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Venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 giugno 2016

Plus Onlus propone

Hivoices HIVoices – Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale

rivolto a MSM che vivono con HIV.
Giunta alla sua quinta edizione, HIVoices ha già visto la partecipazione di 84 uomini omo-bisessuali HIV+.

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile, anche all’interno della realtà lgbtq: nei locali, nei luoghi di incontro sessuale, nelle associazioni, sui social network. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.
Dire (o non dire) di essere sieropositivo non è come dire di essere omo-bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out del proprio orientamento sessuale non torna utile nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività. La paura di essere accettati e visibili in quanto persona dotata di un orientamento sessuale altro che si somma alla paura di essere discriminato in quanto persona sieropositiva.

Ma attenzione: se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, essendo sieropositivo e facendo sesso con uomini, non accetta la propria omo-bisessualità, neppure arriva a chiamarla con questo nome.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti. È così che è nato HIVoices, un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto sieropositivi.

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato NON per ‘convincere’ a fare coming out rispetto al proprio stato sierologico positivo, ma piuttosto come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Non è un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con sé e con l’Altro; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per migliorare la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con persone differenti, ma simili; un tempo in cui non nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è.

Hivoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare nella piena affermazione di sé.

Abbiamo pensato ad una struttura residenziale, un luogo accogliente e ‘protetto’. Ai partecipanti offriamo quindi la certezza che la loro privacy sarà tutelata.

 

QUANDO: venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 giugno 2016.
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino romagnolo.
COSTO: 30 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 4 giugno 2016.
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

iniziativa realizzata con il supporto con condizionato di ViiV healthcare

Sandro Mattioli
Plus Onlus

Venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 aprile 2016

Plus Onlus realizza

HIVoices – Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale

rivolto a MSM che vivono con HIV

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile, anche all’interno della realtà lgbtq: nei locali, nei luoghi Hivoicesdi incontro sessuale, nelle associazioni, sui social network. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”. “Perché se lo dico, poi mi guardano come se fossi un untore”.

Dire o non dire di essere sieropositivo non è come dire di avere l’influenza. Dire o non dire di essere sieropositivo non è neppure come dire di essere omosessuale o bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out, il lungo percorso di negoziazione con sé e con gli altri rispetto al proprio orientamento sessuale, non torna utile nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività.

La paura di essere accettati e visibili in quanto persone dotate di un orientamento sessuale altro da una società a maggioranza eterosessuale, machista, sessista, che si somma alla paura di essere discriminati – dentro e fuori la comunità lgbtq – in quanto persone sieropositive.

Se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, essendo sieropositivo e facendo sesso con uomini, non accetta la propria omosessualità, neppure arriva a chiamarla con questo nome.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti. Per questo è nato HIVoices, un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto sieropositivi.

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato NON per ‘convincere’ aplus_logo fare ‘coming out’ rispetto al proprio stato sierologico positivo, ma piuttosto come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Né tanto meno un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con sé e con l’Altro, sul rapporto fra identità sessuale e sieropositività; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per migliorare la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con una pluralità di persone differenti, ma simili; un tempo in cui non nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è.

Abbiamo pensato ad una struttura residenziale, un luogo accogliente e ‘protetto’, tanto rispetto al ‘mondo eterosessuale’, quanto alla comunità lgbtq. Ai partecipanti offriamo quindi la certezza che la loro privacy sarà tutelata.

HIVoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso attività strutturate e semi-strutturate secondo metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare nella piena affermazione di sé.

Giunta alla sua quarta edizione, HIVoices ha già visto negli anni passati la partecipazione di 66 MSM HIV+.

QUANDO: venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 aprile 2016.
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino bolognese.
COSTO: 20 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 10 aprile 2016.
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

iniziativa realizzata con il supporto con condizionato di ViiV healthcare

Siamo parte della soluzione

Dal mese di febbraio, il BLQ Checkpoint lancia una serie di iniziative dedicate alle persone con HIV.

Ogni mercoledì, dalle 18 alle 21, il BLQ Checkpoint sarà aperto in via eccezionale per le persone con HIV che vorranno effettuare un test per l’HCV o un counselling sulla salute sessuale. È necessario prenotare telefonando il martedì o il giovedì dalle 18 alle 21 al numero 051 4211857.

Il secondo venerdì di ogni mese, invece, dalle ore 19 si svolgeranno degli incontri informali su tematiche di interesse per le persone con HIV. Si parte il 12 febbraio con “Gli opposti si attraggono o meglio tra simili? Relazioni sessuali e sentimentali con chi è sieronegativo”. Gli appuntamenti successivi (11 marzo, 9 aprile, 13 maggio e 10 giugno) saranno pubblicati a breve.

