In tutto il mondo oggi si celebra la Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids. In Italia, però, qualsiasi celebrazione sembra tacere dell’epidemia tra i maschi gay, bisessuali e tra le persone transessuali. Lo denuncia Plus onlus, network di persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) sieropositive.
«La tv generalista rifiuta di raccogliere testimonianze di persone che si sono contagiate attraverso rapporti omosessuali – rivela Sandro Mattioli, presidente di Plus onlus – In tutte le manifestazioni istituzionali a cui assistiamo, il tema della salute delle persone LGBT è completamente ignorato. Eppure, siamo ancora noi maschi gay a portare il carico più significativo legato alla diffusione di questo virus. Per non parlare della completa assenza di dati relativi alle persone trans. Tutto questo mentre le associazioni gay sono le uniche a parlarne e a sollevare il problema».
«Rivendichiamo la necessità che le istituzioni dedichino attenzione, risorse e iniziative anche per la tutela della salute sessuale delle persone non eterosessuali. Non si tratta di competere con altri gruppi: è importante parlare di salute delle donne, degli uomini etero, delle persone straniere e di tutti coloro che ne possono beneficiare – precisa Mattioli – Ma nei confronti di persone gay e trans rischia di esserci una pesante censura comunicativa che rende impossibile mettere in campo iniziative efficaci di prevenzione. Oggi, unico giorno dell’anno in cui i media dedicano attenzione a questo tema, chiediamo che sia ascoltata anche la voce delle persone omosessuali e trans* perché i media cosiddetti generalisti parlano anche a loro ed è fondamentale che anche gli utenti LGBT che non sono collegati alle associazioni ricevano informazioni adeguate».
World Aids Day 2018: Plus pone l’accento sulla TasP
In occasione del 1 dicembre, giornata mondiale della lotta all’Aids, Plus Onlus ribadisce con una campagna la centralità della TasP, acronimo inglese che sta per trattamento come prevenzione. Una persona sieropositiva in terapia efficace non è in grado di trasmettere il virus. La TasP è una delle colonne della prevenzione dell’Hiv insieme al preservativo, alla PrEP (profilassi pre-esposizione) e alla PEP (profilassi post-esposizione). Strategie che posso essere integrate e sono di sicura efficacia.
È dal 2015, dalla campagna Positivo ma non infettivo, che Plus Onlus pone l’accento sulla non contagiosità delle persone che vivono con Hiv e hanno la carica virale non rilevabile (undetectable). Questa affermazione è suffragata dai risultati di 10 anni di studi, dalla Swiss Declaration allo studio Partner. Dopo la conferenza mondiale di Amsterdam del luglio 2018 e la presentazione dei risultati dello studio Partner2, la validità della TasP è più che mai confermata. Lo dicono 77.000 rapporti sessuali penetrativi senza preservativo tra partner sierodiscordanti (uno negativo, uno positivo undetectable) e zero contagi. A livello internazionale, il messaggio della TasP è stato riassunto nella formula U=U (undetectable = untransmittable).
Questa non è solo una buona notizia in termini di prevenzione, ma dovrebbe anche mettere la parola fine allo stigma nei confronti delle persone sieropositive diagnosticate, che nella stragrande maggioranza dei casi raggiungono in breve tempo lo status undetectable.
Dovrebbe, ma purtroppo non è sempre così. A Plus sono infatti arrivate segnalazioni da utenti che si sono rivolti a ospedali di Livorno, Brescia e Grosseto, i cui medici hanno negato la formula U=U generando paure irrazionali. Un atteggiamento spesso fomentato da articoli giornalistici irresponsabili. In occasione di questo 1 dicembre Plus invita ufficialmente Simit, nonché l’Ordine dei giornalisti, a organizzare eventi di aggiornamento per i propri iscritti affinché questi incidenti non si ripetano più. La TasP è una misura efficace contro la diffusione di Hiv, e le persone sieropositive che raggiungono lo status undetectable sono fiere di svolgere un ruolo chiave nella battaglia contro il virus.
Nessun aggiornamento sulla profilassi pre-esposizione (PrEP) e sulla capacità della terapia di impedire la trasmissibilità dell’infezione. Plus Onlus denuncia le condizioni in cui versa il portale www.helpaids.it gestito dalla Regione Emilia-Romagna
Il sito, pensato per offrire all’utenza informazioni utili sull’infezione da Hiv e sui metodi di prevenzione, risulta fermo al 2016 salvo superficiali aggiornamenti realizzati in occasione del 1° dicembre 2017 e nella sezione “Agenda”. Lo si evince con drammatica chiarezza consultando la sezione “Progetti locali”.
Le conseguenze sulla qualità del servizio erogato sono molteplici. Si parte da un ingiustificato allarme sulla pericolosità del liquido pre-spermatico, fino all’assenza d’informazioni cruciali su PrEP e TasP. Mancano ad esempio sia le modalità di accesso alla profilassi pre-esposizione mediante prescrizione di un medico specialista, sia i risultati dello studio PARTNER2, che hanno cementato la validità della terapia come prevenzione, ovvero la non contagiosità delle persone sieropositive in terapia efficace. Ciliegina sulla torta: la tendenza a usare il termine malattia invece di infezione.
