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La scomparsa avvenuta ieri di Fernando Aiuti segna la fine di un’epoca. L’immunologo 83enne deceduto precipitando per le scale del policlinico Gemelli dove era ricoverato per una grave cardiopatia ischemica è stato l’uomo simbolo dell’“era Aids”, quegli anni 90 in cui lo spettro della peste del secolo dominava le paure della popolazione mondiale. Uno spettro che, però, non possiamo considerare del tutto relegato a quegli anni: la paura dell’Aids ancora oggi domina la mentalità della maggior parte delle persone.

Tutti i giornali e i social network ricordano Aiuti con l’immagine del bacio dato a Rosaria Iardino nel 1991 per smentire con un gesto mediaticamente eclatante l’ipotesi che l’Hiv si potesse trasmettere con un bacio. Quella immagine fece il giro del mondo e in qualche modo effettivamente rappresenta una delle principali capacità di Aiuti, quella di usare l’interesse mediatico sollecitato dall’Aids negli anni Novanta per diffondere informazioni e raccogliere sostegno.

Chi lo aveva conosciuto da vicino ricorda anche il carattere decisionista, con esplosioni colleriche e l’atteggiamento da guerriero. In poche parole, sicuramente non un uomo mite. Anche in questo, si allontana decisamente da quell’altro “mostro sacro” dell’Aids italiano scomparso nel 2015 che era Mauro Moroni. Se l’immunologo scomparso ieri viene ricordato soprattutto per la sua attività comunicativa (e questo spiega anche perché la sua morte fosse tra le prime notizie del Tg1 di ieri), la fama dell’infettivologo milanese copriva più che altro l’ambito medico-scientifico e soprattutto era diffusa tra le tante persone con Hiv che aveva visitato nel corso degli anni, nella stragrande maggioranza dei casi senza richiedere alcun compenso. Entrambi avevano fondato l’Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids nel 1985; Aiuti la diresse – a parte brevi pause – fino al 2007, Moroni si occupò della sede milanese per prendere la direzione nazionale solo qualche anno dopo l’uscita di scena di Aiuti (in particolare dopo la presidenza affidata a quella donna straordinaria che è Fiore Crespi). Anlaids è stata per anni la principale organizzazione di lotta all’Aids italiana, qualche anno più tardi affiancata – o, in certi casi, bisognerebbe dire fronteggiata – dalla Lila che rappresentò l’animo “antagonista” dell’attivismo. In quegli anni Novanta, Anlaids era una associazione fondata e a lungo diretta da medici, mentre la Lila si presentò con le azioni di protesta degli attivisti. Accanto alla voce della scienza rappresentata dall’organizzazione presieduta da Aiuti, le persone sieropositive cercavano di farsi sentire attraverso le azioni dimostrative della Lila. Questo contrasto fu una peculiarità del mondo dell’associazionismo italiano. Come mi disse un giorno una grande attivista, forse l’esistenza di Anlaids in Italia (e l’attenzione che gli hanno dato i media) ha reso difficile la nascita di un vero movimento dal basso, generato e diretto dalle persone sieropositive. Il fatto che la principale associazione anti-Hiv italiana fosse principalmente una associazione di medici e scienziati aveva messo in secondo piano quello che in tanti altri paesi al mondo conquistava invece la ribalta: il protagonismo delle persone sieropositive che – anche mosse dalla disperazione della loro condizione per la quale in quegli anni non esisteva cura – scendevano nelle piazze e reclamavano la partecipazione alle decisioni riguardanti la loro salute.

In questi giorni viene ricordato come Aiuti sia stato anche un protagonista del contrasto alla discriminazione delle persone con Hiv. L’immagine di quel bacio con Rosaria Iardino rappresenta bene questa sua capacità. Mi chiedo se però non avesse ragione quell’attivista che sosteneva che il protagonismo dell’immunologo fondatore di Anlaids non avesse messo in ombra le persone sieropositive che cercavano di far sentire direttamente la propria voce. Sono convinto che, anche se così è stato, Aiuti abbia agito in perfetta buona fede. Come Moroni, anche lui era consapevole dell’importanza di lasciare spazio alle voci delle persone che vivevano con il virus. Loro, come Dianzani, Bassetti, Dalle Nogare e tanti altri clinici che non ci sono più, facevano parte di una generazione di medici che avevano scelto di occuparsi di Aids in un momento in cui i loro colleghi li consideravano dei pazzi: «ma come, non hai paura di infettarti?», chiedevano a chi prendeva la via del reparto di malattie infettive. Quella generazione di medici comprendeva l’importanza di occuparsi di questa infezione e, soprattutto, aveva ben chiaro quanto insieme alle questioni cliniche e sanitarie bisognasse occuparsi anche degli aspetti sociali, psicologici, esistenziali di chi viveva – e, in quegli anni, troppo spesso moriva – con il virus.