CIVILIZZATI-02

E va bene provo a dire la mia sui diritti omosessuali, spinto dagli articoli apparsi sul quotidiano La Abito ma non leggeStampa e, soprattutto, dalla linea editoriale scelta dal quotidiano ossia quella di non scegliere. Tipica della stampa italiana che da tempo ha scelto di smettere di fare il proprio mestiere: fare cultura, far crescere la capacità della scatola cranica degli italiani infondendo il dubbio e la capacità critica. La Stampa ha posto un articolo di Emanuele Felice di fianco a quello di Franco Garelli. Uno pro e uno meno pro, per non dire contro. Linea editoriale in stile un colpo al cerchio e uno alla moglie ubriaca (cit.)

Emanuele Felice scrive un buon articolo, forse leggermente troppo di cuore, ma buono, dal titolo “Italia ultima sui diritti per colpa della politica”. Buono nel senso che descrive lo stato di fatto del nostro paese. Un luogo dove le persone omosessuali faticano a vivere e dal quale spesso emigrano. In effetti basta attraversale le Alpi e voilà: diritti e matrimoni si sprecano. Ma non è solo questo. “Qui a Madrid, l’aria che si respira è diversa…” ricordo ancora le parole testuali di uno dei miei tanti amici, omosessuali come me, che hanno abbandonato l’Italia (e non sempre per vivere in un Paese più ricco), stanchi di vivere e respirare discriminazione quotidiana in qualsivoglia ambiente: dallo sport alla politica, dalla religione alla scuola, alla cultura.

L’Italia è un paese che discrimina e al quale piace discriminare perché, diversamente, avrebbe messo mano alle leggi vigenti quando era il momento: 10-20 anni fa, quando anche le altre nazioni dell’Europa occidentale discutevano e legiferavano su temi come quelli di cui si discute oggi.

La tanto citata norma tedesca alla quale il nostro governo fa riferimento, è stata approvata, vado aBacio sposi memoria ma non credo di sbagliare, nel 2001. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene Franco Garelli nel suo articolo su La Stampa, l’eventuale approvazione del ddl Cirinnà non ci toglierebbe affatto dalla scomoda posizione di fanalino di coda dell’Europa: raggiungeremmo solo la Germania, che non ha certo la legislazione più avanzata d’Europa, con 15 anni di ritardo.

Una norma che, ripeto, se approvata, consentirebbe a fatica solo un mezzo riconoscimento delle unioni omosessuali, inclusa la tanto discussa stepchild adoption che fa riferimento solo alla possibilità di adottare i figli del partner. Per chi non ha avuto figli da precedenti rapporti, l’adozione resta preclusa. Con buona pace della capacità di crescita, di sviluppo, di inserimento sociale della maggior parte delle coppie omosessuali italiane.

Capiamoci ragazze e ragazzi: è su questa roba qui che siamo chiamati ad animare le strade. Una norma che nasce vecchia di 15 anni e che, comunque, non rende giustizia a decenni di lotte del movimento italiano.

Una norma che, come scrive Felice, ricalca le volontà dei conservatori europei laddove il nostro Governo si dovrebbe richiamare a un ideale progressista. Ebbene così non è. Stiamo lottando per dare alla popolazione omosessuale un contentino discriminante, frutto di una politica di retroguardia e conservatrice.

Just marriedAcclarato questo che cosa vogliamo fare? Accontentarci di queste quattro cazzate che ci elargiscono e ci vogliono far digerire come se fosse manna dal cielo?

Mi auguro proprio di no. È del tutto evidente che, non essendo noi Parlamento ma movimento, subiremo le decisioni dei cattolici in politica (qualcuno mi dovrà spiegare, prima o poi, perché per alcune persone devote la loro fede deve impegnare anche quella parte di popolazione che ne è priva), ma spero vivamente che il movimento LGBT italiano abbia un moto di orgoglio, una buona volta, e cessi di essere lo zerbino del partito di governo di turno (piuttosto che tutore di interessi personali), esiga pari diritti, esiga una reale uguaglianza che, in Italia, significa matrimonio egualitario (non unioni civili) e ampliamento della legge Mancino contro le discriminazioni di stampo omofobico.

