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Come vi ho anticipato nell’introduzione, stamattina si è tenuta una sessione dei workshop precongressuali dove alcuni ricercatori hanno spiegato lo stato dell’arte sul tema HIV e dintorni.
Tranquilli, non vi descriverò tutte e sei le relazioni ma solo alcune che so essere di interesse per la comunità dei pazienti così come per chi è HIV negativo e vuole restare tale.

Il primo stato dell’arte riguarda le strategie di trattamento dell’HIV, illustrato da Monica Gandhi, University of California San Francisco che ci ha aggiornato sul tema delle terapie iniziando con i pazienti naïve, ossia quelli che non hanno mai assunto un trattamento, e i pazienti undetectable, per poi passare alle nuove strategie.

Scegliere la terapia per chi deve iniziare così come semplificare per chi è già a viremia soppressa e deve restare tale, non è cosa semplice. La ricercatrice ha sciorinato una lunga serie di studi sulle varie combinazioni di farmaci e la loro efficacia a seconda della tipologia di paziente. Per esempio: molti studi hanno comparato il Bictegravir con DTG+FTC/TAF o DTG/ABC/3TC dove è stato dichiarato non inferiore in paziente naïve, oppure altri studi, come il Solar, che studia i pazienti in trattamento con CAB/RPV che prima era usavano BIC/TAF/FTC o ancora lo studio Calibrate che analizza la somministrazione di LEN ogni 6 mesi o daily in combinazione con altri farmaci ARV in pazienti naïve. Questi studi, ancorché decisamente noiosi da ascoltare, sono estremamente utili per chi prescrive (e magari anche per chi manda giù le pillole) perché aiutano a capire quale combinazione è la più efficace, quale rischia di creare mutazioni e quindi resistenze, quale causa effetti collaterali che possono essere un problema, e così via. Per esempio, una idea emergente è che Efavirenz e Tenofovir sembrano essere “anoretici” mentre Dolutegravir è associato a un incremento di peso. Sono osservazioni che vengono rilevate con questi studi di confronto e di cui i clinici tengono conto quando hanno davanti un paziente.

Il secondo punto della relazione è sui pazienti con resistenze, ossia mutazioni di HIV che rendono vani uno o più farmaci. Inizia proprio con una slide che cita le 12 mutazione che tutti i prescrittori dovrebbero conoscere (una volta fatti i test di resistenza, vorrei aggiungere, vengono fatti?). E anche su questo tema ci propone una lunga serie di studi su varie combinazioni di farmaci ARV che possono essere utili a salvare la vita di chi ha sviluppato resistenze, per esempio lo studio D2EFT su DTG+DRV/r in adulti che hanno fallito la terapia di prima linea e pare proprio aver dato ottimi risultati. Sono stati presentati anche studi sull’utilizzo di Darunavir, Maraviroc ecc. in pazienti con più di 2 mutazioni di HIV, così come un bel studio – Brighte – sul farmaco Fostemsavir su pazienti multi trattati.

Il terzo punto era sulle nuove strategie con l’uso dei long acting in pazienti trattati. La ricercatrice parte in quarta con una bella slide sulla sfida dell’aderenza terapeutica, dove descrive il tasso di aderenza nel mondo: 79% il 1° anno, che scende a 63% entro 3 anni, tassi che scendono della metà se bambini o adolescenti in ART (cfr Han. Lancet HIV 2021) e ci tiene a specificare che negli USA, non nel terzo mondo, il 60% dei pazienti in ART ha un’aderenza subottimale. È chiaro che i Long Acting in tutto questo possono essere una risposta interessante per migliorare i tassi di aderenza e evitare l’incremento delle resistenze.

La seconda relazione riguarda i progressi nella prevenzione biomedicale di HIV, trattata da Raphael J. Landovitz, University of California Los Angeles il quale è partito in quarta con una bella slide sulle molteplici modalità di prevenzione dalle quali ha estratto la PrEP.

Non starò a ripercorrere la storia della PrEP con tutti gli studi degli ultimi 10 anni, cito solo lo studio francese Prevenir che mette a confronto PrEP daily vs on demand in MSM ad alto rischio. I primi dati non sembrano evidenziare differenze significative fra i due bracci. Se capisco bene, lo studio sembra avere anche una parte open label in cui i partecipanti sono invitati a sperimentare una PEP con la doxyciclina per limitare le IST. In sintesi i partecipanti sono stati divisi in 2 bracci, di cui uno ha, preso 200 mg di doxyciclina entro 72 ore dal rapporto senza condom mentre l’altro non ha preso niente. Gli episodi di STI sono stati inferiori nel gruppo con la PEP doxy. Già mi vedo la dott.ssa Gaspari dell’ambulatorio MTS del S. Orsola coi capelli dritti per cui dico subito che bisognerebbe studiare anche il rischio di insorgenza di batteri resistenti, cosa questa che lascia perplesso anche me a dire il vero. Qui e ora penso che sia più pratico controllare frequentemente le persone ad alto rischio e trattare gli esiti positivi. Ma non è detto che non cambi idea.

È stata messa a confronto anche la combinazione della PrEP attuale Emtricitabina/Tenofovir (TDF/FTC) con la sua sorella TAF e Emtricitabina (TAF/FTC). Per ora la bilancia pende più sulla prima sia per una questione di costi, sia perché mancano studi di efficacia sulla popolazione generale. Naturalmente si è parlato di Cabotegravir LA. Gli studi HPTN 083 e HPTN 084 hanno dimostrato che la profilassi pre-esposizione (PrEP) iniettabile a lunga durata d’azione con cabotegravir (CAB-LA) è superiore alla somministrazione giornaliera di tenofovir DF emtricitabina (TDF/FTC) per la prevenzione dell’HIV.

Anche Lenacapavir viene studiato per la PrEP e sta dando buoni risultati sui macachi. Sono stati citati anche studi in sviluppo, tra gli altri mi piace citare HPTN 106 che prevede l’utilizzo di un doccino anale con Tenofovir.

Ultima relazione è quella sullo stato delle ricerche sulla cura di HIV, trattata da John W. Mellors, University of Pittsburgh. Non so se definirlo simpatico, visto il tema, ma inizia chiedendo al pubblico “alzi la mano chi vuole una cura”, tutti alzano una mano. “OK ora alzate anche l’altra e fate ciao ciao” ecco lo stato dell’arte.

Mellors chiarisce, e al contempo rincara la dose, che il termine cura è troppo forte, meglio remissione ma li userà entrambi.

Due sono i modelli:

  1. Eradicazione/sterilizzazione: non restano provirus competenti per la replicazione
  2. Funzionale/non sterilizzante: controllo della replicazione virale con o senza ART.

La slide successiva rappresenta una serie di We need you, abbiamo bisogno di voi, che a me rimanda a quando si sapeva poco o niente di HIV e si cercavano strategie e aiuti anche da altri campi della medicina, forse pure da fuori della medicina. Nella successiva si sofferma sul motivo per cui serve una cura e, per me, è abbastanza sconcertante: “troppe persone hanno bisogno di troppi farmaci per troppo tempo”. Mah… soprassediamo.

L’idea di una cura prende piede già nel 1996 quando la viremia crollava sotto l’azione dei nuovi farmaci, salvo poi scoprire che ricresceva senza ART e, in sostanza, dal 1997 al 2009 c’è stata l’era de “impossibile trovare una cura”. Poi è arrivato il caso di Timothy Brown, sottoposto a trapianto di midollo da parte di un donatore con una mutazione del recettore CCR5 delta 32 (una cosina che ha forse il 5% della popolazione mondiale) e per tutto il resto della sua vita è restato HIV negativo, guarito. Il caso di Brown ha dato modo di pensare a strategie per arrivare ad una cura. Nello specifico con il trapianto anche ad altri è “andata bene”, ma parliamo di appena 4 persone e di queste 1 in realtà ha visto il ritorno dell’infezione.

Alcune persone, gli elite control, hanno la capacità di tenere sotto controllo il virus senza trapianti, 2 persone: una donna di S. Francisco e una in Argentina. Ma anche qui parliamo di casi estremamente rari e non siamo nelle condizioni di riprodurre queste situazioni con le terapie attualmente a disposizione.

Anche le nostre capacità e conoscenze rispetto ai reservoir non sono poi infinite anzi: non siamo ancora in grado di misurare in modo preciso quanto sono pieni questi serbatoi che pur sarebbe importantissimo come valore perché sono proprio queste cellule che contengono DNA parassitato e possono sempre causare un rebound virale se non tenuto pressato dai farmaci. Insomma niente di particolarmente nuovo, siamo ancora alle sfide.

Solo due parole sulla inaugurazione che è stata una delle più noiose a cui abbia mai assistito. Anche la lecture della community tenuta da Yvette Raphael, un’attivista sudafricana, è stata una lunga carrellata di immagini senza commento sul ruolo delle donne africane e del loro essere pronte a prendere in mano la propria vita e a avere un ruolo di primo piano nella società così come nella ricerca. Tutte cose giuste in generale, ma a tratti un po’ fuori contesto, senza contare che il ruolo della community dovrebbe andare più nella direzione di unire le forze, più che esaltarne un pezzo a discapito degli altri. Ad ogni modo è stata una presentazione vigorosa.
Per finire l’inossidabile Anthony Fauci ha ricordato il percorso del CROI, che compie 30 anni, dalla nascita ad oggi. Un momento auto celebrativo quando sono anni luce avanti gli Stati Uniti.

Sandro Mattioli
Plus aps

Bene, cominciano le danze.

La 30sima conferenza su retrovirus e infezioni opportunistiche (CROI), quest’anno si tiene a Seattle nello stato di Washington, famosissima per lo space needle che in Man in Black diventa l’astronave di non so quale bacarozzo gigante, per Grey’s Anatomy e per la più importante conferenza del mondo sul tema dell’HIV e dintorni. Un po’ se la raccontano da soli gli statunitensi, un po’ gli viene data corda perché buona parte del mondo aspetta il CROI per presentare le proprie ricerche… ad ogni modo è importante.

Per arrivare a Seattle da Bologna sono necessarie numerose ore di volo, ma soprattutto disorientano le 9 ore di fuso orario rispetto all’Italia. Devo dire che mi fa piacere che anche colleghi molto più giovani di me hanno il ciclo circadiano completamente scombinato.

È la prima conferenza in presenza in epoca covid, per cui sono tutti sul chi vive e la mascherina è obbligatoria sempre tranne per gli oratori e se mangi nelle aree appositamente create… per bere invece la mascherina va tenuta.

La conferenza si tiene nel nuovo acquisto del centro congressi di Seattle: il “Summit”, terminato appena in tempo per l’occasione. Occasione colta dai negazionisti per protestare davanti all’ingresso della conferenza “basta coi crimini della medicina”. È in questi casi che la mia naturale propensione ad approvare chi protesta in pubblico viene sostituita da un intenso desiderio di possedere una mitraglietta Uzi e fare spazio. Poi li guardo e mi risulta evidente che la merda, che soffoca quel poco di cervello che è rimasto, è difficile da scansare quando i ragionamenti sono privi di una qualunque base scientifica. Li saluto e mentalmente auguro loro una diagnosi tardiva così da poter scegliere se morire o rivedere alcune posizioni ideologiche.

La novità di quest’anno è l’aggiunta di un pezzo nuovo al programma: Social and Behavioral Science, vedremo come in concreto verrà inserita nel programma. Ho anche notato la presenza di una “Community Liaison Subcommittee” molto attiva rispetto agli anni precedenti, almeno per la mia esperienza. Il ruolo della community liaison è quello di fornire feedback all’organizzazione sui contenuti del programma con particolare attenzione agli argomenti scientifici di interesse per la comunità colpita da HIV/AIDS. Questa è la definizione ufficiale. Che cavolo voglia dire non lo so davvero, mi fa tanto dottori dei poveri, tuttavia è un primo passo importante. Proverò a parlare con qualcuno della Liaison per capire meglio. Ad ogni modo soprattutto nel pre-conference sono stai molto attivi con riunioni online, comunicazioni via mail, informazioni, ecc.

I lavori presentati dai ricercatori sono, come sempre, importanti.

1.609 gli abstract inviati
1.005 quelli accettati, di cui 152 sugli MSM. Lo sottolineo perché in Italia è forte la sensazione che di MSM si sia già parlato abbastanza.

Questa mattina sono incominciati i corsi precongressuali. Il più interessante dei quali, a mio avviso, è il Workshop For New Investigators and Trainees, perché è stato pensato per spiegare gli aspetti fondamentali di HIV ma realizzato spiegando lo stato dell’arte della ricerca. Non per caso lo stato dell’arte è stato spiegato da alcuni fra i principali ricercatori statunitensi fra cui l’italiano Guido Silvestri, una delle tante belle teste che l’Italia non si è saputa tenere stretta.

Lo stato dell’arte è stato spiegato con ben sei relazioni, io ve ne racconterò solo alcune che ritengo diano comunque il quadro della situazione.

Sandro Mattioli
Plus aps

Ripartono i venerdì positivi, il nostro appuntamento mensile preferito. Uno spazio in cui conoscersi, confrontarsi, ascoltare e ascoltarsi senza stigma né pregiudizi.

Ti aspettiamo questo venerdì 17 febbraio 2023 alle ore 19,30 presso la sede di Plus in via S. Carlo 42/C a Bologna, per riflettere tuttə insieme sulle tante zone di indiscernibilità che ancora esistono tra outing e coming out – specialmente quando si parla di quello sierologico – e sulle tante sfumature che abitano quest’ultimo.

Al termine della riflessione condivisa seguirà, per chi vuole, un momento conviviale 🍸

E’ convocata l’assemblea dei soci di Plus come da immagine.

L’assemblea è prevista per il giorno 26 marzo 2023 alle ore 17 in seconda convocazione, presso la sede di Plus in via San Carlo 42C a Bologna, con il seguente ordine del giorno:

1) relazione Presidente sull’attività svolta
2) relazione Tesoriere
3) relazione Collegio dei Revisori dei Conti
4) approvazione Bilancio consuntivo esercizio 2022
5) Elezione Presidente
6) Elezione Direttivo nazionale
7) Elezione Organo di Controllo
8) Elezione Collegio dei Probiviri
9) varie ed eventuali

Per partecipare e votare all’assemblea è necessario che i soci siano in regola con il versamento del contributo associativo relativo all’anno 2023.

Un abbraccio.

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

Come era facile prevedere, dopo lo stop al suo “fratello” africano, lo studio Imbokodo che arruolava soprattutto giovani donne africane già bloccato nel 2019, anche lo studio Mosaico è stato fermato.

L’NIH ha definitivamente bloccato lo studio Mosaico perché sicuro ma inefficace. Con queste semplici parole l’Istituto ha messo la parola fine al vaccino sperimentale di Janssen. Il numero delle nuove diagnosi nel braccio placebo era equivalente al numero delle nuove diagnosi nel braccio dei vaccinati. Inutile rischiare oltre.

Lo studio era iniziato nel 2019, ha coinvolto 3900 MSM e persone trans in mezzo mondo, Italia inclusa, cosa più unica che rara.

Anche Plus ha collaborato con il Policlinico di Modena UO Malattie infettive diretta da Cristina Mussini, per il reclutamento dei volontari: abbiamo informato e inviato a Modena per l’intervista oltre 150 persone.

Lo studio Mosaico è stato anche l’ultimo lavoro di Giulio. Motivo in più per essere dispiaciuti per questo ennesimo fallimento, e non sarà neppure l’ultimo.

Per essere chiari: la Janssen Vaccines & Prevention B.V., parte della società farmaceutica Janssen a sua volta parte della Johnson & Johnson, ha sponsorizzato lo studio Mosaico con il supporto finanziario del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), a sua volta parte del National Institutes of Health (NIH). Il NIH comprende 27 istituti di ricerca, una vera macchina da guerra. Lo studio è stato condotto dall’HIV Vaccine Clinical Trials Network, finanziato dal NIAID, con sede presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle. Il comando di ricerca e sviluppo medico dell’esercito americano ha fornito ulteriore supporto allo studio.

Già da questo articolato insieme di istituti e aziende potete immaginare quanto è costato questo studio e quando sia complesso sul piano organizzativo e logistico.

Il vaccino sperimentale è stato sviluppato da Janssen utilizzando vari “pezzi” di virus – da cui il nome mosaico – con l’obiettivo di indurre una risposta immunitaria contro un’ampia varietà di ceppi di HIV. Sulla carta il razionale c’era tutto. Purtroppo HIV la pensava diversamente. Di seguito l’annunci del NIH:

https://www.nih.gov/news-events/news-releases/experimental-hiv-vaccine-regimen-safe-ineffective-study-finds

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

Abbiamo tutti, credo, passato una magnifica serata lo scorso sabato 3 dicembre durante il concerto Extra Voices organizzato dal Coro Komos nell’ambito della Giornata Mondiale per la lotta contro l’HIV/AIDS. Il Komos, bravi, intonati, polifonici, carini, spiritosi, è da sempre una certezza. Come sempre, il coro ha spaziato dalle cantate cinquecentesche alla musica pop con disinvoltura e capacità. Ci tengo a sottolineare che non è affatto scontato che un’associazione LGBTQ+ come il Komos sia vicina al tema dell’HIV, infatti molte altre associazioni semplicemente rimuovono o fingono che HIV sia un problema risolto, o se ne occupano in modo superficiale, en passant, tanto per fare bella figura una volta all’anno, ma con risultati drammatici.

LaLa

I solisti che hanno partecipato all’evento sono stati fantastici: dalle meravigliose note gravi del basso Luca Gallo, alla performance tenorile di Gennaro Cosmoparlato e alla sempre splendida LaLa McCallan che ha dato fondo a tutte le sue ottave, che sono tante, passando con disinvoltura da brani lirici a canzoni, oltre ad aver dimostrato grande agilità nel riuscire a passare dagli stretti corridoi di accesso al palco con i suoi voluminosi abiti da nobildonna d’altri tempi.

Lasciatemi sottolineare anche gli interventi degli attivisti di Plus, purtroppo tutti indirizzati verso un evento che non avremmo voluto vivere. Poche settimane or sono Plus è stata colpita da un grave lutto: il nostro vice Presidente, Giulio Maria Corbelli, ci ha lasciati. HIV ce l’ha portato via.

Giulio Maria Corbelli

Giulio è stato uno dei principali attivisti italiani nella lotta contro HIV. Dotato di un pensiero scientifico molto profondo sul quale basava tutte le sue azioni, un metodo che Plus ha fatto proprio fin dalle sue prime azioni. Giulio era amato e stimato da attivisti di mezzo mondo. Ancora oggi, riceviamo messaggi di cordoglio da tutta Europa, dagli USA, dal Canada, perfino dall’Uganda.

Per questo motivo abbiamo chiesto al Coro Komos che i nostri attivisti potessero fare alcuni brevi interventi performativi fra una esibizione e l’altra. Enrico, Rosario, Michele, Salvo, Raffaele, Federico, Tommaso, Rita, Giovanni coordinati dal Salvio, hanno scelto alcune brevi frasi di Giulio, tratte dalle sue innumerevoli interviste e interventi, e le hanno lette dal palco per poi chiudere con un breve ringraziamento perché ciò che siamo lo dobbiamo al lavoro instancabile di Giulio.

Alla regia dello spettacolo abbiamo mandato una foto di Giulio a torso nudo. Provocatoria? Sicuramente. Pornografia del dolore? Irrispettosa? Sicuramente no. Se c’è una cosa che Giulio ci ha insegnato è l’orgoglio di ciò che siamo, la fierezza dei nostri corpi di persone sieropositive. I nostri corpi sono un manifesto politico – era solito dire – per cui dobbiamo mostrarci per ciò che siamo, essere visibili.

Attivistə di Plus: Raffaele, Tommaso, Giovanni, Federico, Enrico, Rita, Rosario

Una delle ultime cose su cui con Giulio abbiamo lavorato aveva a che fare con il significato di vivere con HIV oggi e sul cambio di paradigma necessario ad affrontare le “nuove” sfide che HIV ci pone.

Forse non tutti sanno che oggi HIV è una infezione gestibile, cronicizzabile, grazie al progresso della ricerca e alla possibilità di utilizzare farmaci molto potenti e con effetti collaterali ridotti o controllabili, nonché grazie all’aderenza terapeutica resa possibile dall’assunzione semplice: una sola pillola al giorno, con un futuro prossimo che prevede un’assunzione bimestrale.

Con questi farmaci HIV non riesce più ad ucciderci con la sua velocissima replicazione e massacrando il nostro sistema immunitario. Se riusciamo ad essere attenti nell’assunzione della terapia, la presenza di HIV viene ridotta a una quantità minima, meno di 50 copie per microlitro di sangue, come recitano i cut-off ufficiali. Questo traguardo ha reso l’aspettativa di vita, come si è soliti sottolineare oggi, di chi vive con HIV pressoché sovrapponibile a quella della popolazione generale.

Ma è davvero così?

Certamente oggi grazie alla potenza dei farmaci e alla loro facilità di assunzione, la nostra aspettativa di vita è molto, molto più lunga dei 6/9 mesi dei primi anni della pandemia da HIV, ma il racconto che ci stiamo facendo che tale aspettativa di vita sia vera per chiunque viva con HIV non è esattamente corrispondente alla realtà.

Attivista di Plus: Michele

Il sogno della vita lunga e felice riguarda le persone che hanno ricevuto una diagnosi di HIV precoce. Per chi ha ricevuto la diagnosi tardiva il tema della vita in salute è decisamente centrale. Secondo i dati del Centro Operativo AIDS le diagnosi tardive in Italia si assestano al 63% del totale. Per cui sono davvero pochi coloro che potranno beneficiare del sogno.

In effetti HIV ha ben due modi per ammazzarci: uno, il più noto, attaccando e distruggendo il sistema immunitario, in modo da renderci vulnerabili all’attacco di patologie correlata alla sua azione. Questa arma di HIV è ormai spuntata, infatti se i farmaci vengono assunti correttamente e con regolarità, HIV non ha più la possibilità di proliferare né quella di attaccare il nostro sistema immunitario perché la sua capacità di replicazione viene ridotta ai minimi termini appunto dai farmaci.

Ma c’è un secondo modo che HIV usa per ucciderci o comunque crearci seri problemi di salute, è una caratteristica che non tutti conoscono: l’attivazione del sistema immunitario.

I farmaci riducono HIV ai minimi termini, abbiamo detto, ma non lo fanno scomparire del tutto ed anche una sua presenza residuale viene rilevata dal sistema immunitario. Tale attivazione provoca una reazione naturale che è l’infiammazione, naturale quanto bere la cicuta. L’infiammazione generale provocata dalla presenza di HIV è come avere un campanello d’allarme che squilla continuamente dal cervello alla punta dei piedi, causando, nel tempo, uno stress e danni d’organo. In questo modo HIV riesce a farsi aiutare nella sua azione distruttiva da “amici”, per così dire, quali il cancro, le malattie cardio-vascolari, il decadimento cognitivo. Azioni che non sono causate dall’avanzare degli anni, bensì dall’azione lenta di HIV.

Attivista di Plus: Salvatore

Quindi si: abbiamo davanti a noi una aspettativa di vita lunga quasi quanto quella della popolazione generale, ma meno in salute e con una seria possibilità di morire prima del previsto grazie all’azione meno nota di HIV. È necessario parlare di queste cose? Io penso di si, sempre meglio che continuare a raccontarci che va tutto bene finché non ci svegliamo improvvisamente.

Oggi va molto di moda sottovalutare il problema HIV. In molti sono convinti che sia un problema sostanzialmente risolto, che riguarda i gay, che è presente in Africa ma non da noi.

Non è così.

Certo, i maschi che fanno sesso con maschi cubano un numero importante di nuove diagnosi ogni anno, ma HIV non riguarda solo i gay e sicuramente non è presente solo in Africa.

Il coordinatore: Salvio

HIV non ha finito il suo corso e noi non abbiamo né un vaccino, né una cura eradicante ossia qualcosa che ci faccia guarire. Per cui, pur valutando in maniera assolutamente positiva l’avanzamento scientifico nella ricerca contro HIV, anche oggi sappiamo che U=U e che possiamo vivere più a lungo, non possiamo dire che HIV sia un problema risolto.

Né ha senso alcuno chiedere di gioire per i vivi e, ça va sans dire, dimenticare chi è morto banalmente perché è grazie agli sforzi di attivisti come Giulio Maria Corbelli che oggi siamo quello che siamo.

Se dimentichiamo o preferiamo non sapere cosa hanno fatto per noi le persone che ci hanno lasciato, allora forse è meglio occuparsi solo di cultura pop, che ha sicuramente uno spazio importante nella comunità LGBTQ+, e lasciare il tema HIV a chi lo conosce.

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

APPROFONDIMENTI:

  1. Comparison of Overall and Comorbidity-Free Life Expectancy Between Insured Adults With and Without HIV Infection, 2000-2016, Julia Marcos, JAMA
  2. Life expectancy of people with HIV on long-term antiretroviral therapy in Europe and North America: a cohort study; A. Trickey e al.; The Lancet
  3. Notiziario dell’ISS (volume 35 – numero 11 2022) – Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2021
  4. Yes, the same life expectancy as HIV-negative people, but far fewer years in good health; Roger Pebody; nam AIDSmap
  5. OCCHIO AL FUTURO! INVECCHIARE CON L’HIV; Nadir Onlus
  6. Systemic Effects of Inflammation on Health during Chronic HIV Infection; S.G. Deeks e al; NIH
  7. Trends In Myocardial Infarction Risk By Hiv Status In Two Us Healthcare Systems; Michael J Silverberg; CROI 2019
  8. A quarter of people living with HIV have hypertension; M. Carter, nam AIDSmap
  9. Persistent HIV-infected cells in cerebrospinal fluid are associated with poorer neurocognitive performance; JC Invest; NIH
  10. Eliminating HIV reservoirs for a cure: the issue is in the tissue; Busman-Sahay e al; LWW Journal;
  11. Invecchiamento in HIV: quali prospettive; Fondazione The Bridge
  12. HIV Outcomes pubblica una serie di informative sulla qualità della vita correlata alla salute delle persone affette da HIV; HIV Outcomes;
  13. Surviving Life Itself: Reflections of a Longtime Survivor; My Fabulous Disease, Mark S. King
  14. Once, When We Were Heroes; My Fabulous Disease, Mark S. King
  15. La faccia, il corpo e la mente: addio Giulio; Plus aps

Dopo un lungo percorso con le istituzioni bolognesi, purtroppo temporaneamente interrotto dal dannato covid, il percorso di Fast Track City è ripreso grazie al sostegno del Sindaco Matteo Lepore, al lavoro dell’Assessore alla Salute del Comune di Bologna Luca Rizzo Nervo, nonché all’attenzione posta dai dirigenti Iapac/Fast Track Cities con i quali siamo sempre stati in contatto, il vice-presidente di Iapac Bertand Audoin, e, soprattutto, Tanja Dittfeld che dirige Fast Track City Europe e che ha contribuito in modo incisivo al raggiungimento dell’obiettivo e che ha firmato insieme al Sindaco il documento di adesione, proprio nella giornata topica del 1 dicembre 2022, giornata mondiale per lotta contro HIV/AIDS.

Un obiettivo che, in realtà, è un punto di partenza. Ora comincia il vero lavoro. Il Sindaco e l’Assessore si sono assunti la responsabilità di portare la città di Bologna a raggiungere gli obiettivi di UNAids, i tre 95 (95% delle persone con HIV diagnosticate, 95% in terapia, 95% con viremia non rilevabile) prima del 2030. Ma il protocollo pone l’accento anche sul tema delle infezioni a trasmissione sessuale, su epatite C, il loro monitoraggio, trattamento e cura, stigma e discriminazione. Tutti temi sui quali anche a Bologna abbiamo spazi di miglioramento.

Sono obiettivi ambiziosi per raggiungere i quali il lavoro sarà molto impegnativo.

Bologna ha già posto in essere diversi strumenti utili a limitare le nuove infezioni. Penso alle unità di strada e agli interventi di riduzione del danno svolti da più servizi, al buon lavoro fin qui svolto dal Sant’Orsola con i suoi ambulatori HIVMTSPrEP, dal Centro C.A.S.A. e dal numero verde aids gestiti dall’Azienda Sanitaria.

Ma soprattutto penso al lavoro che da anni facciamo come Plus sul tema della prevenzione con i servizi BLQ Checkpoint e, più di recente, con il PrEP-Point.

Servizi che sono decisamente sottostimati, siamo aperti solo 6 ore a settimana, e che devono assolutamente essere implementati se vogliamo dare al progetto Fast Track l’impulso decisivo per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Anche grazie all’apporto di Plus in una logica di sussidiarietà orizzontale, Bologna è l’unica città della Regione che può vantare un numero di diagnosi tardive visibilmente al di sotto della media regionale, ma è evidente che non basta. Le diagnosi tardive ci segnalano quanto lavoro c’è da fare sulla promozione dei test e anche la presenza di un sommerso importante. Due problemi che vanno assolutamente risolti se davvero vogliamo raggiungere gli obiettivi prefissati.

Sandro Mattioli
Plus aps

Uno dei motivi per cui è nata Plus è quello di realizzare una rete di persone LGBT+ che vivono con HIV, in altre parole sostituire alla paura di essere riconosciuti come sieropositivi, al nascondersi, al subire pregiudizi e discriminazione anche da parte di altre persone LGBT, una comunità forte e coesa.
Questo è stato forse l’elemento principale che ha convinto Giulio a entrare a far parte di Plus.
Ho iniziato da subito a capire che forza di uomo fosse perché quando proposi a Plus di pubblicare in Italia qualcosa di simile a un opuscolo inglese sul sesso fra gay HIV positivi, Giulio non solo rispose con entusiasmo, ma propose di fare noi le foto per l’opuscolo e nudi ovviamente perché “i nostri corpi sono un manifesto politico” – ricordo ancora le parole precise – sono una bandiera, una via per riprenderci quel piacere che ci è stato negato per decenni.
Non restò che obbedire.
Questo era Giulio: determinato ma gentile, con una profonda cultura scientifica sulla quale appoggiava sempre ogni proposta. Come per quegli scatti fotografici. Giulio non obbligò nessuno “chi lo desidera può partecipare, chi non se la sente può rinunciare” ma gli scatti si sarebbero fatti comunque. Giulio era uno che non si tirava indietro anzi, semmai trascinava con sé gli indecisi, ci metteva la faccia così come i pettorali o il fondo schiena. È stato un esempio per tutti e ora ha lasciato un enorme vuoto… ma no, in realtà non è vero. Ci ha lasciato una eredità enorme a partire dal metodo, scientifico appunto, da applicare anche a temi sociali giacché chi vive con HIV non vive in clinica

ma cammina per le strade, lavora, esce la sera, si fa una birra.
Una birra in compagnia. Questa è l’altra eredità di Giulio: ok l’attivismo è importante ma è anche importante una birra in compagnia, magari due va…
Ovviamente tutti noi compagni di questa avventura eravamo a conoscenza del suo stato di salute. Ma, quando mi telefonò per dirmi della diagnosi, dichiarò con fermezza di stare bene in salute e sottolineò “non azzardarti a togliermi del lavoro”. Determinato, appunto, anche nel combattere il cancro continuando a tenere la mente occupata, a lavorare, a fare meeting fino all’ultimo. Venerdì mattina abbiamo tenuto una riunione sullo studio Mosaico, quello stesso venerdì è stato ricoverato e non si è più ripreso. La sua presenza è stata costante fino all’ultimo, non è stato possibile per nessuno, credo, abituarsi al pensiero che presto o tardi sarebbe finita, per tutti è stato un fulmine a ciel sereno tanto è vero che quando il vice-presidente di Plus Roma mi ha telefonato e mi ha detto “Giulio non ce l’ha fatta” per un attimo ho pensato di essermi dimenticato di un appuntamento di lavoro con Giulio. Un attimo. Poi ho capito che era arrivato il momento tanto temuto, quello a cui nessuno voleva pensare.
Addio Giulietto, ti prometto che il prossimo che mi dirà che HIV è un problema risolto si ritroverà con una sedia stampata in fronte ma lanciata con cartesiana precisione.

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

E’ venuto a mancare Giulio Maria Corbelli, attivista HIV, vice presidente di Plus APS e impegnato nel Roma Plus Checkpoint.

Ma per tutte e tutti noi Giulio è stata la persona che ci ha ispiratə per lottare per un PrEP accessibile, che ci insegnatə che lo stigma verso le persone che vivono con HIV va contrastato con la visibilità e tutti i giorni, anche per chi non può.

Giulio ha dimostrato con il suo esempio che a cambiare il mondo è la disponibilità a esserci per la propria comunità.

PrEP in Italia non sarebbe dove è adesso senza il supporto costante di Giulio. Grazie. Ci mancherai.

La PrEP è un farmaco e un protocollo sanitario molto efficace per ridurre il rischio di prendere HIV.

La conferma di uno studio australiano: con la PrEP non si prende l’HIV

Dal 2016 al 2019 un team di ricercatori in Australia ha condotto uno studio su 9596 persone in PrEP. I risultati confermano l’efficacia della PrEP: zero infezioni da HIV nelle persone che aveva preso correttamente la PrEP.

Nello studio solo 30 persone sono risultate positive all’HIV: perché non avevano assunto nelle modalità corrette la PrEP.

Perché 30 persone in PrEP hanno preso l’HIV?

I dati disponibili su 22 dei 30 uomini che hanno ricevuto una diagnosi di HIV nello studio australiano mostrano che

  • l’82% di loro aveva interrotto la PrEP almeno un mese prima della diagnosi;
  • gli altri non avevano assunto le dosi quotidiane nei tempi corretti;
  • solo uno dei partecipanti ha contratto HIV resistente ad uno dei principi attivi della PrEP: l’emtricitabina (FTC).

Solo per sette di loro sono disponibili motivazioni sull’interruzione della PrEP, principalmente legati a

  • una percepita riduzione del rischio HIV dovuta a una ridotta attività sessuale o l’inizio di una relazione monogama
  • il costo della PrEP
  • il dimenticarsi la PrEP in occasione delle vacanze.

Questo studio conferma ancora una volta che la PrEP è efficace quando viene presa nei tempi e nelle modalità giuste.

4 cose che devi sapere
se prendi la PrEP tutti i giorni

Protezione
contro l’HIV

Dopo una settimana di assunzione hai la piena protezione contro l’HIV

Orario di
assunzione

prendila più o meno alla stessa ora. Usa una sveglia o un’app per ricordarti!

Maschi cis e persone col pene

possono interromperla dopo 2 giorni dall’ultimo rapporto sessuale

Donne cis e persone con la vagina

possono interromperla dopo una settimana dall’ultimo rapporto

Se non sei ancora in PrEP,
puoi iniziarla facendoti seguire da un infettivologo/a