“A Bologna è attivo l’unico servizio di supporto alle persone che usano la PrEP realizzato in modalità community-based e in ambiente extraospedaliero [il SexCheck presso il Blq Checkpoint] Ma su HelpAIDS non ve ne è traccia,” spiega Sandro Mattioli, presidente di Plus Onlus. “È paradossale che in una regione come l’Emilia-Romagna, unica in Italia ad aver avviato progetti di supporto alle persone che usano la PrEP in ogni città, questo innovativo strumento di prevenzione sia completamente trascurato sul sito ufficiale di comunicazione regionale.”
Plus auspica un sollecito aggiornamento del portale, affinché l’utenza possa continuare a considerare la regione Emilia-Romagna una fonte credibile di informazioni su Hiv/Aids.
Lo studio PARTNER è uno studio internazionale in due fasi; l’obiettivo dello studio è indagare se si verifica la trasmissione di HIV quando una persona sieropositiva è in efficace trattamento antiretrovirale (ART). Questa condizione era definita come avere una carica virale di meno di 200 copie/mL.
Lo studio PARTNER1 si è svolto dal 2010 al 2014, il PARTNER2 dal 2014 al 2018. Lo studio ha arruolato e seguito coppie sierodiscordanti, dove cioè un partner era positivo all’HIV e in ART e l’altro era negativo all’HIV. Le coppie che potevano partecipare allo studio avevano già scelto di non usare sempre il preservativo. Erano molte le coppie che non usavano il preservativo regolarmente e alcune non lo usavano mai da diversi anni.
Lo studio è stato disegnato per fornire stime del rischio di trasmissione di HIV nel sesso senza preservativo sia per le coppie eterosessuali che per le coppie gay quando il partner positivo è in terapia efficace. Per poter partecipare allo studio, la persona positiva all’HIV della coppia doveva essere in terapia per l’HIV al momento dell’arruolamento.
I risultati dello studio PARTNER1 (2010-2014)
Dal 2010 al 2014, la prima fase dello studio PARTNER ha arruolato 1100 coppie da 14 diversi paesi europei. Due terzi delle coppie erano eterosessuali e un terzo gay.
I risultati dello studio PARTNER1 includevano dati da 888 coppie (548 eterosessuali e 340 gay). Durante il periodo in cui sono state seguite (chiamato follow-up), le coppie hanno fatto sesso senza preservativo in media 37 volte all’anno (valore mediano). In tutto, le coppie gay hanno riferito di aver fatto sesso senza preservativo 22.000 volte e le eterosessuali circa 36.000 volte.
Durante il PARTNER1, nessuno dei partner negativi all’HIV si è infettato facendo sesso con il partner positivo all’HIV con cui era in coppia. Questo fornisce un tasso di trasmissione dell’HIV all’interno della coppia pari a zero. Tuttavia, siccome la maggioranza delle coppie era eterosessuale, le conclusioni erano meno affidabili se riferite al sesso gay di quanto lo fossero per il sesso eterosessuale.
Alla fine del PARTNER1, il limite superiore dell’intervallo di confidenza del 95% per il rischio di trasmissione nelle coppie eterosessuali era 0,46 per 100 coppie-anni di follow-up, mentre per le coppie gay maschili era di 0,84 per 100 coppie-anni di follow-up.
Perché il PARTNER2?
Lo studio PARTNER allora è proseguito in una seconda fase, per fornire gli stessi livelli di affidabilità ottenuti per le coppie etero anche per le coppie gay.
Molte coppie gay del PARTNER1 hanno continuato a partecipare al PARTNER2 e in aggiunta sono state arruolate altre coppie gay.
La fase 2 dello studio PARTNER (2014-2018) ha continuato ad arruolare e seguire solo coppie gay.
I risultati dello studio PARTNER2
In tutto, il PARTNER2 ha arruolato 972 coppie gay (480 delle quali erano già seguite nel PARTNER1 mentre 492 sono state arruolate successivamente). Di queste, 783 coppie hanno fornito 1.596 coppie-anni di follow-up utili allo studio, in cui il partner positivo era in terapia efficace.
Le coppie hanno fatto sesso senza preservativo in media 43 volte all’anno (valore mediano). Durante il periodo di follow-up utile allo studio, le coppie hanno fatto sesso senza condom 76.991 volte.
Come nel PARTNER1, alcuni partner negativi all’HIV sono diventati positivi ma nessuno di questi casi era collegato ai partner positivi con cui erano in coppia, per questo non ci sono stati casi di trasmissione di HIV all’interno delle coppie. Il tasso di trasmissione di HIV all’interno delle coppie era zero.