A partire da questi punti si può iniziare a filtrare, facendo cultura nel quotidiano, l’aria fetida che respiriamo in Italia e forse perfino a far tornare qualche persona omosessuale emigrata dalla disperazione.
Questo sì che sarebbe un bel primo passo, non un ddl vecchio e, sa solo il cielo quanto, massacrato dai conservatori comodamente seduti in aula a gestire le nostre vite personali sulla base della loro morale posticcia. Chi vi scrive quest’anno compie 53 anni.

53 anni di lotte, di manifestazioni per vie e piazze delle principali città italiane e straniere (sì, sono andato anche a Madrid quando Zapatero allargò il matrimonio alle coppie dello stesso sesso). Non ho nessuna intenzione di andare per strada per una cosa come il ddl Cirinnà, per la quale non ho mai lottato, che non ho mai chiesto, che è stata decisa altrove senza tener conto delle reali necessità della gente. Per citare il nostro socio fondatore Stefano Pieralli, alla mia età i piccoli passi li faccio verso la pensione. Alla mia età lotto per qualcosa in cui credo, che valga la pena, sicuramente non lotto per farmi discriminare, non lotto per compiacere gli interessi di pochi.IMG_0575

Ultima cosa: ha ragione chi scrive che siamo un’associazione di lotta contro HIV/AIDS.
L’ho scritto più volte e ora lo ripeto: stigma e discriminazione sono strumenti atti alla diffusione di HIV, non è una mia opinione ma quanto è emerso alla Conferenza Mondiale Aids di Vienna (nella quale da Roma non venne nessuno, nonostante fosse a due passi). Non sfugge a chi scrive che in Italia la maggior parte delle nuove diagnosi, da 4 anni a questa parte, è triste appannaggio dei maschi che fanno sesso con maschi. Non è un caso quindi che Plus prenda una posizione ferma, forte – e pazienza se non condivisa dal delirio buonista del meglio poco che niente (che i miei amici argentini, altro paese cattolico dove è in vigore il matrimonio egualitario, definiscono consuelo de tontos, il contentino dei tonti!).

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

plus_1dicembre15_webAl Festival di Berlino del 2014, nella sezione Panorama, è passato un piccolo film indipendente a stelle e strisce diretto da un ballerino di nome Chris Mason Johnson: Test. A prima vista si tratta di una pellicola romantica incentrata su una compagnia di danza contemporanea a San Francisco, in pieni anni Ottanta. Colonna sonora frocissima e vestiti camp che più camp non si può… per tacer dei tagli di capelli e degli accessori. I due protagonisti, Frankie (Scott Marlowe) e Todd (Matthew Risch), s’innamorano durante la preparazione di uno spettacolo e affrontano una serie di test – compreso quello dell’hiv, a suo tempo una novità assoluta. Il primo test anticorpale ELISA venne infatti introdotto negli Stati Uniti nel marzo del 1985. A colpire, nel film, più che lo smarrimento dinanzi a una pandemia mortale dalla trasmissione ancora incerta, è il senso di vergogna che si accompagna alla decisione di testarsi. Anche allora, lo stigma era più potente dell’infezione e le dava man forte. Sono passati trent’anni esatti: a che punto siamo con la cultura del test?

Nell’ultimo anno, noi di Plus abbiamo lanciato due campagne: « hiv = », sulla condivisione di responsabilità e la subordinazione dello stato sierologico a uno spirito comunitario, e «positivo ma non infettivo», sulla non contagiosità delle persone sieropositive in terapia efficace. I passi avanti compiuti dalla scienza consentono davvero di eliminare il «divide» sierologico archiviando apartheid e paure irrazionali. Ma questa ricetta per il benessere collettivo si regge, ora come nel 1985, su un passaggio fondamentale: conoscere il proprio stato.

Il test hiv, così progredito da aver ridotto il periodo finestra a poche settimane, resta non solo una preziosa verifica per il singolo, ma anche uno strumento di prevenzione in un’ottica macro. La sopravvivenza di hiv/aids dipende infatti dalle infezioni non diagnosticate. E la diagnosi, oggi comeplus_1dicembre15_web nel 1985, resta uno snodo cruciale nel diagramma di flusso della vita di una persona. Solo che ora, rispetto agli anni Ottanta, abbiamo anche i mezzi per tenere sotto controllo l’infezione, e stare bene. Ecco perché abbiamo aperto il BLQ Checkpoint: per far sì che il test – rapido, anonimo, gratuito e sicuro – non sia uno stress ma una bella esperienza, da ripetere con regolarità.

Il 1° dicembre, giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, il BLQ Checkpoint sarà aperto in via eccezionale dalle 15 alle 21. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Asl di Bologna, vuole rendere più facile l’accesso al test HIV e HCV a tutte le persone, in particolare agli uomini gay e a tutti i maschi che fanno sesso con maschi. Il BLQ Checkpoint si trova a Bologna, in via San Carlo 42/C. Venite a testarvi da noi.

Simone Buttazzi
Plus Onlus

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Il 1° dicembre, giornata mondiale per la lotta contro l’Aids, il BLQ Checkpoint sarà aperto in via eccezionale dalle 15 alle 21. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Asl di Bologna, vuole rendere più facile l’accesso al test HIV e HCV a tutte le persone, in particolare agli uomini gay e a tutti i maschi che fanno sesso con maschi. Il BLQ Checkpoint si trova a Bologna, in via San Carlo 42/C.

Per lanciare questo messaggio Plus onlus ha ideato due campagne la cui grafica è visibile in questa pagina.

Per maggiori informazioni e prenotazioni, è possibile chiamare i numeri 051 252351 o 051 4211857 il martedì e il giovedì dalle 18 alle 21 (orari di apertura consueta del BLQ Checkpoint).

Ora basta cercare, c’è in programma un nuovo corso di formazione per nuovi volontari del BLQ

Basta cercare! C'è il corso di Plus
Basta cercare! C’è il corso di Plus

Checkpoint!

Il giorno sabato 31 Ottobre 2015 si terrà un corso di formazione per nuovi volontari del BLQ Checkpoint.

Il corso avrà luogo presso la sede dell’associazione in via San Carlo 42c a Bologna dalle 10 alle 17 e sarà centrato sulla creazione di un gruppo di volontari per l’accoglienza e le attività di promozione dei servizi offerti dal BLQ Checkpoint.

L’iscrizione è gratuita e obbligatoria, per info e iscrizioni: info@plus-onlus.it.

Questo il programma preliminare:

Mattina:

  1. HIV – Nozioni fondamentali
    1. Definizioni
    2. CD4 e Carica Virale
    3. Decorso dell’infezione
    4. Ciclo vitale di HIV
    5. La terapia ARV
    6. Farmaci e farmacoresistenza (cenni)
  2. Andamento Epidemiologico
    1. HIV e l’attivismo gay
  3. Prevenzione
    1. 1.0
    2. 2.0
  4. Il BLQ Checkpoint
    A cura di Sandro Mattioli – Plus Onlus

Pomeriggio:

  1. Il ruolo del Volontario/Operatore
  2. Le competenze comunicative
  3. Il “Peer Operator”
    1. L’attività di Accoglienza
    2. Il Pre-Counselling

A cura di Stefano Pieralli – Plus Onlus.

E’ uno slogan immortalato una vecchia foto, credo risalga al 1993, che riprende il tema del silenzio e lo collega alla mafia. Non ho potuto fare a meno di pensare ad Act Up che, in uno dei suoi slogan più famosi e riusciti, collegava il silenzio alla morte, l’ignoranza alla paura.

Si parla molto in questi giorni dei funerali lussuosi (cafoni?) del mafioso Casamonica e tutti si chiedono come sia potuto succedere. Mi rendo conto che passerò per spocchioso, ma perché sembra strano che una famiglia che si è posta al di fuori della legalità organizzi simili eventi nel silenzio/consenso generale?
Sappiamo tutti che una parte non indifferente del territorio italiano è in mano alle varie associazioni mafiose, ma non è certo un caso che questo sia possibile in Italia.
In questo paese la mentalità mafiosa è il pensiero più diffuso, da nord a sud. Una “cultura” generalizzata che fa operare o, più spesso, non operare un una direzione che, se non è pienamente illegale, fa si che gli interessi propri o dei propri accoliti, familiari, amici, prevalgano rispetto all’interesse della collettività, della cosa pubblica.
Che c’entra la mentalità mafiosa con l’epidemia da HIV?
Secondo c’entra e pure molto.
C’entra sul piano culturale, c’entra sul piano della falsità e del pressappochismo con cui in Italia il act-up-haringtema è stato affrontato negli ultimi 30 anni.
E’ la mentalità mafiosa che pervade l’Italia che ha fatto si che in 30 anni si siano viste solo una manciata di campagne contro il virus (per lo più discriminatorie e del tutto ininfluenti, vi basta guardare cosa hanno prodotto il resto dei paesi europei).
E’ grazie alla mentalità mafiosa italiana che non si sono mai visti messaggi importanti, insistenti e reiterati sull’utilizzo “talebano” del preservativo nei rapporti sessuali penetrativi. D’altra parte, a fronte di un papa che, contrariamente a qualunque logica e risultato scientifico, ha affermato che il condom non è utile a contrastare l’epidemia, perché mail il nostro ministro della salute avrebbe dovuto prendere decisioni di segno opposto, dispiacere un potere occulto (ma neppure tanto) e rischiare di perdere voti e poltrona… questo venir meno al proprio dovere e ruolo istituzionale per motivi futili che altro è se non cultura mafiosa?
In Italia non ci sono mai state azioni forti nei confronti dei gruppi di popolazione maggiormente esposti alla possibilità del contagio: penso alla popolazione carceraria (provate a far entrare i preservativi in carcere!), alla comunità omosessuale (in particolare quella maschile), alla comunità trans, alla popolazione che si prostituisce… Di nuovo, perché mai gli amministratori, gli assessori, i sindaci, i ministri non si sono mai occupati seriamente di questi gruppi, a parte sporadici quanto vani interventi occasionali, se non perché in fondo avrebbero potuto rischiare voti e, quindi, la poltrona, dispiacere quella parte di popolazione che va in chiesa tutte le domeniche ad ascoltare

Vogliamo essere parte della soluzione.
Vogliamo essere parte della soluzione.

un vescovo che discrimina i gay (cosa molto comune anche nella “civile” Bologna).
Chiariamo anche il punto relativo ai dati: non è vero che non ci sono dati ufficiali, che non sappiamo come si muove HIV in Italia (per altro non si capisce perché dovrebbe muoversi in modo difforme dal resto d’Europa). Non si contano gli studi, le analisi, le indicazioni, ecc. che sono arrivate dai vari organismi europei e anche il nostro COA (Centro Operativo Aids) dell’Istituto Superiore di Sanità, sa benissimo che la popolazione omosessuale in Italia è esposta al rischio, ha pubblicato dati che vedono le infezioni in crescita in tale popolazione, ma nessuno ha preso provvedimenti. E’ decisamente più comodo lasciare le associazioni da sole a operare, con pochi mezzi, contro l’epidemia, contro lo stigma (doppio se parliamo di comunità omosessuale e HIV), spesso contro le politiche sanitarie disattente, quando non addirittura, come è successo recentemente, contro alcune associazioni di lotta contro l’Aids timorose di perdere finanziamenti se, per caso, dovessero essere distratti dalle loro casse per attaccare HIV laddove si cela realmente.
Mentre in Francia l’associazione Aides combatte HIV in nome e per conto dello Stato, finanziata con fondi pubblici (con un bilancio annuo di oltre 40 milioni di euro), promuove ed esegue i test, fa ricerca in una popolazione che per lo Stato sarebbe difficilmente raggiungibile, in Italia Plus si deve arrangiare fra mille difficoltà a reperire fondi per fare un lavoro che dovrebbe essere fatto, direttamente o indirettamente, da chi ha in carico la salute pubblica.
Ci sono voluti quasi 10 anni per aprire il BLQ Checkpoint in una città attenta come Bologna (non oso pensare quanto ci sarebbe voluto altrove), ma il vero lavoro inizia ora. Sarà una sfida tenere aperto il centro, convincere la comunità MSM (maschi che fanno sesso con maschi) che è meglio fare periodicamente un test rapido che mettere la testa sotto la sabbia e sperare per il meglio, convincere un associazionismo lontano e distratto ad occuparsi fattivamente di questi temi o a supportare concretamente chi lo fa, aiutare la comunità LGBT a crescere sia politicamente che culturalmente al fine di agevolare quanto sopra, ecc. I primi segnali sono incoraggianti, il resto lo scopriremo presto, perché noi vogliamo essere parte della soluzione.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

Molti anni sono serviti solo per spiegare l’idea alla comunità LGBT e ai responsabili sanitari.
Molti mesi sono stati necessari per concordare, capire di chi sono le colpe e le responsabilità, capire di doveva pararsi voi sapete cosa, capire chi aveva davvero interesse per la salute di questo gruppo di popolazione esposta al contagio da HIV.
Altri mesi per reperire i fondi necessari… e ancora oggi stiamo cercando di reperire gli ultimi denari necessari a concludere i lavori.
Tuttavia, finalmente, le prime picconate sono state date, i primi calcinacci sono caduti, la ristrutturazione della sede del BLQ Checkpoint in via S. Carlo 42 a ha mosso i primi passi.