Non tutti quei medici saranno stati eccezionali nella loro capacità di empatia con il paziente. E non è il caso di santificare post-mortem chi in vita non ha avuto un comportamento sempre rispettabile. C’è però da riflettere sul cambio generazionale che è in corso: accanto alle figure di Aiuti, Moroni e gli altri che vengono compiante oggi, molti medici che si sono occupati di Hiv negli anni Novanta stanno andando in pensione. In altre parole, tra breve negli ambulatori e nei reparti di malattie infettive non ci saranno più professionisti sanitari che abbiano conosciuto la realtà dell’“era Aids”. Ma, soprattutto, forse i medici e scienziati che stanno prendendo il loro posto non hanno la stessa consapevolezza che avevano i loro predecessori della necessità di occuparsi delle persone con Hiv in maniera articolata, prendendo in considerazione anche gli aspetti sociali e psicologici di questa infezione che, purtroppo, non sono spariti. Vivere con Hiv oggi è ancora percepito da molti in una maniera non troppo diversa da quello che avveniva nel 1991. Ci sono ancora persone che credono che l’Hiv si prenda con un bacio e che quindi sarebbero scandalizzate come 21 anni fa dall’immagine delle labbra di Aiuti e Iardino unite appassionatamente. Persone che “scapperebbero a gambe levate” se scoprissero che la persona con cui stanno per fare sesso ha l’Hiv.

Se la scomparsa di Aiuti segna o almeno annuncia la fine di un’epoca, questo deve suonare come un segnale di chiamata per tutti noi, persone con Hiv e soprattutto noi che operiamo nelle associazioni. Sta a noi adesso ricordare a chi verrà dopo quei luminari che hanno segnato l’epoca passata l’importanza di ascoltare le nostre voci, di comprendere i nostri bisogni complessi, che vanno oltre la prescrizione delle terapie straordinariamente efficaci che abbiamo oggi a disposizione. Se ci accontenteremo di tenere il virus sotto controllo senza pretendere che cambi anche l’atteggiamento culturale che c’è nei confronti di questa infezione, non riusciremo mai a fermare la diffusione dell’Hiv. Perché, come dimostra l’attenzione mediatica per la scomparsa di Aiuti, ancora oggi l’Hiv non è solo un virus, non appartiene solo all’ambito delle malattie infettive, ma anche e soprattutto a quello della cultura di massa, al mondo dei mass media, all’immaginario collettivo nel quale si forma la nostra società. Ed è lì che va combattuto.

di Giulio Maria Corbelli, vice-presidente Plus onlus

Arcigay, Lila, Nadir, Mario Mieli e Plus Onlus hanno inviato una lettera alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin chiedendo a gran voce la PrEP (profilassi pre-esposizione contro l’hiv) anche in Italia.

“C’è bisogno di uno strumento in più per contrastare il diffondersi dell’hiv: la Profilassi Pre-Esposizione (PrEP). Ministra ci aiuti!” Questo il messaggio lanciato dalle associazioni di pazienti e dalle comunità colpite dall’infezione.

L’aggiornamento delle Linee guida italiane sul trattamento appena pubblicato sul sito del Ministero della Salute indica la PrEP come uno strumento “efficace per la prevenzione dell’infezione di HIV”. Il vicepresidente di Plus Onlus, Giulio Maria Corbelli, è membro del panel che ogni anno corregge le Linee guida alla luce dei passi avanti compiuti dalla ricerca e dei nuovi farmaci disponibili.

Il documento è scaricabile da qui: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2545_allegato.pdf

Il modello di riferimento per l’introduzione della PrEP è quello francese, che garantisce il rimborso integrale.