In tutto, 15 uomini originariamente negativi all’HIV sono diventati positivi tra il 2010 e il 2018 (alcuni di questi durante il PARTNER1). In tutti i casi, il partner positivo all’HIV con cui erano in coppia aveva un virus molto diverso da quello con cui si erano infettati (cioè filologicamente non correlato).
Aver seguito un numero maggiore di coppie ha comportato che il limite superiore dell’intervallo di confidenza al 95% per il rischio di trasmissione tra maschi gay sia ora 0,23/100 coppie-anni di follow-up.
Cosa significano questi risultati?
Il PARTNER2 ora ha fornito un livello di affidabilità per le coppie gay simile a quello fornito per le coppie eterosessuali nel PARTNER1 del fatto che il rischio di trasmissione sessuale dell’HIV da una persona con carica virale non rilevabile sia effettivamente zero.
Glossario
Cosa significa ‘coppie-anni di follow-up utili allo studio’?
Sono coppie-anni di follow-up utili allo studio la somma dei periodi di tempo in cui le coppie hanno fatto sesso senza preservativo, il partner positivo all’HIV aveva una carica virale non rilevabile (misurata massimo un anno prima) e il partner negativo all’HIV non usava la PEP o la PrEP.
Perché lo studio si riferisce agli intervalli di confidenza? Cosa significano nel PARTNER2?
Quando stimano un rischio, gli scienziati devono mettere in conto il fatto che i risultati potrebbero essersi verificati per caso, in conseguenza del fatto che uno studio può osservare solo un numero limitato di casi. Per fare questo, vengono calcolati i limiti inferiore e superiore all’interno dei quali si trovano i valori possibili. Questo si chiama intervallo di confidenza. Nello studio, è stato calcolato un valore stimato del tasso di trasmissione e l’intervallo di confidenza al 95%. L’intervallo di confidenza al 95% intorno al valore stimato è la gamma all’interno della quale si può essere certi al 95% ricada il vero tasso di trasmissione, prendendo in considerazioni gli effetti del caso.
In generale, più grande è lo studio, più si può essere certi che i risultati siano affidabili e non dovuti al caso. In questo tipo di studi, la dimensione dello studio si misura dal numero totale di anni durante i quali le persone vengono seguite, più che solo dal numero di partecipanti.
I risultati suggeriscono che ci sono pochissime probabilità che il tasso di trasmissione di HIV possa essere superiore a 0,23 per 100 coppie-anni di follow-up (vale a dire una infezione ogni 433 anni di sesso senza preservativo). Questo significa che possiamo concludere che il rischio di trasmissione sia essenzialmente zero.
Anche il tasso di trasmissione stimato per il sesso anale senza preservativo e con eiaculazione interna è zero. Il limite superiore per questo tipo di sesso è 0,57/100 coppie-anni di follow-up. In altre parole, anche nel caso avessimo sottostimato il rischio (zero) di trasmissione per motivi legati al caso, nel peggiore dei casi ci vorrebbero comunque almeno 177 anni di sesso con eiaculazione interna perché si verifichi un caso di trasmissione all’interno della coppia.
Cos’è una trasmissione collegata?
Una trasmissione collegata o linked transmissionsi ha quando la nuova infezione da HIV del partner inizialmente negativo avviene con un ceppo di virus che è altamente simile a quello trovato nel partner positivo all’HIV.
Nello studio PARTNER, per indagare se ci sono state trasmissione collegate, i ricercatori dell’Università di Liverpool hanno usato un metodo specialistico chiamato analisi filogenetica. Questo metodo esamina se i virus HIV trovati nel sangue dei due partner sono strettamente collegati tra loro. Se il partner inizialmente negativo si infetta ma il virus è geneticamente diverso da quello trovato nel partner positivo, questo viene considerato come una indicazione che la nuova infezione è avvenuta da una fonte diversa dal partner positivo.
Questo è essenziale se si indaga il rischio di trasmissione di HIV perché molti studi precedenti che analizzavano i casi di trasmissione nelle coppie sierodiscordanti hanno trovato che il 25-50% dei casi di nuova infezione avveniva da persone esterne alla relazione di coppia principale. L’analisi genetica è quindi una parte essenziale dello studio PARTNER.
Fino ad oggi, lo studio è stato in grado di dimostrare che anche se alcune persone negative all’HIV sono diventate positive durante lo studio, nessuna delle nuove infezioni è avvenuta con un virus HIV simile a quello trovato nei rispettivi partner positivi.
Nello studio PARTNER sono stati usati sia test standard che test ultrasensibili per fornire prove legate all’analisi filogenetica. Per questo è stato possibile concludere che queste nuove infezioni non sono avvenute da parte dei rispettivi partner nello studio PARTNER.
Come viene definita nello studio PARTNER la ‘carica virale non rilevabile’?
Nello studio PARTNER, la carica virale non rilevabile viene definita come inferiore alle 200 copie per millilitro di sangue.
Alcuni ospedali usano test per la carica virale che hanno diversi valori di riferimento per il limite inferiore. Per esempio, è possibile verificare che ci siano meno di 20 oppure 50 oppure ancora 200 copie di HIV in un millilitro di sangue, a seconda del centro clinico in cui ci si trova.
Quanto a lungo resta non rilevabile la carica virale dopo un test che la misura?
I risultati della carica virale possono dare informazioni solo sulla quantità di virus presente al momento in cui è stato prelevato il campione di sangue. Fintanto che una persona continua a prendere la terapia come prescritto, però, è molto probabile che la carica virale continui a essere non rilevabile.
Nella maggior parte dei centri europei, solo una piccola percentuale di pazienti che sono stabilmente in trattamento ha una risalita della carica virale sopra il livello di rilevabilità ogni anno. Si pensa che questo sia dovuto a difficoltà con l’aderenza. È molto difficile vedere una risalita della carica virale nel contesto di una buona aderenza alla terapia. Lo studio PARTNER ha usato la soglia delle 200 copie per la soppressione virologica, che tiene conto della maggior parte dei piccoli picchi di risalita della carica virale che si osservano nelle persone in trattamento antiretrovirale.
3. Il disegno dello studio
Uno studio osservazionale
I partecipanti allo studio PARTNER non si sono sottoposti a nessun trattamento medico speciale o intervento mentre erano nello studio; per questo motivo, viene definito uno studio ‘osservazionale’.
Sono state raccolte informazioni sul comportamento sessuale attraverso dei questionari completati dai partecipanti allo studio ogni 6-12 mesi; inoltre, con la stessa cadenza, il partner positivo all’HIV ha effettuato un test per la carica virale mentre il partner negativo un test per l’infezione da HIV.
Dove si è svolto lo studio PARTNER?
Lo studio ha arruolato partecipanti in 14 paesi europei: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svizzera.
In totale 55 cliniche e ospedali hanno partecipato allo studio PARTNER2.
Come è stato finanziato lo studio PARTNER?
La seconda fase dello studio PARTNER è stata finanziata da: National Institute of Health Research del Regno Unito, ViiV Healthcare, Gilead Sciences, Augustinus Fonden, A.P. Møller Fonden e la Danish National Research Foundation [grant numero DNRF126], ed è sponsorizzato da CHIP, Rigshospitalet.
Inoltre, l’Ufficio Svizzero per la Salute Pubblica ha finanziato la partecipazione dei centri elvetici. Lo studio è coordinato in maniera cooperativa da CHIP, Rigshospitalet, Università di Copenhagen, e University College di Londra.
Chi ha condotto lo studio?
Lo studio PARTNER è stata una collaborazione che ha coinvolto ricercatori indipendenti e scienziati di tutta Europa. Il comitato di conduzione dello studio comprendeva medici, ricercatori e rappresentanti della community.
Il comitato di conduzione dello studio PARTNER era composto da:
Prof. Andrew Phillips, University College di Londra (UCL)
Prof. Jens Lundgren, Università di Copenhagen e Rigshospitalet,
Dr. Alison Rodger, UCL
Tina Bruun, Università di Copenhagen e Rigshospitalet,
Simon Collins, HIV i-Base
Prof. Pietro Vernazza, Kantonsspital St. Gallen
Dr. Vicente Estrada
Dr. Olaf Degen
Giulio Maria Corbelli, EATG
Dorthe Raben, Università di Copenhagen e Rigshospitalet,
Tra gli applausi commossi dei delegati, sono stati presentati lo scorso 24 luglio alla conferenza AIDS 2018 di Amsterdam i risultati dello studio PARTNER2. Risultati molto attesi che dovevano fornire una valutazione affidabile del rischio di trasmissione di Hiv da parte di una persona con carica virale non rilevabile nei rapporti sessuali anali tra maschi. E le conclusioni presentate da Alison Rodger per conto del team dello studio PARTNER sono state inequivocabili: “Il rischio è zero, il tempo per le scuse è finito”.
In effetti dopo otto anni lo studio non ha osservato nemmeno una sola trasmissione da Hiv da parte del partner sessuale con carica virale non rilevabile, pur seguendo 783 coppie che hanno fatto sesso senza condom per circa 77.000 volte.
I risultati confermano che la terapia antiretrovirale è altrettanto efficace nei maschi gay nel prevenire la trasmissione di Hiv che nelle coppie etero. In realtà lo studio ha fornito un livello di evidenza persino superiore rispetto a quello ottenuto per le coppie eterosessuali nel 2014.
L’estensione per le coppie gay
Lo studio si è infatti svolto in due fasi. La prima, dal 2010 al 2014, ha coinvolto sia coppie etero che gay e ha dimostrato che la terapia è in grado di ridurre a zero il rischio di trasmissione sessuale dell’Hiv nelle coppie etero. La seconda fase ha incluso alcune delle coppie gay maschili della prima fase ma ha proseguito dal 2014 al 2018 arruolando altre coppie gay. Questa seconda fase denominata PARTNER2 ha arruolato 972 coppie formate da una persona con Hiv in terapia e una persona sieronegativa e che avessero già autonomamente deciso di non usare sempre il preservativo nei rapporti sessuali. I partecipanti riempivano a cadenze regolari un questionario sui comportamenti sessuali.
Nella analisi che hanno fornito i risultati presentati ad Amsterdam sono stati inclusi solo quei periodi in cui le coppie hanno fatto sesso senza usare il condom (e senza PEP o PrEP) e in cui il partner con Hiv avesse carica virale non rilevabile (definita come meno di 200 copie/mL).
In tutto, sono stati inclusi dati su 783 coppie che hanno contribuito per 1596 coppie-anni di follow up (come se 1596 coppie fossero state seguite per un anno o una coppia per 1596 anni…). I motivi più frequenti per cui sono stati esclusi alcuni periodi di follow up dalla analisi sono stati il fatto di non aver fatto sesso senza condom in quel periodo (33%), uso di PEP o PrEP (24%), mancanza di un test della carica virale per il partner positivo (18%) o altri dati mancanti. Meno del 5% (circa 25 coppie-anni di follow up) è stato escluso dalla analisi a casa di una carica virale superiore alle 200 copie/mL; in altre parole, oltre il 95% dei partecipanti sieropositivi ha mantenuto carica virale non rilevabile durante tutto lo studio, un dato che mostra un alto livello di efficacia della terapia antiretrovirale in questo gruppo.
I partecipanti avevano un’età mediana di 43 anni (la maggior parte con età compresa tra 31 e 46, come indica il range interquartile o IQR) e in genere avevano fatto sesso senza condom nella coppia già per un anno di media (IQR 0,4-2,9). Il partner positivo era in terapia da 4,0 anni come mediana (IQR 2,0-9,0) con un’ottima aderenza (il 98% dei partecipanti assumeva più del 90% delle dosi) e il 93% di loro riferiva di avere carica virale non rilevabile.
Risultato: nessuna trasmissione dal partner HIV+
Nel periodo in cui sono state seguite nel corso dello studio, che per ciascuna coppia è stato di 1,6 anni di mediana (IQR 0,9-2,9), le coppie hanno fatto sesso senza usare i preservativi circa una volta alla settimana. Il dato mediano è di 43 rapporti sessuali senza condom all’anno (IQR 19-74). Durante tutto lo studio, sono stati riferiti quasi 77.000 rapporti sessuali senza preservativo.
Molte di queste coppie erano in relazione aperta e il 37% dei partner sieronegativi ha riferito di aver avuto anche altri partner sessuali. Durante il follow up, il 24% dei partner sieronegativi e il 27% di quelli sieropositivi ha riferito di aver avuto almeno una infezione a trasmissione sessuale.
In otto anni, 15 partner sieronegativi hanno contratto l’Hiv. È importante sottolineare che tutte queste nuove infezioni sono avvenute con un virus Hiv troppo strutturalmente diverso da quello del partner nello studio. L’analisi filogenetica ha confrontato la regione del patrimonio genetico del virus chiamata pol in tutti e 15 i casi e quella della regione env in 13 casi con 15 casi di controllo appositamente accoppiati ma le differenze erano sufficientemente ampie da poter escludere che la trasmissione sia avvenuta da parte del partner sieropositivo.
Il rischio teorico e il ruolo del caso
L’obiettivo dello studio PARTNER era di quantificare il rischio. Perciò, anche nel caso in cui non si è verificata alcuna trasmissione, lo studio ha stimato un limite massimo di rischio che potrebbe essere ammissibile, dal momento che i dati disponibili sono sempre limitati. In altre parole, in base a quanto sono numerosi e affidabili i dati dello studio, si può stimare quanto sia affidabile il risultato ottenuto quantificando un limite massimo di rischio. Questo è dato dall’intervallo di confidenza del 95% (95%IC).
La prima fase dello studio ha fornito un limite superiore dell’intervallo di confidenza del 95% di 0,46/100 coppie-anni di follow up; in altre parole, nel peggiore scenario una coppia dovrebbe fare sesso per circa 200 anni perché si verifichi un caso di trasmissione. Questo è il dato massimo, in realtà è probabile che ci vogliano migliaia di anni… Dal momento che due terzi dei partecipanti a quella fase di studio erano eterosessuali, il limite massimo del rischio per le coppie gay era molto più alto, pari a 0,84/100 coppie-anni di follow up.
I nuovi risultati dello studio PARTNER2 sono stati in grado di ridurre il limite superiore dell’intervallo di confidenza del 95% del rischio complessivo per le coppie gay a 0,23/100 coppie-anni di follow up; questo equivale a dire che nel peggiore scenario una coppia dovrebbe fare sesso per 400 anni perché si verifichi un caso di trasmissione.
