installato ormai 31 anni fa anche grazie al lavoro di Franco Grillini, anche lui presente alla commemorazione, sono intervenuti Emily Clancy vice Sindaca di Bologna che ha ricordato le recenti scomparse di Lucy e di Pieralli, Mazen Masoud presidente del MIT, Michele Giarratano per Famiglie Arcobaleno e Salvio Cecere per Plus.

In un intervento emozionato, Salvio ha ripercorso le tappe della Liberazione ricordando come il triangolo rosa con cui i nazisti marchiavano gli omosessuali, fosse il simbolo del rifiuto delle diversità. Un simbolo poi ripreso da Act Up nella lotta contro HIV, a sottolineare come quello stesso odio per le diversità si fosse riattivato nei primi anni della pandemia, in una logica di discriminazione delle sessualità non allineate.

Salvio ha poi fatto notare come in anni più recenti le cose siano piano piano cambiate e che recentemente l’agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità della PrEP (la profilassi pre esposizione che protegge da HIV). L’introduzione della PrEP in Italia è stata una battaglia faticosa portata avanti dagli attivisti di Plus già a partire dal 2013, inizialmente ostracizzata anche da parte del movimento che ancora oggi, in qualche caso, fatica a comprendere che PrEP è un dispositivo che consente a tutti di vivere liberamente la propria sessualità e di riprenderci quel piacere sessuale che HIV ci ha negato per 40 anni. Giustamente Salvio lancia la sfida alla Regione Emilia-Romagna perché sia la prima a mettere in atto la gratuità predisposta da AIFA, riprendendo quell’attenzione politica dimostrata quando, nel 2015, ha consentito l’apertura del BLQ Checkpoint, il primo centro community based in Italia quindi uno spazio non disegnato su un modello eteronormato.

Una serie di risultati dei quali Salvio ringrazia la generazione di attivisti che lo hanno preceduto a partire da Stefano Pieralli che ci ha lasciati pochi giorni fa. Ricordare le tante battaglie intraprese da Stefano forse non sarebbe neppure il modo migliore di ricordarlo, sottolinea Cecere, stante la sua volontà di andare sempre oltre i risultati ottenuti e continuare a combattere per riappropriarci del piacere sessuale, degli spazi politici necessari alle nostre esistenze.

Anche per questo mese torna il #VenerdiPositivo

Un appuntamento per conoscersi, confrontarsi, ascoltare e ascoltarsi senza stigma né pregiudizi.

Ci incontreremo questo Venerdì, 28 Aprile alle 19,30 nella sede di Plus in via San Carlo 42/C a Bologna, per riflettere tuttə insieme su un tema che si fa sempre più attuale all’interno della nostra comunità: HIV e Ageing. In altre parole: stiamo invecchiando!! Che è sempre meglio che morire di AIDS ovviamente, ma è davvero tutt’oro quel che luccica? Le persone con HIV che invecchiano hanno gli stessi problemi degli altri, invecchiano nello stesso modo? E gli anni passati con HIV quali problemi ci danno? E’ così vero che la qualità della vita è migliorata grazie alle terapie antiretrovirali?
Quesiti importanti che troveranno risposte nel venerdì positivo.

Come ormai da tradizione, al termine della riflessione condivisa seguirà un momento conviviale.

Sembra proprio che anche l’ultima commissione di AIFA abbia dato parere favorevole al rimborso della PrEP da parte del Sistema Sanitario Nazionale.
Abbiamo finalmente fatto un passo in avanti con quasi 10 anni di ritardo (!), che vuol dire che tante persone si sono contagiate per l’ignoranza, la burocrazia e la supponenza di questo Paese.

Ci è bastato leggere la grassa ignoranza con cui troppi giornalisti hanno dato la notizia per renderci conto del livello di interesse o, forse, della stupidità.
Ad ogni modo la parte tecnica pare abbia finalmente deciso ma, ovviamente, questo non vuol dire che domani mattina troveremo i flaconi gratis in farmacia.