Il centro piano piano sta prendendo forma e siamo emozionati come padri in attesa dei primi vagiti.

Il centro sarà principalmente dedicato alle persone LGBT, ai loro bisogni, alle loro peculiarità, con particolare riguardo alla prevenzione da HIV, ai test, ai counselling. Tuttavia sarà accogliente per chiunque voglia entrare e dedicare qualche minuto alla propria salute, in un ambiente non ospedaliero\ambulatoriale, ma il più amicale e meno ansiogeno possibile.

Ogni aiuto è ben accetto, per cui, fuori da ogni principio di buona educazione, colgo l’occasione per suggerire un paio di possibilità di donazione:

via Rete del Dono
via PAYPAL
via 5×1000 (codice fiscale: 91341670379)
via Bonifico bancario: Plus Onlus, Unipol Banca, IBAN IT51W0312702405000000002286

 

Paolo LXContinuano le avventure del giovane attivista. Nello scorso episodio, riflettevo sull’esperienza di Glasgow HIV Therapy 2014.
Questa volta, vi parlerò di Checkpoint LX, un progetto fantastico di GAT (Grupo de Ativistas sobre Tratamentos) in cui ho avuto il privilegio di lavorare. Durante il primo modulo di STEP-UP, EATG Training Academy, ci è stato suggerito di imparare ad entrare in rete con colleghi di altri paesi, di sfruttare tutte le occasioni per condividere riflessioni, esperienze, buone pratiche, informazioni. Detto fatto. Proprio a Glasgow, grazie alla mediazione del mio collega Ricardo Fuertes (responsabile di In-Mouraria, a Lisbona), ho conosciuto Maria José Campos e Miguel Rocha, di Checkpoint LX, ed è stato amore a prima vista.
Noi di Plus Onlus siamo all’opera per l’apertura di BLQ Checkpoint, il primo centro community-based italiano in cui sarà possibile effettuare test HIV (gratuito, anonimo e confidenziale) a risposta rapida, con un percorso di accompagnamento personalizzato e fornito “alla pari”.
Uno spazio in cui, oltre alla mera somministrazione del test, ci sarà spazio per discutere delle tematiche relative ad HIV e sieropositività in un clima rilassato e informale, con operatori appartenenti alla comunità LGBT e adeguatamente formati sul tema.
Una novità assoluta, per l’Italia. Per fortuna, niente di così nuovo per il resto d’Europa. Checkpoint GATLX, a Lisbona, fa esattamente questo. Così, l’idea di andare a lavorare un po’ con loro per acquisire competenze sul campo, è stata immediata e spontanea. A Novembre se n’è parlato, il 10 Gennaio atterravo a Lisbona per iniziare questa esperienza.
I primi giorni hanno richiesto un po’ di assestamento: parlavo già portoghese piuttosto bene, tuttavia non mi ero mai occupato di temi relativi alla salute in lingue che non fossero italiano o inglese, per cui ho avuto bisogno di costruirmi il lessico specifico del settore in questa terza lingua, approfittando della disponibilità e pazienza dei colleghi del posto. Molto bene, sfida entusiasmante.
Ad attendermi nel Checkpoint un piano di formazione stilato con estrema precisione, che prevedeva la mia integrazione graduale nelle attività del centro: i primissimi giorni a chiacchierare della teoria e di certe questioni preliminari (il codice etico, le procedure, la divisione dei compiti, le tipologie di servizi erogati), subito dopo la possibilità di affiancare i colleghi in alcune delle attività, poi le visite programmate ai centri in cui si realizzano altri progetti di GAT relativi ad aree di intervento simili o comunque prossime, infine la collaborazione a pieno titolo nella somministrazione dei test, nella realizzazione dei questionari, nella gestione dei materiali e della struttura.
Ciò che Checkpoint LX offre attualmente è molto più che il solo test HIV: si realizzano infatti anche screening di HCV (epatite C), HPV (papilloma) e sifilide ed è attivo un servizio gratuito di monitoraggio di tutte le malattie a trasmissione sessuale (CheckList) curato dalla Dott.sa Maria José Campos. Certo, mi spiega João Brito, responsabile di Checkpoint LX, non è stato così fin dall’inizio: la prima fase di lavoro di questo progetto è stata meno pretenziosa, si è partiti dal solo test HIV, accompagnato da counselling, e da un importante processo di raccolta ed elaborazione dati, in collaborazione con l’Università di Porto, che ha permesso di capire molto sull’utenza del centro e di riadattare il servizio offerto in base alle reali esigenze di chi ne fruisce. Checkpoint LX In_Mourariaè un centro rivolto principalmente a MSM (acronimo che sta per “Men having Sex with Men“, uomini che fanno sesso con uomini), ma resta aperto a chiunque voglia fruirne, a libero accesso, senza necessità di prenotazione.
I tre aggettivi chiave relativi al servizio offerto sono: Gratuito, Anonimo, Confidenziale, mi spiega Miguel Rocha, soffermandosi molto sulla necessità di trattare con assoluta riservatezza tutte le informazioni che emergono nel rapporto con gli utenti.
Se incontri per strada un utente che hai conosciuto qui dentro – mi spiega Nuno Pinto – in reception, non lo saluti e ti comporti come se non lo avessi mai visto: il fatto di essere tutti membri di una stessa comunità deve rimanere un punto di forza della nostra struttura, non un elemento di criticità. Prosegue: La reception è il luogo in cui devi essere sufficientemente accogliente da non trasmettere freddezza, ma anche asciutto e rapido. Devi capire tutto con poche domande, a voce bassa, l’utente non deve trovarsi costretto ad essere riconosciuto/identificato da altre persone che si trovino eventualmente in attesa. Niente di nuovo, per me che ho partecipato varie volte alle Testing Week di Plus, ma fa sempre bene ricordare certi dettagli.
Come dicevo, MSM è l’acronimo che identifica un gruppo variegato: non soltanto l’uomo gay -che si riconosce nella comunità LGBT, che appartiene ad un certo universo culturale-, ma anche l’individuo di sesso maschile che (a vario titolo, magari non abitualmente, probabilmente senza sentirsi membro di una comunità o senza appartenere ad un certo panorama culturale di riferimento) fa sesso con altri uomini.
Checkpoint LX accoglie anche altre persone, naturalmente, con un’attenzione speciale per coloro che col sesso ci lavorano.
Altro progetto coordinato da GAT, che interseca il lavoro del Checkpoint pur senza essere esattamente la stessa cosa, è quello curato da Júlio Esteves. Si tratta di interventi mirati di assistenza a chi si prostituisce in appartamento. Il tipo di lavoro che Júlio svolge si realizza principalmente in outreach.
Oltre ad operare nel Checkpoint, due giorni alla settimana, lavora all’esterno per tutto il resto del tempo. Grazie ad anni di mediazione tra i lavoratori e le lavoratrici del sesso e gli enti e le organizzazioni che forniscono servizi per la salute, si è creata una rete di contatti incredibilmente vasta e ramificata. Per chi lavora col sesso, l’appartamento è anche un po’ una prigione, mi spiega, Broken promises killperché ogni volta che ti allontani, per una qualunque ragione, rischi che ti arrivi la chiamata di un cliente, e di non poterlo ricevere. In un clima, peraltro, di grande crisi, in cui la concorrenza è tantissima e feroce, i prezzi medi per le prestazioni piuttosto bassi, la disponibilità dei clienti scarsa. In un simile contesto, l’interesse per la propria salute può anche essere alto (ed è spesso incredibilmente più alto in confronto a quello di altri tipi di popolazione), ma i tempi di attesa, lunghissimi, per ottenere prestazioni sanitarie in strutture pubbliche, possono scoraggiare. Per questo il Checkpoint, grazie alla particolarità di avere i test rapidi, diventa per i Sex Worker il miglior luogo possibile in cui occuparsi attivamente della prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale.
Inoltre, grazie ad un sistema che prevede visite a domicilio su richiesta, Júlio mantiene un rapporto costante col mondo della prostituzione in appartamento e ottimizza il tempo trascorso nelle case consegnando gratuitamente kit di prevenzione (preservativi, lubrificanti e femidom).
Ho avuto l’onore di essere portato in queste visite e di capire come il tipo di supporto che si offre vada molto oltre la semplice consegna di materiali: si chiacchiera, si discute, si parla di salute sessuale, spesso c’è un bisogno forte di entrare nel personale, di raccontarsi. Bisogna capirsi, parlare la stessa lingua, conoscere i codici comportamentali e rispettarli. Come in qualunque ambiente.
Gruppo GATEssere un operatore che si occupa di salute non può costituire il pretesto per salire in cattedra, ma, al contrario, può diventare l’occasione giusta per scendere dal piedistallo, rilassarsi, abbandonare giudizi e pregiudizi, entrare in contatto in modo autentico. Diversamente, non funziona.
Essere considerato peer (pari) da un altro uomo gay come te è sicuramente più semplice e naturale, ma essere considerato un “pari” da qualcuno che fa cose molto diverse da quelle che fai tu (almeno nel tuo immaginario) è qualcosa che richiede umiltà, rispetto e apertura.
Il mondo del lavoro sessuale è fatto anche di persone che lo fanno per scelta, di genitori, di figli e figlie, di studenti universitari, di persone transessuali, di ragazzi e ragazze non più giovanissimi, di persone provenienti dai più disparati paesi.
Altra realtà interessante, già citata, ma di cui intendo parlarvi un po’ meglio, è il centro In-Mouraria. Quartiere piuttosto centrale di Lisbona -incredibilmente affascinante, con le sue strettissime salite e le case diroccate-, Mouraria si sviluppa a partire dalla piazza di Martim Moniz.
Vi si sono concentrati, per anni, una serie di fenomeni: la vendita e il consumo di droghe (anche iniettive), la forte presenza di persone senza fissa dimora e di immigrati clandestini.
In una simile posizione, In-Mouraria nasce come centro dedicato prima di tutto alla salute sessuale e alla gestione delle dipendenze, ma assume ben presto, grazie alla sensibilità e all’esperienza dei suoi lavoratori, tutti i connotati di un punto di socializzazione fondamentale, in cui ci si conosce, si discute, si gioca, si parla, si beve e si mangia insieme.
In-Mouraria è il punto di partenza di un processo molto interessante: l’attivismo delle persone tossicodipendenti.
Nel centro si lavora soprattutto in termini di riduzione del rischio. Ancora una volta, non ci si trova in un posto in cui tutti si sentono più saggi, furbi, immacolati e moralmente accettabili di te -e, dunque, legittimati nel decidere per te che cosa dovresti fare della tua vita-, bensì in un luogo in cui il giudizio non entra mai e ci si occupa di questioni concrete. Non c’è la maestrina a dirti che devi smettere di bucarti, ma potresti trovare altre persone che lo hanno fatto (o che lo fanno ancora), pronte però a difendere con tutti i mezzi possibili, salute, diritti, benessere.
In-Mouraria non è un ambiente statico: cambia forma continuamente, si adatta ai bisogni di chi loCrew frequenta, stimola il confronto, ricerca ed accoglie le critiche ed i suggerimenti, attiva corsi, costruisce occasioni di socializzazione. Lo confesso: mi ci sono proprio sentito a casa ed ho avuto la sensazione che fosse così per tutti. Bello.
Naturalmente, nel conoscere e valutare queste ottime realtà portoghesi, mi sono sempre sforzato di vedere le principali differenze col nostro sistema. Ad esempio, da noi in Italia, il test HIV rapido non può essere effettuato se non da operatori sanitari. Questo comporta una serie di conseguenze: l’idea del Checkpoint è proprio quella di de-medicalizzare la prevenzione, creando un ambiente che, non sostituendosi alle strutture sanitarie del territorio, vada ad integrarne il servizio, offrendo qualcosa di differente e complementare.
Noi di Plus non ci siamo lasciati abbattere ed abbiamo deciso di strutturare il nostro centro in modo che potesse essere subito operativo ed efficace, inserendo nella nostra equipe di lavoro Campagna Plusquattro infermieri. L’esperienza condivisa della formazione è stata assolutamente positiva ed ora che siamo diventati un team affiatato, non vediamo l’ora di partire.
Le più recenti iniziative di somministrazione test presso la sede del MIT (Movimento Identità Transessuale), che generosamente ci ospita, hanno colpito nel segno: molta affluenza, molti colloqui, un clima caloroso. Lavorare insieme, durante la European Testing Week e nella settimana di San Valentino, è stato bello e abbiamo avuto la fortuna di poter contare anche sulla collaborazione degli amici del RED, che ci hanno volontariamente aiutato con l’accoglienza.
Senza dubbio il progetto del BLQ Checkpoint è il nostro principale motivo di orgoglio e costituisce l’occasione giusta per operare concretamente sul nostro territorio e per la nostra comunità. Inoltre, l’onda europea che ha visto sorgere un vero e proprio network di servizi comunitari per la salute, è un fenomeno che ci incoraggia e ci fornisce continui spunti di riflessione e opportunità di confronto.
Adesso i lavori sono in corso, apriremo prestissimo e non vediamo l’ora che siate tutti con noi a brindare per l’inizio di questa piccola grande rivoluzione. Perché noi combattiamo HIV, non le persone che vivono con HIV.

Paolo Gorgoni
Plus Onlus