L’intervallo di confidenza del 95% viene calcolato sulla base delle coppie-anni di follow up disponibili per quel particolare dato; quello generale appena descritto fa riferimento ai quasi 77.000 complessivi atti sessuali senza preservativo osservati nello studio. Se ci si limita ai soli rapporti anali insertivi, si hanno 52.000 atti sessuali che danno un limite superiore dell’intervallo di confidenza pari a 0,27, valore che sale a 0,43 se si considerano solo i casi di rapporto anale ricettivo senza eiaculazione interna (più di 23.000 atti) e a 0,57 per i rapporti anali ricettivi con eiaculazione interna (circa 20.000 rapporti). Nel sottogruppo che aveva una recente infezione sessualmente trasmissibile, il limite superiore dell’intervallo di confidenza è di 2,9/100.
Conclusione: PARTNER2 conferma U=U
Lo studio PARTNER è stato disegnato per fornire dati affidabili che le persone possano usare per fare scelte personali relative alla salute sessuale. In ciò, persino con 8 anni di follow up, lo studio non è stato in grado di osservare nemmeno un solo caso di trasmissione di Hiv quando la carica virale era non rilevabile (definita come meno di 200 copie/mL).
Questi risultati costituiscono la più grande raccolta di dati che dimostrino quanto efficacemente il trattamento antiretrovirale prevenga la trasmissione sessuale di Hiv. Sono risultati che supportano e confermano la campagna U=U secondo cui la carica virale non rilevabile (Undetectable) rende l’Hiv non trasmissibile (Untrasmissable).
Il gruppo di ricerca ha anche prodotto un documento di domande e risposte per illustrare i risultati e i metodi dello studio in linguaggio non tecnico.
Il commento di Simon Collins, attivista, redattore di i-base.info e rappresentante della community nello studio PARTNER.
Dopo otto anni nel tentativo di trovare un caso di trasmissione da carica virale non rilevabile, abbiamo dati che riguardano sia il sesso etero che quello gay, senza nemmeno un singolo caso di trasmissione verificato.
Ai ricercatori dello studio PARTNER dovrebbe essere riconosciuto il merito di aver voluto estendere lo studio iniziale per ulteriori quattro anni per produrre un livello di affidabilità per i maschi gay paragonabile a quello ottenuto per le coppie etero.
Arruolare, seguire e tenere nello studio coppie per otto anni è stato un risultato considerevole. La complessità e il rigore dell’analisi filogenetica mostra che nessuna delle infezioni osservate era collegata al partner sieropositivo della coppia.
Dal momento che il sesso anale ricettivo comporta un rischio maggiore per Hiv rispetto al sesso vaginale, questi dati possono ragionevolmente essere usati anche per valutare il rischi nel sesso anale eterosessuale.
Questo dimostra che il rischio di trasmissione di Hiv con carica virale non rilevabile è effettivamente zero.
Rodger A et al. Risk of HIV transmission through condomless sex in MSM couples with suppressive ART: The PARTNER2 Study extended results in gay men. AIDS 2018, 23-27 July 2018, Amsterdam. Late breaker oral abstract WEAX0104LB (webcast)
Comunicato stampa relativo alla protesta delle associazioni di lotta all’Hiv durante l’apertura della conferenza ICAR 2018 di Roma
BASTA TAGLI ALLA SPESA SULLA PELLE DELLE PERSONECON HIV!
IN OCCASIONE DI ICAR LA PROTESTA DELLE ASSOCIAZIONI
“In Italia non è garantito unadeguatopercorso di cura e di sostegno sociale alle persone con Hiv”
Azione di protesta degli attivisti durante la sessione di apertura dei lavori del 10° Congresso Nazionale ICAR, Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, che si sta tenendo a Roma, Ergife Palace Hotel, dal 22 al 24 maggio 2018.
Le comunità delle persone sieropositive rivendicano il diritto a una vita dignitosa che i tagli alla sanità rendono sempre più un miraggio per molti. Lo hanno dichiarato con forza i rappresentanti delle associazioni di lotta all’Aids interrompendo la plenaria di apertura del Congresso ICAR, il più importante appuntamento nazionale sull’Hiv e Aids la cui decima edizione, in corso all’Ergife Palace Hotel di Roma, ha radunato un migliaio di medici, ricercatori e rappresentanti di associazioni di tutta Italia.
Le nuove terapie consentono oggi di sopprimere la carica virale di Hiv rendendo le persone in terapia non infettive.Questo può permettere una buona qualità della vita e ha importanti ricadute sul piano della prevenzione. Per ottenere questo risultato, però, devono essere garantiti adeguati standard di assistenza e cura. Oggi, i tagli imposti alla spesa e la conseguente contrazione dei servizi rischiano di compromettere i buoni risultati raggiunti e il perseguimento degli obiettivi ONU a cui anche l’Italia ha aderito.
Le Nazioni Unite giudicano possibile la sconfitta dell’AIDS entro il 2030 purché venga rispettato, già entro il 2020, il target: 90-90-90 che prevede che almeno il 90% delle persone con Hiv siano consapevoli del loro stato sierologico, di assicurare almeno al 90% di loro l’accesso alle terapie e, almeno nel 90% di questi casi, la soppressione della carica virale. Oggi le associazioni rivendicano la necessità di perseguire anche un quarto obiettivo, il cosiddetto “4° 90”: la garanzia, cioè per le persone con HIV in terapiadi una buona qualità della vita correlata alla salute.
Nel Piano Nazionale AIDS approvato dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni sono previsti gli interventi per rendere il percorso di cura delle persone con Hiv più efficace e in linea con gli obiettivi terapeutici. Le associazioni chiedonoil finanziamento del Piano come atto dovuto perché questo documento di indirizzo possa essere introdotto nella pratica clinica
Le persone con Hiv restano infatti portatrici di alte e specifiche esigenze di salute in ragione della complessità della cura, della particolare vulnerabilità sociale, del progressivo invecchiamento della popolazione interessatae della possibile insorgenza di gravi patologie concomitanti. I tagli rischiano invece di riportare l’orologio indietro di vent’anni.
In tutta Italia assistiamo infatti alla riduzione di controlli ed esami clinici fondamentali per il monitoraggio della salute del paziente e ad un indebolimento del ruolo del medico infettivologo che andrebbe anzi rafforzato e reso protagonista del rapporto con altri specialisti per un approccio multidisciplinare alla salute del paziente.
Per rispondere alle nuove necessità di oggi, bisogna garantire al medico infettivologo il coordinamento con altri medici specialisti adeguatamente formati sull’HIV, quindi in grado di garantire interventi competenti, tempestivi, multidisciplinari di monitoraggio ordinario e con una diagnostica adeguata.
“Anche quando le terapie contro l’Hiv, oggi sempre più evolute, riescono a tenere sotto controllo l’infezione, il virus continua a essere presente nell’organismo e a stimolare il sistema immunitario”. Lo ha sottolineato Filippo von Scholesser, Presidente di Nadir Onlus, nel suo discorso durante la sessione di apertura di ICAR 2018: “L’immuno-attivazione cui le persone con HIV sono costantemente sottoposte provocapatologie cardiache, ossee, neurologiche, e di altro tipo – ha proseguito von Scholesser – occorre un monitoraggio di altri specialisti non lasciati allo sbando, tempestivo quando necessario, periodico nella gestione dell’ordinarioe con una diagnostica ben calibrata, al fine di garantire la salute di lungo termine.Il rischio, oltre l’incapacità di inquadrare e gestire bene le problematiche, è lo spreco di risorse a causa di possibili prestazioni inadeguate“.
“Le persone invecchiano, anche con l’HIV – aggiungeMassimo Oldrini, Presidente di LILA, Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS –Èpreoccupante, oggi,constatareche la gestione complessiva di lungo termine non sia assicuratain modo integrato e lungimirante da molti centri clinici del nostro paese”.
“In parecchi centri clinici italiani è stato,oramai,adottato il criterio della turnazione tra i medici che seguono il paziente. Le motivazioni sono di carattere gestionale, tra cui il contenimento della spesa sanitaria -incalza Sandro Mattioli, Presidente di Plus Onlus – Che fine ha fatto ‘il rapporto medico-paziente, che è stato per anni considerato la chiave del successo terapeutico in Hiv?.Sono oramai troppe – ha proseguito Mattioli – le persone che ci riferiscono di essere costrette a spostarsi dalle loro città per ricevere un’assistenza clinica multidisciplinare: ci chiediamo, provocatoriamente, se le parole ‘Sistema Sanitario Nazionale abbiano, oggi, ancora significato”.
Garantire alle persone con HIV una buona qualità della vita correlata alla salute, non può prescindere dalla valutazione degli aspetti di vita quotidiani. Il rischio di isolamento e la difficoltà di progettare il proprio futuro sono tra i fattori che impediscono il raggiungimento di tale obiettivo. “La discriminazione è ancora troppo presente nel nostro paese – ha commentatoMargherita Errico Presidente di NPS Italia–mi preme ricordare l’ambito lavorativo e l’ambito dei servizi ai cittadini, anche quelli socio-sanitari.Mi chiedo come possiamo parlare di ‘normalizzazione’, quando di normale c’è solamente la difficoltà quotidiana della persona con Hiv nel garantirsi una vita serena, di prospettiva, come le persone senza Hiv? Perché il progresso scientifico, oramai consolidato, non va di pari passo con quello sociale, di garanzia dei diritti?”
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Contatti in loco (ICAR/ROMA):
Filippo von Schloesser, Presidente Nadir Onlus – Mob: +393355244202,filippo@nadironlus.org
ANLAIDS, ARCIGAY – Associazione LGBT Italiana, CIRCOLO MARIO MIELI, LILA Onlus – Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids, NADIR Onlus, NPS Italia Onlus, Plus Onlus.
Sostenere Plus con il 5 per mille non costa niente. Per farlo basta indicare, nell’apposito spazio della tua dichiarazione dei redditi, il codice fiscale dell’associazione che è:
91341670379
I fondi raccolti con il 5 per mille saranno utilizzati per realizzare iniziative a sostegno della salute sessuale. L’anno scorso, ad esempio, sono stati raccolti in questo modo 883,95 € utilizzati per l’acquisto test ultrarapidi per HIV che forniscono il risultato in 1 minuto impiegati nei locali gay come saune; inoltre sono stati acquistati i condom distribuiti nelle stesse iniziative.
Plus gestisce inoltre il BLQ Checkpoint, centro per test e altri servizi per la salute sessuale per uomini gay e bisessuali, persone trans* e tutte le loro amiche e tutti i loro amici.
A tutti quelli che sceglieranno di devolvere il 5 per mille a Plus, va il nostro sentito grazie.
In base agli artt. 11 e 12 dello statuto dell’associazione, è convocata
Assemblea dei soci e delle socie di Plus Rete Persone LGBT Sieropositive
in prima convocazione il giorno domenica 11 marzo 2018 alle ore 6,30, in seconda convocazione il giorno
domenica 11 marzo 2018 alle ore 17
Ordine del giorno
1) relazione del Presidente 2) relazione del Tesoriere 3) relazione del Collegio dei Revisori dei Conti 4) approvazione del Bilancio Consuntivo 5) nomina del Consiglio Direttivo 6) nomina del Collegio dei Revisori dei Conti 7) varie ed eventuali
Come ogni anno, Plus e il BLQ Checkpoint aderiscono alla European Testing Week, l’iniziativa che dal 17 al 24 novembre coinvolge centinaia di associazioni in tutta Europa. In quei giorni, il BLQ Checkpoint sarà eccezionalmente aperto ogni giorno dalle 18 alle 21 per offrire test rapido HIV e HCV e per dare informazioni e consigli sulle modalità di trasmissione e prevenzione.
Per poter effettuare il test occorre prenotarsi, inviando una mail a prenota@blqcheckpoint.it oppure passando o telefonando al numero 0514211857 quando il BLQ Checkpoint è aperto: dalle 18 alle 21 il martedì e giovedì o tutti i giorni dal 17 al 24 novembre. Il BLQ Checkpoint si trova in via San Carlo C a Bologna.
Il tema di questa European Testing Week è “Testare. Trattare. Prevenire”. Il test è infatti un primo passo verso la prevenzione: la maggior parte delle nuove infezioni da HIV avvengono perché la persona che trasmette il virus non è consapevole di avere l’infezione; le persone diagnosticate con HIV, invece, seguono generalmente una terapia antiretrovirale che, abbassando la quantità di virus presente nel loro organismo a livelli tali da non poter essere più rilevata, rendono impossibile per loro trasmettere l’infezione. È il concetto chiamato “Treatment as Prevention (TasP)” o “Trattamento come prevenzione”: le persone con HIV che seguono correttamente la terapia antiretrovirale non trasmettono l’infezione ai loro partner sessuali.
La European Testing Week sarà un modo per ribadire questo concetto, così come un’occasione per diffondere informazioni sui mezzi di prevenzione dell’HIV e altre infezioni sessualmente trasmesse (IST). L’uso costante del preservativo è un ottimo mezzo per prevenire HIV e, spesso, anche alcune IST. Ma anche coloro che non usano il condom possono trovare validi mezzi alternativi per proteggersi dall’HIV: la profilassi pre-esposizione o PrEP è da poco disponibile nelle farmacie italiane; purtroppo la strategia non è rimborsabile e chi voglia seguirla può acquistarla a 115 euro per una confezione da 30 pasticche. Plus e il BLQ Checkpoint sono a disposizione a dare tutta l’assistenza per chi voglia fare la PrEP che, ricordiamo, va accompagnata da regolari controlli per limitarne i rischi e ottimizzarne l’efficacia.
La European Testing Week è stata lanciata da HIV in Europe nel 2013 per incoraggiare le persone a conoscere il proprio stato HIV; dal 2015 le attività si sono espanse per coinvolgere anche l’epatite, soprattutto la C causata dal virus HCV oggi curabile con una terapia semplice e con pochi effetti collaterali che ha generalmente la durata di due mesi.
La European Testing Week è sostenuto da più di 30 organizzazioni internazionali, incluse UNAIDS, European AIDS Clinical Society, European AIDS Treatment Group e European Liver Patients Association. Alla scorsa edizione del 2016 hanno partecipato più di 500 organizzazioni da 47 paesi. Maggiori informazioni su www.testingweek.eu
Al “The Liver Meeting” della American Association for the Study on Liver Diseases (AASLD) tenutosi a Washington, DC, il 20-24 ottobre 2017, Filippo von Schloesser, presidente di Nadir onlus, ha intervistato Alessio Aghemo (Milano, Humanitas), Giovanni B Gaeta (Napoli, II Università di Napoli) e Erika Villa (Modena, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia) sui principali temi della conferenza. La rivista Delta riporterà un articolo.