Ora attendiamo la determina, poi la pubblicazione in gazzetta ufficiale.
Poi, presumo, un passaggio in conferenza Stato Regioni.
Poi ogni Regione dovrà pur deliberare qualcosa per far entrare il farmaco in prontuario o modificarlo, un budget dovrà essere definito e quello del 2023 già è fatto.

È ipotizzabile che qualche Regione opti per passare al 2024?

Resta sulla porta il problema delle prescrizioni solo erogabili dall’infettivologo dopo una visita che, qua e là, si paga.
Poi ci sono i test di controllo che, qua e là, si pagano.

Poi ci sono i deliri di onnipotenza di questo o quel primario che decide che nei “suoi” ambulatori “quella roba li” non si prescrive, come del resto già accade.

Ovviamente nessuno sta pensando a coinvolgere i Checkpoint, o più correttamente, i PrEP Point che, dove presenti, potrebbero svolgere un ruolo importante, non sia mai che dei centri community based defraudino un clinico di un qualche potere.

Speriamo almeno che non obblighino le persone in PrEP a recarsi solo presso le farmacie ospedaliere che, per diffusione e orari di apertura, non offrono un servizio paragonabile alle farmacie private.

Inoltre, se proprio deve essere l’infettivologo a prescrivere il farmaco per la PrEP, almeno che sia in fascia A e sulla base di un piano terapeutico di 12 mesi, così che, nel caso, il farmaco possa essere prescritto anche dal medico di medicina generale.

Nel frattempo, gli italiani acquistano la PrEP online a prezzi competitivi, spesso senza alcun controllo medico, grazie agli ostacoli dei burocrati, agli interessi politici, ecc.

Ma non è tutto, dobbiamo anche aggiungere gli ostacoli piazzati per anni da diversi esponenti del movimento LGBT. Alcuni di maggiore peso, come Giovanni Dall’Orto che nel 2017 pontificò su Pride (evidentemente uno spazio LGBT su cui fare affidamento), o altri decisamente meno influenti ma comunque con un seguito, come il sig. Mangiacapra che dalla Campania da anni tuona contro Plus e contro il sottoscritto più o meno direttamente, per tacere del Cassero che, ancorché circolo LGBT storico bolognese per anni all’avanguardia sul tema diritti, su PrEP ha sempre avuto una posizione guardinga, quando non nettamente contraria, soprattutto nelle precedenti gestioni, con buona pace dell’indiscusso impegno del responsabile salute di Arcigay nazionale. Fa ben sperare la nuova Presidente del Cassero, Camilla Ranauro, che giusto ieri ha annunciato la decisione di AIFA con molto entusiasmo.

In sintesi, non è tutta colpa di Aifa se PrEP in Italia è ancora così controversa, non alla portata di tutti, ecc. Di questo HIV da anni sta ringraziando.

In questo delirio di assurdità ascientifiche, per fortuna molti gay italiani pensano che assumere un farmaco che previene HIV non fa mica schifo! Ormai diverse migliaia di persone in Italia sono in PrEP e i costumi, la mentalità, la cultura stanno pian piano cambiando, anche grazie – lo dico con orgoglio – al lavoro di Plus su PrEP iniziato nel 2013 (bel prima che EMA la autorizzasse).

Oggi si muovono i primi prepster in Italia e, una volta di più, i gay italiani hanno sopravanzato i falsi profeti e cercano e usano tutti gli strumenti che la scienza mette a disposizione con HIV.

Un passo nella giusta direzione. Il lavoro non è finito. Dobbiamo recuperare il ritardo, smettere di considerare le varie forme di prevenzione come alternative una all’altra (vanno usate tutte e poche storie), guardare con fiducia ai passi in avanti della ricerca su PrEP a partire dall’iniezione di Cabotegravir con copertura bimestrale che è già una realtà negli USA.

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

L’Agenzia Italia del Farmaco ha stabilito che la Profilassi prep esposizione (PrEP) per proteggersi dall’HIV sarà rimborsata dal sistema sanitario nazionale. Questo significa che è gratuita con la prescrizione di un infettivologo/a!

Siamo molti felici di questa notizia, ringraziamo le associazioni HIV che si sono impegnate per la rimborsabilità e ricordiamo Giulio e Stefano per il loro impegno per la PrEP per tuttə!

Non tutte le regioni hanno già implementato la gratuità. Per maggior informazioni contatta uno dei centri elencati nella pagina Chi ti segue.

Ho iniziato a seguire il protocollo PrEP l’estate scorsa (agosto 2022) dopo averne parlato con alcuni miei amici che già lo seguivano e dopo aver svolto una serie di considerazioni personali. Prima di iniziare questo percorso avevo tutta una serie di pregiudizi su chi assumeva la PrEP:

come buona parte dei detrattori della PrEP ero convinto che chi la assumeva fosse una persona incline alla promiscuità (una puttana, in poche parole) e, come tutti, ripetevo il mantra che la PrEP protegge dall’HIV ma non dalle altre IST (infezioni sessualmente trasmissibili(.


Successivamente qualcosa nella mia vita sessuale è cambiato. Io sono nato negli anni ’80 e, ai tempi della mia pubertà e adolescenza, l’HIV era oggetto di forte stigma: ricordo ancora, a metà degli anni ’90, la pubblicità che invitava all’uso del preservativo, in cui le persone sieropositive erano segnalate da un’aura viola (come se questa malattia fosse un marchio di infamia). Questo certamente mi ha permesso di essere cosciente del problema, ma d’altra parte ha creato in me una serie di paure e di blocchi esagerati se non ingiustificati, senza tralasciare il fatto che, nonostante tutto questo parlare dell’HIV, nessuno mi aveva spiegato quali altre infezioni ci fossero al mondo.

Fatto sta che, da quando sono andato a vivere da solo dopo la laurea e ho iniziato di conseguenza ad avere una vita sessuale più attiva, ho sempre praticato il sesso col preservativo anche con persone delle quali mi sarei potuto ragionevolmente fidare. Non ci sarebbe di per sé nulla di sbagliato in tutto questo, se non fosse che io avevo delle fantasie sessuali che reprimevo per paura di rimanere contagiato.

Si trattava di cose tutto sommato banali, come praticare del sesso orale e farmi eiaculare in bocca. Inizialmente avevo una buona disciplina e sono sempre riuscito ad avere un buon autocontrollo, ma negli ultimi anni mi sono accorto che, soprattutto nei momenti di maggiore stress, assecondare queste fantasie agiva da valvola di sfogo. Qualche volta ho quindi ceduto al desiderio di fare sesso orale con ingoio di sperma e, quando un paio di volte mi è capitato di fare anche del sesso anale non protetto, ho capito che correvo un rischio concreto di perdere il controllo della situazione.

Mi sono allora convinto che la PrEP avrebbe potuto farmi da paracadute in quei casi in cui desideravo lasciarmi andare alle mie fantasie, fermo restando il fatto che iniziare quel percorso non avrebbe escluso di ricorrere anche al preservativo. Ho anche pensato che è vero che la PrEP non protegge dalle altre infezioni, ma è altrettanto vero che per queste c’è comunque una cura che permette di guarirle, mentre, come si sa, purtroppo ancora non esiste una cura che debelli il virus dell’HIV.

Inoltre, chi segue il protocollo PrEP deve sottoporsi a cadenza trimestrale a un check-up particolarmente accurato che permette, nel caso si sia contratta una infezioni, di agire tempestivamente.

Io non credo, quando ancora non assumevo la PrEP, di essermi mai sottoposto ai test in maniera così frequente (li ripetevo una media di due o tre volte l’anno a seconda dei casi) e comunque non si trattava di controlli così approfonditi (tipicamente solo test per HIV, sifilide ed epatiti, se non sussisteva il sospetto di altre infezioni).

Io sono seguito presso l’Ospedale Niguarda di Milano e i test che sono svolti sono esami del sangue (per HIV, sifilide ed epatiti) e delle urine, nonché tamponi faringei e anali.