In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale della lotta all’Hiv-Aids, Plus ha svelato la campagna #fallocomevuoi – e scegli come proteggerti, la prima in Italia ad assegnare pari validità, nella prevenzione dell’hiv, a tre diversi strumenti: preservativo, TasP (trattamento come prevenzione) e PrEP. Per combattere hiv è infatti indispensabile disporre di molteplici opzioni (anche combinabili), affinché ciascuno possa scegliere la propria soluzione ideale.

Ecco il testo integrale della lettera:

PROFILASSI PRE ESPOSIZIONE IN HIV: LETTERA APERTA E PUBBLICA AL MINISTRO DELLA SALUTE

 

Beatrice Lorenzin
Ministra della Salute
Ministero della Salute
Lungotevere Ripa 1
00153 Roma

Roma, 30 novembre 2016

Signora Ministra, questa nostra per chiedere il Suo urgente intervento affinché anche l’Italia, come già accade in Francia, possa usufruire di uno strumento in più per contrastare il diffondersi dell’HIV: la Profilassi Pre-Esposizione (PrEP).

La situazione nel nostro paese è in stallo, perché l’azienda farmaceutica detentrice del brevetto non ha chiesto – alle autorità italiane – la rimborsabilità del farmaco per l’indicazione specifica preventiva data dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), e pare non avere alcuna intenzione di richiederla.

Esistendo anche farmaci equivalenti, a noi associazioni di pazienti e/o comunità colpite dall’infezione interessa che Lei, attraverso i suoi uffici e agenzie di diretta competenza che ben conoscono la questione, si faccia promotrice di trovare una soluzione.

Con circa 4000 nuove infezioni da HIV l’anno diagnosticate, solo politiche di prevenzione mirate e l’introduzione di nuove strategie di provata efficacia scientifica, ampiamente disponibili sul territorio e accessibili alle cittadine e ai cittadini italiani, possono essere la chiave per invertire un trend costante e abbassare drasticamente questi numeri.

 

RingraziandoLa
F.to I Presidenti

ARCIGAY – Flavio Romani
LILA – Massimo Oldrini
NADIR – Filippo Schloesser
CIRCOLO “MARIO MIELI” – Mario Colamarino
PLUS – Sandro Mattioli

 

Lettera alla ministra Lorenzin

Primo intervento del presidente di Plus in occasione dell’incontro “HIV oggi” al Cassero LGBT center, giovedì 26 maggio 2015. Temi: TasP e PrEP. Presenti anche Diego Scudiero della LILA e il dottor Vincenzo Colangeli del policlinico Sant’Orsola.

Intervento conclusivo del presidente di Plus in occasione dell’incontro “HIV oggi” al Cassero LGBT center, giovedì 26 maggio 2015. Tema: vivere con HIV. Presenti anche Diego Scudiero della LILA e il dottor Vincenzo Colangeli del policlinico Sant’Orsola.

ICAR2014_bannerLa VIa Conferenza italiana Aids, si è tenuta a Roma dal 25 al 27 maggio. Ha visto una partecipazione di oltre 1000 persone fra relatori e iscritti; 309 sono state le scholarship di cui ben 81 hanno consentito alla community di partecipare.

Con piacere ne do un giudizio complessivamente positivo, non solo per gli interventi interessanti che si sono susseguiti, anche per la consistente partecipazione della comunità dei pazienti. Quest’anno, infatti, siamo stati coinvolti a presiedere sessioni, incluso chi scrive, nella presentazione di progetti e ricerche, ecc. In altre parole, non siamo stati relegati nella riserva indiana come gli altri anni, ma la nostra collaborazione è stata cercata (ed ottenuta) a 360°. Mi IMG_1763sembra un passo in avanti molto importante.

Anche sul piano degli interventi, almeno per quelli che ho seguito io, la qualità è stata ottima e le informazioni molto interessanti. In particolare ho seguito gli aspetti relativi alla prevenzione e gli aspetti sociali, non da oggi infatti, penso che senza una adeguata attenzione ai temi sociali afferenti ad Hiv, difficilmente sconfiggeremo il virus, tanto meno riusciremo ad invertire la tendenza che vede un incremento nelle diagnosi in particolare proprio fra gli MSM (cfr http://www.iss.it/ccoa). Penso, primo luogo, alla discriminazione e allo stigma a cui le persone con hiv sono soggette fin dalla comparsa del virus. Doppio stigma, nel caso MSM-HIV+. Cosa di cui una parte della community presente ad Icar, stante quello che ho ascoltato durante una lecture, non sembra rendersi conto con buona pace dei dati pubblicati dal COA. Evidentemente abbiamo percezioni diverse.

Un tema, quello della stigma, che è stato ben trattato anche dalla nostra associazione, ha promosso la campagna “Se mi conosci, mi eviti?”, e che ha collaborato alla ricerca “Pratiche Positive” presentatPoster 131_Plus_ICAR2014a in Icar dal Responsabile Salute di Arcigay, Michele Breveglieri. Pratiche Positive ha dato risultati davvero interessanti soprattutto se si pensa che ha trattato il tema della discriminazione, subita o percepita, all’interno delle strutture socio-sanitarie. In particolare, è emersa l’enorme difficoltà che le persone HIV+ hanno nel dichiarare il proprio stato in ambito sanitario, soprattutto al dentista, o al proprio medico curante.

Ottime le presentazioni tenute da Giulio Maria Corbelli del Direttivo di Plus sul tema del test. Abbiamo infatti presentato in Icar sia una ricerca relativa a come, in che tempi e modalità le persone vorrebbero fare il test, sia una ricerca sui dati raccolti con la Testing Week. Dalla prima è emerso un dato davvero strano: una parte consistente dei rispondenti vorrebbe l’home testing ossia fare il test a casa propria. Cosa francamente non accettabile allo stato delle cose in Italia, appunto per il problema dello stigma. Senza un couselling adeguato è del tutto evidente che lo stigma resterebbe chiuso nelle case, insieme all’esito dell’home testing. Per non parlare della assenza totale di link to care.

Una buona valutazione è stata ottenuta anche dal test presso associazioni o fuori dal contesto ospedaliero. Le risposte raccolte con il nostro piccolo studio, ci portano a concludere che è urgenteIMG_1766 un cambiamento nelle strategie di testing in Italia, al fine di garantire un miglior accesso al servizio, la lunga attesa per i risultati e la burocrazia sanitaria rappresentano un ostacolo all’esecuzione del test. Fermo restando l’ottimo lavoro che svolgono gli ospedali italiani, i dati relativi alla late presentation dimostrano che quel lavoro non è sufficiente e che l’aiuto delle associazioni, in termini di sussidiarietà orizzontale, è decisamente auspicabile al fine di ampliare l’offerta del test con azioni meglio mirate alle popolazioni più colpite, seguendo l’esempio di quanto viene fatto in Europa ormai da anni.

Un primo passo nella direzione giusta ci è stato rappresentato da Corbelli, con la relazione sui risultati della testing week, effettuata anche da Plus l’ultima settimana dello scorso novembre.

Un solo dato: il 50% dei partecipanti, non aveva mai fatto un test per hiv.

È naturale chiederci quanto lo stigma incida nella scarsa frequenza con la quale ci testiamo, sia per hiv che per altre infezioni o malattie. La relazione del dott. Palefsky su HPV e cancro anale nella popolazione HIV+, è stata illuminante in tal senso. Rilancio il consiglio del medico Californiano: tutte le persone con HIV facciano un test rettale una volta all’anno; il consiglio vale anche per tutti gli MSM anche se siero negativi, stante che lo studio NA-Accord attribuisce agli msm una incidenza spaventosa.

Icar2014CerioliLargo spazio ha avuto anche l’infezione da HCV, come è giusto che sia stante l’elevata incidenza del virus dell’epatite C fra le persone sieropositive. Ma anche, curiosamente, l’epatite B. L’allarme è stato lanciato da Massimo Puoti: “è inaccettabile avere tante persone con HIV che prendono l’epatite B, dovremmo riuscire a vaccinare contro HBV tutte le persone sieropositive”.

Verissimo. Abbiamo il vaccino per l’epatite B eppure l’infezione gode di ottima salute. Questo dovrebbe farci sorgere un dubbio sulla gestione solo sanitaria e ben poco sociale delle infezioni a trasmissione sessuale, come le epatiti o l’HIV.

A mio avviso è stata molto interessante la presentazione della dott.ssa Pharris dell’ECDC, durante il simposio dall’eloquente titolo “The silent epidemic”. Buona parte dei dati del Centro europeo hanno, guarda caso, riguardato gli msm. Per il centro di controllo europeo, gli msm continuano ad essere un gruppo a rischio col il maggior numero di casi di HIV, seguito a ruota dai migranti. ECDC chiede di indirizzare verso questi gruppi azioni di prevenzione e di contrasto del virus. Ho la sensazione che nella pratica quotidiana, in Italia i migranti siano socialmente più accettabili degli msm.

Alessandra Cerioli, Presidente nazionale di Lila, è stata convinta a tenere un intervento sulla Tasp, terapia come prevenzione. È stato citato lo studio Partner, condotto su 1100 coppie sierodiscordanti di cui il 40% gay, che sta valutando le probabilità per una persona HIV+ con viral load undetectable di passare l’infezione. Per correttezza va detto che i dati finali dello studio arriveranno nel 2017, tuttavia è interessante che l’opinione dei curatori ad oggi sia che la stima più attendibile sia zero possibilità.

Il nostro opuscolo “Sesso gay positivo”, ha ricevuto la benedizione di Alessandra che ha inserito la IMG_1786copertina in una slide della sua presentazione sulla Tasp, come esempio di best practice. Elogiando la chiarezza delle informazioni sul tema esposte nell’opuscolo.

Rispetto al tema prevenzione, la parte del leone l’ha fatta l’ISS grazie a Barbara Ensoli che ha presentato i dati della fase due del vaccino anti TAT. Fase due open label chiusa in Italia, e in corso, ma prossima alla chiusura, in Sud Africa come studio randomizzato. I dati portati dallo staff della Ensoli, sia nelle comunicazioni orali che nel simposio, sono stati incoraggianti e ben esposti. Nel prossimo luglio si chiuderà la ricerca di fase due in Sud Africa finanziata dal Ministero degli Esteri e vedremo se questi dati italiani, saranno confermati anche dal randomizzato africano.

Siamo parlando di vaccino terapeutico, inoculato in persone con hiv stabilmente in terapia. A tre anni di osservazione, quello che appare sembra andare oltre le capacità di ricostituzione del sistema immune ottenibili con le terapie. Infatti gli inoculati hanno avuto una crescita qualitativa dei CD4 molto interessante, in termini di central memory. I dati mostrano inoltre l’abbattimento dei CD8 +term, più consistente dal secondo anno, che portano alla fine dell’attivazione del sistema immune causata da hiv; mostrano inoltre un crollo verticale del DNA provirale a 144 settimane, più consistente nei regimi art con PI, ma importante anche negli nnrti/nrti. Ovviamente sarebbe interessante uno studio di follow up per valutare quanto resiste l’immunizzazione, se il decremento dei IMG_1777reservoir viene confermato, ecc.

Step successivi saranno lo studio di fase III e la registrazione che si vorrebbe raggiungere entro il 2018, sempre che si trovino i fondi, stimati in 40 milioni di euro, necessari a completare la ricerca. Questo è il motivo per cui è stata creata una società a capitale misto con lo scopo di trovare i fondi ne chiudere la ricerca. Una procedura seguita da tutte gli enti che al momento stanno studiando vaccini contro hiv.

Né durante il simposio, né durante le letture ho visto traccia delle polemiche e del fango comparso in giro in queste ultime settimane. Non posso fare a meno di chiedermi nuovamente, a chi fa gioco far partire la macchina del fango ogni volta che la Ensoli riesce a chiudere una fase e riparte con la ricerca dei fondi per la successiva e anche perché tali contestazioni non sono state portate o replicate nella sede più opportuna: Icar.IMG_1761

Da ultimo ma non meno importante, voglio citare l’impegno dei volontari di Plus (Stefano Pieralli, Giulio Maria Corbelli, Michele Degli Esposti, Paolo Gorgoni, Jonathan Mastellari), che hanno allestito un bellissimo banchetto per promuovere la nostra associazione, hanno distribuito numerose copie dell’opuscolo “Sesso gay positivo”, suscitando molto interesse nella platea della conferenza, sia fra la community che fra i sanitari, dato informazioni e preso contatti importanti.

In futuro, spero sarà possibile estendere anche ad altri volontari la possibilità di fare questa esperienza, così da incrementare il numero della community presente ad Icar.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente