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Si è svolta in questi giorni a Varsavia la XIX edizione della Conferenza Europea sull’AIDS, a cui ha preso parte anche Plus APS. Nell’ambito di questa conferenza, è stato presentato un nuovo farmaco che potrebbe innovare sensibilmente le politiche di prevenzione dell’HIV, chiamato Cabotegravir. In particolare, è stato presentato uno studio sull’efficacia del farmaco nella PrEP (Profilassi pre-esposizione). Trattandosi di un farmaco somministrato per via iniettiva che offre una copertura di 2 mesi, il Cabotegravir potrebbe risolvere il problema dell’aderenza terapeutica presentato dal farmaco attualmente utilizzato come PrEP, che per garantire la protezione deve essere assunto con grande precisione.

Si tratta potenzialmente di un importante avanzamento nelle strategie di prevenzione dei contagi, ma anche nella qualità della vita delle persone che convivono con HIV e de* loro partner. Negli Stati Uniti si parla ormai da tempo di questo farmaco, e anche in Europa si stanno aprendo le porte alla commercializzazione del farmaco. La Francia si prepara ad avviare uno studio clinico, e l’Italia potrebbe essere ancora una volta il fanalino di coda.

L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha infatti approvato la commercializzazione del Cabotegravir da settembre 2023, e la Francia si sta già muovendo con uno studio clinico che si chiama CaboPrEP. L’Italia intanto si sta avviando solo da pochi mesi (e con forti difformità tra le Regioni) verso l’attuazione della decisione AIFA di garantire la gratuità della PrEP attualmente in commercio. Negli scorsi anni abbiamo assistito ad anni di ritardo rispetto alla sua commercializzazione, e parlare di Cabotegravir sembra fantascientifico. Eppure, in Italia sono attivi diversi Checkpoint, centri community-based che rappresentano l’avanguardia della lotta all’HIV e che potrebbero aiutare ad implementare questi nuovi strumenti.

“In Italia – commenta il presidente di Plus APS Sandro Mattioli – non solo arriviamo ultimi ad approvare questo tipo di farmaci preventivi (EMA ha approvato l’attuale PrEP nel 2016 contro il 2012 di FDA), ma non facciamo studi che aiutino a introdurre questi nuovi elementi. Cosa che invece in Francia hanno fatto sia per la PrEP attuale, sia per Cabotegravir come PrEP. In Italia sono attivi diversi centri community based che potrebbero aiutare a implementare questi nuovi strumenti. Ma non vengono presi in considerazione. Invece uno studio di fattibilità su Cabotegravir come PrEP distribuito dai Checkpoint potrebbe contribuire ad un arrivo controllato sul mercato di un farmaco che, diversamente, finirebbe per avere gli stessi problemi di stigma e pregiudizi che gravano sulla PrEP attuale”.

I checkpoint ci sono. La speranza è che sia possibile costruire un’alleanza con l’azienda produttrice del farmaco (ViiV Healthcare) e i maggiori centri di ricerca e i Checkpoint per introdurre al più presto nel Paese questa nuova opportunità di prevenzione che potrebbe risolvere i problemi di aderenza terapeutica che si riscontrano con la PrEP attuale.

Aumentano le richieste ma diminuiscono i fondi: servono delle soluzioni per la conferenza italiana sull’AIDS e la Ricerca Antivirale

25 maggio 2023

Si terrà a Bari, dal 14 al 16 giugno, la quindicesima edizione di ICAR – Italian Conference on AIDS and
Antiviral Research. Come Plus aps anche quest’anno prenderemo parte alla conferenza, ma ci troviamo
nuovamente costretti a ritirare parecchie candidature di attivisti sieropositivi per fare fronte alla mancanza di
fondi e alla conseguente limitazione dei posti.


La partecipazione della comunità di riferimento e di giovani ricercatori dovrebbe essere la priorità di una
conferenza come ICAR, ma sono proprio questi i soggetti che stanno soffrendo maggiormente a causa della
diminuzione dei fondi disponibili. Sono già due anni, infatti, che le richieste di scholarship superano le
disponibilità, costringendo molte persone a rinunciare alla partecipazione. L’incremento delle richieste di
partecipazione da parte di persone con HIV e giovani ricercatori è un dato estremamente positivo, ed è
importante trovare delle risposte per permettere a quante più persone possibile di partecipare.


Se da una parte riconosciamo le difficoltà dettate dalla carenza di fondi, fino a questo momento non vi sono
state le capacità di adeguamento necessarie da parte di una conferenza nazionale tanto importante, che
dovrebbe vedere la partecipazione delle persone sieropositive come una priorità. Detto questo chiariamo un
punto: nessuna conferenza internazionale su HIV è in grado di accogliere tutte le richieste di scholarship, ma
per l’accettazione o meno della domanda esistono criteri condivisi e trasparenti che in Icar non sono mai stati
attivati. Inoltre, in Icar non è prevista la possibilità di accedere a pagamento per i pazienti ai quali è stata
rifiutata la scholarship. Tutto è gestito sul piano personale o camera caritatis che dir si voglia.


Non vi è alcun criterio per l’assegnazione delle borse di studio che non sia quello dei fondi, della cui
gestione ci si ricorda solo a cose fatte, così come è avvenuto anche nella precedente edizione della
conferenza. Chiediamo quindi che la possibilità di partecipare non sia vincolata alle scholarship, e che le
borse di studio disponibili vengano assegnate sulla base di criteri chiari, trasparenti e, soprattutto, condivisi.


Per quanto riguarda l’impiego dei fondi disponibili, riteniamo che a fronte di una diminuzione delle risorse,
un punto non verificabile perché alle richieste di visionare i bilanci non vengono fornite risposte, debbano
essere riviste alcune decisioni logistico organizzative. La scelta di tenere la conferenza in un luogo diverso
ogni anno, per quanto possa dare lustro al centro clinico locale, comporta spese molto elevate e una scarsa
capacità di contrattazione sui costi. Riteniamo che se venissero individuati uno o due luoghi sulla Penisola
dove tenere la conferenza, come già avviene per altri congressi come il CROI negli Stati Uniti, sarebbe
possibile diminuire considerevolmente le spese di gestione.


Anche la periodicità della conferenza potrebbe essere rivista, favorendo per esempio una cadenza biennale,
che potrebbe contribuire al contenimento dei costi. Infine, sono ormai anni che per l’organizzazione della
conferenza ci si affida allo stesso provider, dando luogo ad una sorta di monopolio. Anche in questo caso
pensiamo che sarebbe opportuno procedere all’assegnazione tramite un bando con criteri di selezione chiari,
che tengano in conto le difficoltà economiche dell’organizzazione stessa.


Insomma, sono molte le soluzioni che potrebbero essere vagliate se vi fosse la reale volontà e priorità di dare
spazio alle persone sieropositive, a ricercatori e ricercatrici. Non devono necessariamente essere le soluzioni
che proponiamo noi, ma è necessario superare l’attuale immobilità di fronte all’aumento delle richieste e alla

contingente diminuzione dei fondi disponibili per le scholarship dei giovani ricercatori e degli attivisti.
Lasciare fuori dalla porta sempre più persone con HIV non è una soluzione accettabile.