Ho deciso quindi di iniziare a seguire il protocollo PrEP secondo la modalità on demand. All’inizio avevo un certo timore che questo farmaco avrebbe potuto darmi dei problemi, e infatti ho iniziato il primo ciclo un paio di mesi dopo aver ricevuto il via libera da parte dei medici ed essermi procurato il primo barattolo di pastiglie.

Contrariamente ai miei timori, non ho avuto nessun disturbo. Tuttora posso dire di non avere mai avuto particolari problemi legati all’assunzione del farmaco, se non, all’inizio, un problema di leggera insonnia che ho risolto spostando l’orario di assunzione della pillola a dopo il pranzo anziché dopo la cena.

Da un punto di vista personale, da quando ho iniziato questo percorso ho trovato due benefici.

  • Il primo è che sentendomi protetto dalla PrEP ho iniziato a vivere la mia sessualità in maniera più serena e libera da complessi e paure: da quel momento per me il sesso è diventato qualcosa di molto più appagante, soddisfacente e, in un certo senso, giocoso.
  • In secondo luogo, la consapevolezza di aver distrutto un luogo comune mi ha reso una persona più aperta al dialogo ma allo stesso tempo più consapevole e risoluta, e quindi tutto sommato più forte. Credo che entrambi siano benefici non trascurabili.

Vorrei concludere con un messaggio di augurio che ho ricevuto da un mio amico quando ho iniziato questo percorso. Si tratta di una persona con cui io avevo avuto dei rapporti sessuali ma che ho poi respinto quando mi ha detto di aver iniziato ad assumere la PrEP.

Lui è stato una persona più matura di me e siamo rimasti amici. Mi ritengo fortunato: non so se nei suoi panni avrei avuto le palle per comportarmi allo stesso modo. Ad ogni modo, quando gli ho detto che cominciavo anche io, mi ha risposto: “Vedrai che con il tempo tutte le tue paure si affievoliranno ed entrerai nella logica sana della prevenzione”.

È un augurio che vorrei comunicare a tutte quelle persone che in questo momento vorrebbero iniziare questo percorso ma che magari hanno qualche dubbio o paura che le frena.

Danilo, 36 anni, Milano


Non riusciamo ancora a liberarci dei pregiudizi verso la vita sessuale delle persone. Un aiuto potrebbe arrivare dalle testimonianze di chi usa la PrEP: il punto di vista del vissuto emotivo potrebbe avvicinare alla PrEP senza stigmatizzare chi ne fa uso. Se anche tu vuoi condividere la tua storia con la PrEP, scrivi un testo (300/500 parole) e inviacelo a info@prepinfo.it.

Puoi raccontarci perché hai scelto la PrEP e cos’è cambiato nella tua vita sessuale, ma anche, più semplicemente, come hai scoperto questo metodo preventivo, quale centro te l’ha prescritto e come ti sei trovato/a. 

Preferiremmo che le testimonianze non fossero anonime: la trasparenza è importante per creare un’onesta discussione pubblica sulla PrEP e sulla salute sessuale. Capiamo però che per alcune persone non è facile esporsi: in questo caso nella tua testimonianza potresti motivare perché hai scelto l’anonimato; così da sottolineare quanto sia ancora presente lo stigma verso le scelte sessuali delle persone.

Difficile dire qualcosa di sensato su Stefano Tallulah Pieralli che, poco fa, ci ha lasciati.

Difficile perché Stefano ha fatto davvero tanto. Nello sconforto della perdita, ho provato a leggere i commenti sui social che, pur avendo postato la notizia da poche ore, sono già moltissimi. Alcuni mi fanno tornare alla mente tanti episodi di un’amicizia pluridecennale. Altri, per fortuna uno o due, avrebbero dovuto collegare i neuroni prima scrivere.

Stefano ha fatto tutto e anche disfatto tutto ma, come sa chi lo conosceva bene, “conteneva moltitudini”.
In 40 anni di attivismo ha contribuito a fondare l’Arcigay e a criticarla aspramente; ci sono foto che testimoniano di un ragazzino biondo e riccioluto che partecipava alle prime attività del Cassero. Irriconoscibile se non per la tipica smorfia di quando si accendeva una sigaretta, rimasta intatta per i successivi 40 anni. Tra i fondatori di Arcigay a Reggio Emilia, che gli varrà il secondo nome d’arte di Granduchessa. L’unico circolo che, ancora oggi, riteneva degno della sua idea di associazionismo militante, politico ma poco o per niente ideologico, anzi, molto concreto.

Una concretezza che lo ha portato da subito allo scontro con quel sistema sociale che voleva i gay tristi e sfigati, mentre Stefano tutto era tranne che triste e sicuramente non sfigato. Rompere gli schemi, diceva ogni tanto, lo stesso pensiero che porta il giovane Pieralli a travestirsi e a battere il marciapiede (ma gratis, facendo incazzare le professioniste e rischiando anche le botte in un paio di occasioni), o ad appostarsi nei pressi delle caserme per adescare i militari che, del resto, non vedevano l’ora secondo le cronache dell’epoca. Ancora fino pochi mesi fa, il tema della riappropriazione del piacere lo vedeva fervido sostenitore, insieme all’altro pilastro di Plus, Giulio Maria Corbelli, scomparso pochi mesi or sono.

Stefano è stato dirigente del PCI, qualcuno lo ricorda online, ma ha sempre rifiutato proposte di carriera politica legate al suo orientamento sessuale, “io non faccio il gay del partito”. Tutti ricordano i racconti di Frattochie, dell’esperienza in URSS, ecc. Stefano era una delle poche persone del movimento con una chiara visione politica e ancor più chiara capacità di analisi dei quadri politici che si sono succeduti negli anni, per tacere dell’invidiabile capacità di inquadrare al volo le persone. Quante volte mi sono sentito dire “te l’avevo detto che era un idiota”.
Fra i vari commenti online ho letto “aristocratico”, vero. Un marxista aristocratico con una punta di monarchia illuminata (dalla sua luce ovviamente). Trovatene un altro in grado di contenere queste moltitudini.

Stefano, come scrive nelle righe di presentazione del Direttivo di Plus, lavorava come educatore nelle dipendenze patologiche, quindi riduzione del danno, pene alternative, ecc. Anche li in contro tendenza alla logica dei “poverini”, semmai seguendo la logica del vaffa alternato all’ascolto e alla comprensione. Ho potuto constatare di persona quanto bene gli volessero “i suoi ragazzi” – come li chiamava.

E poi Plus. Da sempre, da prima della fondazione. Fu Stefano a mettermi sotto al naso il bilancio del Cassero – ovviamente gestione di oltre 10 anni fa – e a farmi notare che con una previsione di spesa di pochi euro per il settore salute “non si fa un checkpoint, torna sulla terra”. Non per caso, è stato il MIT a offrirci spazi per i nostri primi test per HIV.

Qualcuno online lo definisce testardo. Non lo conosceva bene o, più facilmente, non era in grado di argomentare al suo livello. Stefano difendeva le sue posizioni che neanche un fante della prima guerra mondiale in trincea. Ma ascoltava, rifletteva e cambiava idea se il confronto era sufficientemente di alto profilo e le motivazioni di pari valore. Di certo non era quello che ti dava ragione per farti contento. La via più facile, una moda diffusa in Italia alla quale possiamo far risalire l’arretratezza in cui versa il nostro Paese, non era il modus operandi di Stefano e, guarda caso, non è neppure quello di Plus, un’associazione che ha fatto scelte in controtendenza, articolate, spesso non semplici, sulle quali Stefano ha avuto un’influenza importante. Un’influenza, un insegnamento, una impostazione che ci ha consentito di reggere colpi durissimi come la morte di Giulio, e che oggi ci mette nelle condizioni di andare avanti nonostante non ci sia più Stefano in Direttivo. Queste cose accadono quando i grandi uomini lasciano grandi insegnamenti in eredità. La strada è li, basta camminarci sopra. Possibilmente su quegli stessi tacchi favolosi indossati da Tallulah, le uniche scarpe sulle quali non zoppicava.

Grazie di tutto, tesoro.

Sandro.