Articoli

Nel 2008 partecipai alla Conferenza Mondiale Aids di Città del Messico, dove ho avuto il privilegio di ascoltare la relazione del prof. Pietro Vernazza sullo studio che portò alla Swiss Declaration.
Lo studio, ancorché piccolo, aveva creato molto scalpore nell’ambiente scientifico e quando giunse alla conferenza, l’attesa e la tensione si potevano percepire chiaramente sia da parte scientifica, sia da parte delle persone HIV+.
L’enorme aula che ospitava la plenaria era stipata, almeno 10.000 persone assiepate per ascoltare la notizia dell’anno:
Le persone con HIV, a carica virale non rilevabile, senza altre IST, non sono contagiose. Studio allora piccolo (in seguito confermato da decine di altri), dati e rigore scientifico svizzero.

Ricordo l’emozione mia e di Alessandra Cerioli di Lila: finalmente non siamo più untori.

Ricordo anche l’intervento furibondo di una funzionaria dell’OMS.
Non si possono dare queste notizie in una conferenza mondiale – disse la funzionaria – perché è alto il rischio che i maschi sieropositivi smettano di usare il condom.
La dichiarazione svizzera è alla base delle decine di studi confirmatori della Tasp, trattamento come prevenzione, oggi praticata comunemente in pressoché ogni centro clinico. Oggi l’OMS supporta la Tasp e sostiene che le persone in trattamento efficace non sono contagiose.
Perché questo incipit?
Oggi abbiamo la possibilità di utilizzare Tasp e PrEP per far circolare meno virus nella comunità.
Tuttavia vedo la stessa paura immotivata della funzionaria dell’OMS in molti “scienziati di Facebook”, convinti che la profilassi pre-esposizione, PrEP, porterà ad un crollo nell’uso dei preservativi e il conseguente incremento dei casi di HIV.
Il razionale ideologico che è alla base del ragionamento, spesso ha a che vedere con una semplice equazione: “io uso il condom=tutti devono usare il condom”.
Un modo di ragionare che implica un giudizio e una discriminazione che sono, in parte, alla base delle numerose, troppe, nuove diagnosi annue di HIV in Italia (3-4 mila ormai stabili da tempo).
Provoco, lo so, ma spiego. È evidente che non tutti sono o riescono ad essere talebani del preservativo e la conseguenza è che si espongono al rischio di infezione. In Italia c’è uno zoccolo duro di nuove diagnosi che le attuali strategie di prevenzione non riescono a ridurre. Ormai è evidente da tempo e dobbiamo prenderne atto.

Quindi che vogliamo fare?

Insistiamo che tutti devono usare il preservativo fino a quando nessuno ascolterà più?
Oppure seguiamo la strada aperta dai 2 studi europei, Proud e Ipergay, e realizziamo interventi mirati di prevenzione PrEP based?
Intendiamoci: in nessuno studio è stato dato il farmaco e arrivederci. Sempre è stato proposto un counselling sulle pratiche a rischio e relative tecniche di riduzione, si è parlato dell’uso di condom e lubrificante, di attività e pratiche sessuali e poi di PrEP.
Il farmaco autorizzato per la PrEP oggi è il solo Truvada® (azienda produttrice: Gilead Sciences). Truvada ha la capacità di concentrarsi rapidamente nei tessuti rettali oltre ad una emivita del principio attivo molto lunga. Sia lo studio Proud che Ipergay hanno arruolato MSM (maschi che fanno sesso con maschi) e i risultati sono stati molto buoni: un calo molto consistente dei casi di HIV attesi, prossimo al 90%.
Attenzione: non è un vaccino! È un farmaco, anche se generalmente ben tollerato, non è esente da effetti collaterali per esempio a reni e ossa. Ma anche qui: si tratta di soggetti sieronegativi, che possono interrompere il trattamento in qualunque momento.
Certo la PrEP non può essere assunta a caso. Ci sono degli schemi da seguire, dei controlli clinici da fare a partire dai test per le IST.
Capiamoci: non stiamo parlando di milioni di persone che non vedono l’ora di togliere il condom e scopare come ricci. In Francia, dove la PrEP è disponibile da quasi due anni rimborsata dal servizio sanitario (al contrario dell’Italia), sono circa 3.000 le persone in PrEP. Per lo più nell’area di Parigi.
Dunque in cosa consiste la vostra paura? In niente! C’è una larghissima maggioranza di persone che preferiscono continuare a usare il condom per mille ragioni: non è un farmaco, non vogliono mangiare roba chimica per fare sesso, perché con il preservativo non hanno problemi di erezione, piacere o altro, e così via. Ottimo, fantastico, super, top.
Ma c’è una parte minoritaria di popolazione, anche gay, che non usa il condom. Non mi interessa entrare nel merito in questo momento: non lo usa o lo usa in modo incostante.
Quindi che vogliamo fare?
Continuiamo a discriminare chi fa scelte difformi dalla maggioranza? Proprio noi persone omosessuali che ne subiamo di ogni dalla maggioranza eterosessuale?

Smettiamola, subito!
Non abbiamo nessuna base scientifica a sostegno e, quel che è peggio, la PrEP è già presente anche nel nostro Paese. È possibile comprare Truvada in farmacia con una prescrizione dello specialista a prezzo pieno: oltre 700€ per 30 pillole, quindi non alla portata di tutte le tasche.
Sappiamo di persone che vanno in Francia a prendere il farmaco e lo assumono dio sa come senza controllo clinico alcuno. Sappiamo di persone che la acquistano online da aziende di generici. Sappiamo che c’è un mercato nero di Truvada che esce dalle farmacie ospedaliere come PEP (profilassi post esposizione) o diretto a persone con HIV che ne fanno un altro uso.
Poco importa. La PrEP è già presente in Italia perché funziona e c’è richiesta.
Il nostro berciare scomposto ha portato stigma e mercato parallelo, quando non nero.

Veramente vogliamo continuare in questo modo? Plus non ci sta!
Dal prossimo autunno partirà Sex Check: un programma di controlli gratuiti rivolto anche a chi sostiene (magari su Grindr o GayRomeo) di essere in PrEP.
Su base trimestrale testeremo diverse IST: HIV, HCV, sifilide, gonorrea, ecc. unitamente a couselling sulle pratiche sessuali e sulla riduzione del rischio.
La tutela della propria salute è un diritto che Plus ha intenzione di sostenere, senza giudizio alcuno. Restate connessi.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente.

In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale della lotta all’Hiv-Aids, Plus Onlus lancia una nuova campagna. La prima in Italia ad assegnare pari dignità e pari validità, nell’ambito della prevenzione, a tre diversi strumenti: il preservativo, la TasP e la PrEP. Non a caso, lo slogan è proprio #fallocomevuoi. La scelta c’è, sta alla persona individuare la strategia che preferisce.

Al preservativo, che non ha certo bisogno di presentazioni e funge da argine contro un’ampia gamma di infezioni sessualmente trasmissibili compresa l’hiv, si affiancano altri due sistemi la cui validità nella prevenzione del virus dell’immunodeficienza umana è ormai scientificamente provata:

• la TasP, cioè il trattamento come prevenzione già affrontato dalla campagna Positivo ma non infettivo che Plus ha ideato in occasione del Gay Pride 2015. Una persona sieropositiva “undetectable” da almeno sei mesi e che prende regolarmente la terapia antiretrovirale secondo le indicazioni del medico è da considerarsi non contagiosa. Undetectable significa con viremia non rilevabile, ovvero con una quantità di hiv nel sangue così bassa da risultare trascurabile.

• la PrEP, profilassi pre-esposizione con due principi attivi: il tenofovir disoproxil fumarato e l’emtricitabina. Studi come PROUD e Ipergay hanno dimostrato come l’assunzione della PrEP impedisce al virus dell’hiv di fare breccia. La PrEP è stata di recente approvata in ambito UE, ma tocca ai singoli Stati, di concerto con Gilead, regolarne l’introduzione e l’eventuale rimborso.

Con #fallocomevuoi, Plus dice chiaro e tondo che la prevenzione ha molte facce. E auspica anche in Italia una mobilitazione che parta dalla comunità LGBT – e in particolare gay e MSM, i gruppi più colpiti – per chiedere a gran voce l’approvazione della PrEP, affinché sia accessibile per tutti coloro che ne hanno bisogno.

#fallocomevuoi

Plenaria di mercoledì 20, procede liscia fino alla seconda presentazione, di Anton Pozniak, sulla drammatica situazione relativa all’epidemia di TB che non accenna ad arrestare la sua marcia, quando viene interrotta da una ragazza che si alza e inizia un canto, subito seguita da altre decine di ragazzi e ragazze, adolescenti con cartelli scritti a mano protestano e chiedono condom nelle loro scuole e la possibilità di andare a scuola. Emerge che la mancanza di assorbenti fa perdere alle ragazze decine di giorni di scuola.
Solo 5 minuti di interruzione che definiscono la disattenzione che il Paese pone in problemi facilmente risolvibili, il tutto alla presenza del ministro sudafricano per la salute che spero si sia vergognato. Ora capisco perché il Global Village è murato di condom, o perché alla conferenza di Città del Messico negli ultimi giorni gli attivisti africani facevano razzia di condom in tutti gli stand. Sulla relazione di Pozniak, molto interessante, per non sovrappormi a quanto scriverà Giulio, mi limito a segnalare la sua soluzione per la TB, così come per HIV, le co-infezioni e le co-morbidità: $90 $90 $90. 90 dollari all’anno per il trattamento di HIV; 90 dollari all’anno per trattare HBV; 90 dollari per 12 settimane di trattamento di HCV. Ossia il costo dei trattamenti non deve più essere un tema, una denuncia fortissima in un continente che sopravvive pressoché solo grazie alle donazioni.
Chiaramente Pozniak ha ripreso gli obiettivi che si è data UNAids per porre fine all’epidemia di HIV: 90% delle persone HIV+ a conoscenza del loro stato, 90% delle persone con HIV in trattamento, 90% delle persone con HIV in trattamento efficace (soppressione virale raggiunta), il tutto entro il 2020… un obiettivo da nulla!

Vaccino, a che punto siamo?
Non voglio rischiare di sovrappormi a Giulio perché si è trattato di una presentazione con molti dati scientifici, per cui mi limito a dire che era un po’ che non assistevo a una presentazione tesa a fare il punto strano della situazione sui vaccini. Noto che le mie sensazioni a riguardo non sono cambiate: un mix di depressione per i piccoli passi avanti e i clamorosi passi indietro che sono stati fatti fin qui, ma anche di speranza e esaltazione per il lavoro che c’è da fare e le possibilità che si stanno aprendo. Purtroppo i risultati, anche solo per gli studi in corso, sono previsti nel 2020. Da li, forse, sarà possibile fare ragionamenti di più alto tenore.
Come già ha scritto Giulio, le conferenze mondiali Aids, diversamente da altre un po’ più scientifiche, hanno lo scopo di mettere insieme comunità di pazienti e medici\ricercatori per unire gli sforzi e tentare di vincere HIV. Spesso, quindi, le plenarie si trasformano in momenti di denuncia e/o di riscatto di situazioni drammatiche rispetto alle quali ben poco può la scienza. Molto potrebbe la politica che, come spesso avviene, è la vera assente di queste conferenze. E’ il caso dell’attivista gay HIV+ Michael Ighodaro. Vivere come gay in Nigeria, dove il tuo corpo, il tuo essere viene visto come un abominio e rischi la vita. Se sei gay sieropositivo e vivi in Nigeria, rischi la vita due volte. Il coraggio di un ragazzo che vive apertamente la propria condizione, che lavora

Michael Ighodaro
Michael Ighodaro

per una organizzazione che si occupa di MsM che vivono con HIV, lui che da giovane gay sieropositivo sta sferzando la conferenza dicendo basta a slogan vuoti, sta dicendo che è ora di fare qualcosa e sta anche dettando l’agenda, il cosa fare per avere davvero una generazione aids free: “io sono gay, sono nigeriano, sono un rifugiato a 22 anni. Il mio compagno è morto perché come gay non ha potuto avere accesso ai servizi. Se non potete darci altro che slogan vuoti, se non potete fare niente per risolvere queste situazioni, non avremo mai una generazione libera e senza hiv”. Ha dato una grande prova di coraggio, una grande prova di cosa vuol dire lottare come attivista, trovare il coraggio di denunciare una situazione insostenibile davanti a migliaia di persone, e ha definito una volta per tutte che la discriminazione e lo stigma aiutano la diffusione di HIV. La slide delle conclusioni di una presentazione precedente, chiudeva con il suggerimento “find a champion in your country, or be yourself one”. Michael il nigeriano ha preso alla lettera quella conclusione.

Il prof. Molina, il padre della Prep francese, ha iniziato la sua relazione sullo studio open label, una sorta di follow up del ipergay (il noto studio francese che ha acclarato l’efficacia della Prep), ma viene subito interrotto dall’ingresso di attivisti (sotto potete vedere alcuni momenti) che protestano per l’avidità delle case farmaceutiche; in particolare viene posto l’accento su Gilead, come potete vedere dai cartelli autoprodotti esposti, accusata di pensare solo al profitto e di essere troppo tiepida sul tema Prep (con Truvada). Non posso fare a meno di pensare che, al netto del pensiero pragmaticamente ovvio che le imprese farmaceutiche sono imprese, il loro obiettivo è fare soldi, in effetti Gilead sta dimostrando un disinteresse per la Prep con Truvada che a tratti trovo fastidioso. Sappiamo che Truvada è efficace, basterebbe poco per fare un “bel gesto” pur sapendo che il brevetto di Truvada è in scadenza, e fare la figura dei “buoni”. Cosa molto più utile, a mio avviso, di qualunque strategia commerciale, porterebbe maggior lustro a Gilead e, dunque, maggiori entrate.

Tornando al prof. Molina, come ho detto sopra, c’è poco da dire: lo studio open label ha ri-dimostrato l’efficacia sia del prodotto che della modalità di somministrazione (on demand). Ma ha anche evidenziato che le preoccupazioni dei soliti gufi si stanno dimostrando infondate. Le conclusioni di Molina non riportano significative variazioni nell’uso di condom, né un calo dell’aderenza al trattamento col passare del tempo. Viene confermato il dato del calo della paura di affrontare un rapporto sessuale con conseguente incremento del piacere per il rapporto in sé e non mi sembra un risultato irrilevante in termini di qualità della vita delle persone che vivono con HIV. Trova conferma dallo studio l’incremento delle IST, tema che secondo Molina deve essere affrontato. Non voglio in nessun modo sottovalutare il tema, penso che la possibilità di incremento delle infezioni a trasmissione sessuale ci dica come la PrEP vada erogata a un gruppo relativamente ristretto di persone ad alto rischio di contagio, come del resto previsto in tutti gli studi, previo counselling vero (non solo rapporto medico paziente) teso a comprendere a fondo le motivazioni di certe scelte e ad avere un supporto quanto meno prossimo alla relazione di aiuto. Come disse la signora Clinton alla conferenza di Washington “non c’è conferenza senza proteste”, oggi le sue parole hanno trovato conferma. Gli attivisti africani, forse perché hanno ancora il senso della vita che gli sfugge tra le mani, sono molto più attenti di noi e non ho avuto la sensazione che il gruppo degli MsM venga isolato\trascurato dalla comunità. Qui il tema del contagio incredibilmente altro fra i “Black MsM” è estremamente presente nelle attività che vedo al Global Village, con messaggi e campagne specificamente rivolti a loro. Non serve che dica che nulla di tutto ciò viene fatto in Italia dove la paura e l’ipocrisia la fanno da padrone.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus alla Conferenza Mondiale Aids 2016 a Durban, è stata resa possibile grazie a un contributo di ViiV Healthcare.

A volte sul web leggo cose davvero strane.
Spesso ci sono personaggi simpatici che, per divertire gli altri, scrivono assurdità dichiarate, un po’ come succede quotidianamente su Facebook. Altri, invece, usano internet per fare sfoggio di grossolani pregiudizi. Credo che qualunque persona LGBT sappia di cosa scrivo. Ormai quotidianamente siamo attaccati da chiese, politici, fascisti, ecc.

Nell’ultimo anno e mezzo, Plus ha fortemente cercato, anche con alcune forzature provocatorie, di svecchiare il pensiero della comunità LGBT in termini di trattamenti contro HIV e prevenzione. WHOQuesto ha provocato, com’era nelle nostre intenzioni, l’apertura di vari momenti di confronto il più delle volte interessante anche se a tratti assai triste.
Triste, in parte perché il livello della discussione ha dimostrato quanto arretrata sia la nostra comunità e quanto sia indisponibile ai cambiamenti supportati da nuovi dati scientifici, sia quanto sia arretrato il pensiero politico in questo Paese, soprattutto fra alcune associazioni il cui scopo primario è, o dovrebbe essere, quello di evitare ogni possibile nuovo contagio.

È appunto con estrema tristezza che ho letto l’articolo scritto qualche tempo fa dalla presidente di NPS, Margherita D’Errico, sulla PrEP, dove trascina l’OMS in avventurosi ragionamenti sulla discriminazione delle persone MSM, o gay che dir si voglia, che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità rinchiuderebbe nuovamente in categorie a rischio. Plus viene citata come una sorta di estensione italiana di tale ragionamento distorto.
Mi rendo conto che ne tentativo di trovare sostegno a tesi poco sostenibili politicamente parlando, ci si arrampica su tutti gli specchi possibili, ma da qui ad accusare un ente globale e la nostra associazione, di aiutare lo stigma ce ne corre: è una stupidaggine talmente palese che forse non meriterebbe nessuna risposta.
Ma, in vista di Icar 2015 che vede proprio la presidente di Nps fra gli organizzatori, penso che sia il caso di ricordare che OMS ha semplicemente preso atto di dati epidemiologici che, anche se a NPS è evidente che da fastidio, sono purtroppo incontrovertibili. Tali dati dovrebbero portare le associazioni di lotta contro HIV/Aids e le associazioni LGBT a ragionare sulle rispettive strategie di prevenzione, a come non siano andate a buon segno, o non completamente, adeguarle alle attuali Puzzle1esigenze della popolazione di riferimento, se si vuole provare a invertire la tendenza che si desume dai dati.
Dati che non arrivano solo dall’OMS, ma anche dal nostro COA e, più sommessamente, dal centro di controllo dell’Emilia Romagna. Continuare a fingere che tutto vada bene e insistere in campagne che centrano solo in parte l’obiettivo, sarebbe un po’ come insistere a dare lo stesso trattamento a persone HIV+ in fallimento terapeutico.
Una davvero una posizione furba!
Plus, per altro, non ha mai smesso di fare campagne contro lo stigma, di distribuire condom, di fare presenza anche in locali vocati al sesso occasionale (banalmente se vogliamo combattere HIV ha senso farlo dove più facilmente esso si annida), come è facilmente verificabile.
Plus non ha mai smesso di evidenziare il fatto che la prevenzione è un puzzle fatto da molte possibilità di intervento spesso da porre in essere in combinazione fra loro. Lo stesso presidente di Plus, in coppia siero-discordante, è in terapia ARV e utilizza il condom tanto per portare un esempio personale.

Pertanto, siamo tranquillamente nella posizione di rimandare al mittente le risibili accuse formulate dalla responsabile legale di Nps. Questa associazione si è interessata alla PrEP, solo nel momento in cui da diversi studi è arrivata la conferma dell’efficacia del trattamento. Chi ha più sexhiv-34-ridmemoria che pregiudizi, ricorderà che chi vi scrive espresse pesanti perplessità quando FDA approvò l’utilizzo di Truvada dopo un solo studio (Iprex). Oggi la situazione è profondamente mutata: sono stati portati a termine ben due studi europei che hanno confermato l’efficacia della PrEP anche on demand, gli interventi al CROI 2015 del dipartimento di salute pubblica di San Francisco, dove la PrEP è in uso da qualche anno, ci hanno descritto una tendenza in calo per le nuove diagnosi, ecc. mi hanno convinto che il trattamento preventivo è una realtà efficace. Chiaramente non per chiunque! La PrEP ha senso, ed è stata sperimentata,laddove le altre strategie bio-medicali si sono dimostrate non efficaci, non adatte elle esigenze delle persone.

Certamente ci sono numerosi nodi da sciogliere per andare avanti. Dobbiamo capire come interfacciare la PrEP con il nostro articolato sistema sanitario, come impatterà sulla pratica clinica, come gestire la presa in carico, ecc. Tutti temi sicuramente importanti, ma che, in parte, esulano dal ruolo di advocacy di una associazione.

Vale la pena sottolineare come insistere nell’evidenziare che il condom costa meno ed è altrettanto efficace, cosa ovvia, equivale ad abbandonare quelle persone che, per mille motivi, hanno difficoltà a usare sempre il condom.
È appunto a quel gruppo che si rivolge la PrEP: alcuni MSM, alcuni/e sex workers, ecc. persone che,Slut Shaming Department per elevato numero di partner, per alto numero di rapporti sessuali, unitamente all’uso discontinuo del preservativo, sono a rischio di contagio. Questo dicono le ricerche fin qui.
È vero che si tratta di gruppi sui quali ancora oggi grava il peso dello stigma e della discriminazione. Pesa perché ancora c’è chi presenta a nostra popolazione, che spesso non conosce, la nostra sessualità, in modo giudicante. Questo si che crea discrimine.
Si tratta di scelte. Plus ha scelto. Ha scelto di prendere atto che esistono persone con le quali ha più senso operare in termini di riduzione del rischio, che non in termini di giudizio. Persone con le quali si otterrebbe sicuramente di più con una PrEP, che non insistendo nel dire che il condom costa meno o che i gay devono astenersi. Persone che, se lasciate sole, corrono fortemente il rischio di contagiarsi e Plus preferisce evitare anche solo una infezione, invece di lanciarsi in giudizi inutili.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente