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ICAR2014_bannerLa VIa Conferenza italiana Aids, si è tenuta a Roma dal 25 al 27 maggio. Ha visto una partecipazione di oltre 1000 persone fra relatori e iscritti; 309 sono state le scholarship di cui ben 81 hanno consentito alla community di partecipare.

Con piacere ne do un giudizio complessivamente positivo, non solo per gli interventi interessanti che si sono susseguiti, anche per la consistente partecipazione della comunità dei pazienti. Quest’anno, infatti, siamo stati coinvolti a presiedere sessioni, incluso chi scrive, nella presentazione di progetti e ricerche, ecc. In altre parole, non siamo stati relegati nella riserva indiana come gli altri anni, ma la nostra collaborazione è stata cercata (ed ottenuta) a 360°. Mi IMG_1763sembra un passo in avanti molto importante.

Anche sul piano degli interventi, almeno per quelli che ho seguito io, la qualità è stata ottima e le informazioni molto interessanti. In particolare ho seguito gli aspetti relativi alla prevenzione e gli aspetti sociali, non da oggi infatti, penso che senza una adeguata attenzione ai temi sociali afferenti ad Hiv, difficilmente sconfiggeremo il virus, tanto meno riusciremo ad invertire la tendenza che vede un incremento nelle diagnosi in particolare proprio fra gli MSM (cfr http://www.iss.it/ccoa). Penso, primo luogo, alla discriminazione e allo stigma a cui le persone con hiv sono soggette fin dalla comparsa del virus. Doppio stigma, nel caso MSM-HIV+. Cosa di cui una parte della community presente ad Icar, stante quello che ho ascoltato durante una lecture, non sembra rendersi conto con buona pace dei dati pubblicati dal COA. Evidentemente abbiamo percezioni diverse.

Un tema, quello della stigma, che è stato ben trattato anche dalla nostra associazione, ha promosso la campagna “Se mi conosci, mi eviti?”, e che ha collaborato alla ricerca “Pratiche Positive” presentatPoster 131_Plus_ICAR2014a in Icar dal Responsabile Salute di Arcigay, Michele Breveglieri. Pratiche Positive ha dato risultati davvero interessanti soprattutto se si pensa che ha trattato il tema della discriminazione, subita o percepita, all’interno delle strutture socio-sanitarie. In particolare, è emersa l’enorme difficoltà che le persone HIV+ hanno nel dichiarare il proprio stato in ambito sanitario, soprattutto al dentista, o al proprio medico curante.

Ottime le presentazioni tenute da Giulio Maria Corbelli del Direttivo di Plus sul tema del test. Abbiamo infatti presentato in Icar sia una ricerca relativa a come, in che tempi e modalità le persone vorrebbero fare il test, sia una ricerca sui dati raccolti con la Testing Week. Dalla prima è emerso un dato davvero strano: una parte consistente dei rispondenti vorrebbe l’home testing ossia fare il test a casa propria. Cosa francamente non accettabile allo stato delle cose in Italia, appunto per il problema dello stigma. Senza un couselling adeguato è del tutto evidente che lo stigma resterebbe chiuso nelle case, insieme all’esito dell’home testing. Per non parlare della assenza totale di link to care.

Una buona valutazione è stata ottenuta anche dal test presso associazioni o fuori dal contesto ospedaliero. Le risposte raccolte con il nostro piccolo studio, ci portano a concludere che è urgenteIMG_1766 un cambiamento nelle strategie di testing in Italia, al fine di garantire un miglior accesso al servizio, la lunga attesa per i risultati e la burocrazia sanitaria rappresentano un ostacolo all’esecuzione del test. Fermo restando l’ottimo lavoro che svolgono gli ospedali italiani, i dati relativi alla late presentation dimostrano che quel lavoro non è sufficiente e che l’aiuto delle associazioni, in termini di sussidiarietà orizzontale, è decisamente auspicabile al fine di ampliare l’offerta del test con azioni meglio mirate alle popolazioni più colpite, seguendo l’esempio di quanto viene fatto in Europa ormai da anni.

Un primo passo nella direzione giusta ci è stato rappresentato da Corbelli, con la relazione sui risultati della testing week, effettuata anche da Plus l’ultima settimana dello scorso novembre.

Un solo dato: il 50% dei partecipanti, non aveva mai fatto un test per hiv.

È naturale chiederci quanto lo stigma incida nella scarsa frequenza con la quale ci testiamo, sia per hiv che per altre infezioni o malattie. La relazione del dott. Palefsky su HPV e cancro anale nella popolazione HIV+, è stata illuminante in tal senso. Rilancio il consiglio del medico Californiano: tutte le persone con HIV facciano un test rettale una volta all’anno; il consiglio vale anche per tutti gli MSM anche se siero negativi, stante che lo studio NA-Accord attribuisce agli msm una incidenza spaventosa.

Icar2014CerioliLargo spazio ha avuto anche l’infezione da HCV, come è giusto che sia stante l’elevata incidenza del virus dell’epatite C fra le persone sieropositive. Ma anche, curiosamente, l’epatite B. L’allarme è stato lanciato da Massimo Puoti: “è inaccettabile avere tante persone con HIV che prendono l’epatite B, dovremmo riuscire a vaccinare contro HBV tutte le persone sieropositive”.

Verissimo. Abbiamo il vaccino per l’epatite B eppure l’infezione gode di ottima salute. Questo dovrebbe farci sorgere un dubbio sulla gestione solo sanitaria e ben poco sociale delle infezioni a trasmissione sessuale, come le epatiti o l’HIV.

A mio avviso è stata molto interessante la presentazione della dott.ssa Pharris dell’ECDC, durante il simposio dall’eloquente titolo “The silent epidemic”. Buona parte dei dati del Centro europeo hanno, guarda caso, riguardato gli msm. Per il centro di controllo europeo, gli msm continuano ad essere un gruppo a rischio col il maggior numero di casi di HIV, seguito a ruota dai migranti. ECDC chiede di indirizzare verso questi gruppi azioni di prevenzione e di contrasto del virus. Ho la sensazione che nella pratica quotidiana, in Italia i migranti siano socialmente più accettabili degli msm.

Alessandra Cerioli, Presidente nazionale di Lila, è stata convinta a tenere un intervento sulla Tasp, terapia come prevenzione. È stato citato lo studio Partner, condotto su 1100 coppie sierodiscordanti di cui il 40% gay, che sta valutando le probabilità per una persona HIV+ con viral load undetectable di passare l’infezione. Per correttezza va detto che i dati finali dello studio arriveranno nel 2017, tuttavia è interessante che l’opinione dei curatori ad oggi sia che la stima più attendibile sia zero possibilità.

Il nostro opuscolo “Sesso gay positivo”, ha ricevuto la benedizione di Alessandra che ha inserito la IMG_1786copertina in una slide della sua presentazione sulla Tasp, come esempio di best practice. Elogiando la chiarezza delle informazioni sul tema esposte nell’opuscolo.

Rispetto al tema prevenzione, la parte del leone l’ha fatta l’ISS grazie a Barbara Ensoli che ha presentato i dati della fase due del vaccino anti TAT. Fase due open label chiusa in Italia, e in corso, ma prossima alla chiusura, in Sud Africa come studio randomizzato. I dati portati dallo staff della Ensoli, sia nelle comunicazioni orali che nel simposio, sono stati incoraggianti e ben esposti. Nel prossimo luglio si chiuderà la ricerca di fase due in Sud Africa finanziata dal Ministero degli Esteri e vedremo se questi dati italiani, saranno confermati anche dal randomizzato africano.

Siamo parlando di vaccino terapeutico, inoculato in persone con hiv stabilmente in terapia. A tre anni di osservazione, quello che appare sembra andare oltre le capacità di ricostituzione del sistema immune ottenibili con le terapie. Infatti gli inoculati hanno avuto una crescita qualitativa dei CD4 molto interessante, in termini di central memory. I dati mostrano inoltre l’abbattimento dei CD8 +term, più consistente dal secondo anno, che portano alla fine dell’attivazione del sistema immune causata da hiv; mostrano inoltre un crollo verticale del DNA provirale a 144 settimane, più consistente nei regimi art con PI, ma importante anche negli nnrti/nrti. Ovviamente sarebbe interessante uno studio di follow up per valutare quanto resiste l’immunizzazione, se il decremento dei IMG_1777reservoir viene confermato, ecc.

Step successivi saranno lo studio di fase III e la registrazione che si vorrebbe raggiungere entro il 2018, sempre che si trovino i fondi, stimati in 40 milioni di euro, necessari a completare la ricerca. Questo è il motivo per cui è stata creata una società a capitale misto con lo scopo di trovare i fondi ne chiudere la ricerca. Una procedura seguita da tutte gli enti che al momento stanno studiando vaccini contro hiv.

Né durante il simposio, né durante le letture ho visto traccia delle polemiche e del fango comparso in giro in queste ultime settimane. Non posso fare a meno di chiedermi nuovamente, a chi fa gioco far partire la macchina del fango ogni volta che la Ensoli riesce a chiudere una fase e riparte con la ricerca dei fondi per la successiva e anche perché tali contestazioni non sono state portate o replicate nella sede più opportuna: Icar.IMG_1761

Da ultimo ma non meno importante, voglio citare l’impegno dei volontari di Plus (Stefano Pieralli, Giulio Maria Corbelli, Michele Degli Esposti, Paolo Gorgoni, Jonathan Mastellari), che hanno allestito un bellissimo banchetto per promuovere la nostra associazione, hanno distribuito numerose copie dell’opuscolo “Sesso gay positivo”, suscitando molto interesse nella platea della conferenza, sia fra la community che fra i sanitari, dato informazioni e preso contatti importanti.

In futuro, spero sarà possibile estendere anche ad altri volontari la possibilità di fare questa esperienza, così da incrementare il numero della community presente ad Icar.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

Single di xxx, voglioso di una storia vera con persona in salute come me e senza patologie trasmissibili, ……. ma una storia vera, quella delle persone normali, non quella della persone fuori di testa…..voglio essere felice, non complicarmi la vita.

E’ un messaggio scritto da un utente del gruppo “GayItalia” su Facebook. Un gruppo chiuso ma che vanta oltre 2000 iscritti.

Lo leggo, e il mio primo pensiero è stato “ma guarda te sto ragazzino”… che faccio soprassiedo? Ma si dai… poi mi cade l’occhio sulla immagine di profilo dell’utente: altro che ragazzino! E’ un uomo adulto.
Ma si, gli rispondo: “ma che bel messaggio: ti auguro di innamorarti di una persona splendida e che vive con HIV.”

Do uno sguardo al profilo: pure operatore sanitario. Quindi gay, medico, non vuole complicarsi la vita e cerca una persona che non gli trasmetta nulla di infettivo. Come non capirlo povera stella.

Torno sul gruppo.

Puf… messaggio sparito. Contatto l’amministratore, ma dice che non ha cancellato nulla. Avrà tolto tutto l’utente.

Ma nella mia magica cartella facebook su gmail ecco che arrivano gli avvisi di risposta. Ci sono sia il mio messaggio, che un “auguralo a tua sorella……..sei incazzato dal mio msg perche’ tu hai hiv…..e che cazzo vuoi da me”. Una risposta scritta, evidentemente, un attimo prima di cancellare il trend.

Pratiche positiveNo, caro professionista sanitario non sono incazzato perché io ho l’hiv, per la verità non sono incazzato affatto: sono basito dal messaggio di discriminazione che hai messo a disposizione degli altri 2000 utenti. E lo fai essendo medico e omosessuale. E’ sempre molto istruttivo vedere come la comunità omosessuale, o parte di essa, reagisce davanti al tema hiv o patologie sessualmente trasmissibili. Di solito sceglie fra rimozione o discriminazione. La paura, e l’ignoranza che ne consegue, è tale, che siamo al punto che l’augurio di un amore sieropositivo diventa quasi una offesa. Ma stai pur tranquillo dott.: stante il numero di nuove diagnosi tardive fra i gay, sicuramente hai già fatto sesso con un sieropositivo che, con ogni probabilità, non sapeva di esserlo.

In compenso una cosa la sanno bene le persone sieropositive: la discriminazione esiste.

La ricerca Pratiche Positive, che ha visto anche la collaborazione di Plus, descrive chiaramente quello che accade in Italia. Una indagine condotta su un campione di oltre 500 persone sieropositive, la maggioranza gay, da cui emerge che 7 persone su 10 hanno subito una discriminazione. 4 su 10 proprio in ambito sanitario.

HIV_MSM 2012
Numero delle nuove diagnosi di infezione da HIV, per modalità di trasmissione e anno
di diagnosi (2010-2012)

Forse non tutti i gay sanno che l’epidemia in Italia ha preso una direzione molto chiara. E’ sufficiente leggere l’ultimo notiziario del ISS per capirlo: le nuove diagnosi mostrano i gay in decisa crescita, gli altri gruppi esposti in calo.

La nostra comunità è impegnatissima nel riconoscimento dei diritti, del matrimonio, ecc. perché dovrebbe spendere energie per una cosa che nessuno vuole ascoltare o sentire, per qualcosa che, con ogni probabilità, fa paura anche agli attivisti. Dopo tutto una volta all’anno arriva il 1 dicembre, giornata mondiale per la lotta contro l’hiv/aids. Sufficiente no?

E la comunità? I gay?

Negano, rimuovono, non fanno neppure il test con la frequenza necessaria. Meglio non sapere, non vogliono sapere.
D’altra parte, tornando al messaggio del nostro amico, perché mai dovrebbero fare il test? Per essere discriminati due volte: come gay dagli etero e come sieropositivi dagli stessi gay?

No, caro amico medico che non vuoi complicarti la vita, non sono affatto incazzato anzi, ti ringrazio.
Ora so perché la curva delle nuove diagnosi fra i gay sale in quel modo. Ora ho capito cosa volevano dire tutti quegli studi sul rapporto fra discriminazione crescita dei contagi presentati alla International AIDS Conference di Vienna.

Ora capisco perché le persone che chiamano la nostra Linea Positiva, si sentono sempre così sole e non sanno con chi parlare delle loro paure: perché temono che la comunità sia fatta di gente che non vuole complicarsi la vita.

Sesso gay positivo_web4Per fortuna le cose stanno cambiando. Anzi la fortuna non c’entra, cambiano grazie al lavoro di associazioni come Plus. Lo dico senza false modestie perché mettere insieme una associazione di gay sieropositivi nella quale anche chi non lo è sa che verrà creduto hiv+, vedere che i soci si iscrivono, si fidano, hanno voglia di provarci e mettersi in gioco, è per me una gioia enorme. Forse l’unica cosa, ad oggi, che mi sprona ad andare avanti, a darmi da fare in questa associazione, a dire sono sieropositivo.

Combattere la discriminazione è importante, ed è importante che siano le persone sieropositive a farlo. Noi.

Uscire allo scoperto, una specie di secondo coming out, è importante perché rafforza la nostra auto stima, la consapevolezza che non siamo né colpevoli né innocenti, siamo persone che vogliono vivere al meglio la propria vita, esattamente come gli altri.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

Il tema della sieropositività sembra scomparso tanto dai discorsi pubblici quanto dalle trame deiPenna_Quaderno romanzi, in particolare nel nostro vecchio continente. Da quando, nel 1996, il focus si è spostato dal dramma dell’Aids alla vita con Hiv, l’attenzione si è dissipata fino a limitarsi alle attività connesse al primo dicembre.

A mancare non è certo la letteratura scientifica o pseudo tale, che anzi abbonda, ma quella di consumo, alla portata di tutti. Concetti cruciali come la viremia non rilevabile e la terapia come prevenzione sono ignoti ai più, motivo per cui la percezione delle persone sieropositive resta approssimativa, spesso legata a un irrazionale senso di pericolo. Senza un progetto di divulgazione capace di agire su un piano più intimo rispetto alle pubblicità progresso istituzionali, le cose non sono certo destinate a cambiare. Nel frattempo, l’ignoranza e la discriminazione continuano a far danni: una discriminazione spesso aggravata da fenomeni di omofobia e transfobia.

Ora più che mai è importante mettere i puntini sulle i, uscire alla luce del sole, fare comunità. E il primo passo è presentarci, parlare di noi. Per evitare che lo facciano (male) gli altri.

plus_tastieraIl progetto Scrittura positiva nasce per raccogliere testimonianze dirette di persone che vivono con Hiv e hanno voglia di scriverne. In termini accademici, un’iniziativa del genere va sotto il nome di “autoetnografia”… ma a noi non interessa, in questo caso, il risvolto scientifico, bensì la descrizione schietta, con parole nostre, di un’esperienza di vita. Diversa per ciascun*. Come ho reagito alla diagnosi? Quando e perché ho deciso di entrare in terapia? Come mi regolo quando devo dirlo a qualcuno? È cambiata la mia vita sessuale? E quella affettiva? Come mi rapporto allo stigma? Insomma: cosa significa, oggi in Italia, essere gay (o lesbica, o trans) e vivere con Hiv?

Non si tratta, sia ben chiaro, né di un concorso né tanto meno di una sterile raccolta di pagine di diario. Una volta raggiunta una certa mole di testi contiamo di creare un gruppo di lavoro che a partire dai singoli contributi raggiunga un risultato più ambizioso.

L’obiettivo, di lungo periodo, è arrivare a un’antologia di racconti – o persino a un romanzo collettivo – da pubblicare in maniera tradizionale. Incrociando le dita, i proventi andranno al progetto Bologna Check Point.

Per partecipare è sufficiente mandare il proprio contributo all’indirizzo:

scritturapositiva@plus-onlus.it

Plus Onlus

Alert Il Ministero della Salute ha comunicato l’insorgenza di casi e cluster di meningite da meningococco di gruppo C, altamente virulento, in omosessuali maschi: a New York dal 2010 e, più di recente, anche in Francia e Germania.
In marzo si era verificato un caso anche in Belgio (Info).
L’agente patogeno di questa malattia, la Neisseria meningitidis, è trasmesso da persona a persona attraverso le goccioline nasofaringee (droplets) a partire, in particolare, dai portatori sani; i momenti di aggregazione facilitano la trasmissione.

La meningite da meningococco, di norma, è più frequente tra le persone che hanno fattori di rischio quali:

  • immunodepressione
  • la mancanza o il mal funzionamento della milza
  • le emoglobinopatie
  • deficit dei fattori del complemento (elemento essenziale del sistema immunitario nei meccanismi di difesa contro gli agenti infettivi)
  • il trapianto di midollo, ecc.

La Regione Emilia Romagna, da tempo, persegue l’obiettivo di aumentare il livello di protezione delle persone che hanno queste patologie o condizioni offrendo loro la vaccinazione.
Diamo la massima diffusione a queste notizie e informazioni sia per aumentare il livello di sensibilità sull’argomento, sia per indirizzare le persone con fattori di rischio ai Servizi di Igiene pubblica per la vaccinazione.

Sandro Mattioli
Presidente
Plus Onlus

catania-prideDa molti anni lotto perché credo che l’uguaglianza sia un diritto irrinunciabile, che la discriminazione sia una cosa schifosa, perché le persone LGBT possano vivere una vita migliore non relegata ai margini della comunità. Un po’ di anni or sono, mi è stata notificata la diagnosi di HIV e mi è apparso chiaro fin da subito che rivelare il mio stato sierologico nella comunità di appartenenza, sarebbe stato molto difficile.
La prima volta che dissi a un gruppo LGBT che sono sieropositivo, nell’interminabile silenzio imbarazzato che ne seguì, solo una persona ebbe il coraggio di dire qualcosa e disse “Ah!”.
Accoglienza, supporto, sostegno emozionale argomenti pressoché inesistenti in una delle maggiori comunità organizzate del Paese. Fu chiaro, quindi, che avrei dovuto lottare anche il quella sede per l’uguaglianza, contro la discriminazione, contro l’isolamento.
Da allora qualche passo in avanti è stato fatto, ovviamente. Se in un primo momento le persone mi cercavano di nascosto per parlare di HIV, oggi alcune persone si sono sentite sufficientemente a loro agio nella community per fare il loro secondo “coming out”, rivelando quindi anche lo stato sierologico, insieme all’orientamento sessuale.
Tuttavia, nel momento clou della vita politica delle organizzazioni LGBT italiane, i Pride, l’argomento HIV/AIDS è sempre stato complicato da inserire. Qualche evento collaterale collegato al Pride, qualche campagna di prevenzione, soprattutto negli ultimi anni, è stata portata all’attenzione della comunità, anche nella grande parata finale. Ma le facce perplesse dei partecipanti con il flyer in mano, tradiscono ancora oggi l’idea che l’HIV non c’entra con i Pride, che l’identità di una minoranza di MSM (maschi che fanno sesso con maschi) sieropositivi non ha spazio nella festa. Che c’entra dopo tutto? Ci vogliamo divertire non pensare a pochi sfigati.
Il punto è proprio questo. Ci siamo divertiti senza tenere conto né della possibilità, tutt’altro cheimage remota, che il virus entri nel nostro organismo, né della possibilità che una parte della comunità si senta esclusa o, quantomeno, non accolta.
Possibilità tutt’altro che remota perché siamo un gruppo esposto, in particolare noi MSM. I dati di prevalenza relativi alla nostra comunità, ci mostrano in modo inequivocabile che se è verissimo che HIV riguarda tutti, è altrettanto vero che non colpisce tutti allo stesso modo.
Dopo anni di lotte e, devo dirlo, anche di risposte deprimenti da parti di molti dirigenti gay, oggi siamo ad una svolta, spero, decisiva: Arcigay Catania ha deciso di tematizzare il Pride locale a partire da quest’anno, e il primo tema sarà l’HIV.
Il Presidente di Arcigay Catania, Giovanni Caloggero, ha chiesto a Plus di collaborare, insieme a LILA Catania, alla realizzazione di un Pride che lanci un segnale politico chiaro: HIV ci riguarda da vicino, noi siamo un gruppo esposto al rischio.
E’ una indicazione politica importantissima e molto forte, un segnale in controtendenza rispetto al generale sentire politico che ritiene sia meglio non rischiare una sovrapposizione fra HIV e popolazione MSM.
Lo slogan scelto dagli organizzatori è “Un Pride in Plus”. Uno slogan che nel citare direttamente il nome della nostra associazione, ci riconosce come interlocutori importanti. Ruolo che, ovviamente, saremo onorati di sostenere con la nostra presenza, i nostri volontari, le nostre magliette, gli slogan tesi a mostrare che una persona sieropositiva è fatta proprio come tutti gli altri, non è un mostro, non è un untore, è una persona che si innamora, che fa sesso, che si protegge e che non vuole essere discriminata.
Grazie ad Arcigay Catania finalmente possiamo dire che la comunità LGBT ha fatto il primo passo nella giusta direzione

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente