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Daniele e Roberto Milano Checkpoint

Ebbene si: ho barato. C’è ancora un pezzo di relazione che mancava e riguarda i poster, ossia quegli studi i cui abstract sono stati accettati e pubblicati in forma di cartelloni nella sede della conferenza, un enorme salone dedicato agli abstract. Naturalmente erano oltre 1000 gli studi pubblicati, io ne ho selezionati solo alcuni. I poster sono linkati, se cliccate è possibile vederli in un formato sostenibile.

Incomincio con i nostri colleghi/”rivali” del Checkpoint di Milano, che sono bravi a valorizzare i dati che raccolgono. CROI ha accettato il loro lavoro: Mpox: Sexual behavior reduction do not explain decreased Mpox incidence among prep users. In sintesi i milanesi hanno notato che i ragazzi in PrEP che seguono, non hanno minimamente cambiato le abitudini sessuali durante l’epidemia di Mpox e non si spiegano come mai i casi siano calati. Ricordo che il cluster milanese da solo copriva il 50% dei casi nazionali. Non è spiegabile con vaccino che è arrivato tardi rispetto ai tempi della statistica, tantomeno con la lentezza con cui il vaiolo delle scimmie replica, perché secondo il dott. Rossotti (il secondo da sinistra nella foto) sostiene che i dati clinici in suo possesso mostrano un’accelerazione nell’incubazione scesa a 3 giorni. Volendo cavarcela con una battuta, anche perché con i dati attuali non ci sono spiegazioni scientifiche, forse mpox non è riuscito a tenere il ritmo degli MSM di Milano.

Lo studio Burden of coronary disease in transgender women with and without HIV invece, ipotizza una relazione fra la terapia ormonale in donne trans e problemi cardiovascolari. Non è tanto per lo studio in sé che non è di particolare peso, ma per il fatto che finalmente qualcuno pubblica studi sulle persone trans.

Lo studio olandese Sexual behavior and sti incidence during the first 4 years of prep use among MSM, riporta alcune considerazioni sugli MSM in PrEP. Durante i primi 4 anni di utilizzo della PrEP, l’incidenza complessiva di IST è stata elevata e stabile. L’incidenza di clamidia e gonorrea è leggermente diminuita negli utenti daily ma, al di la di questo la linea di tendenza vede un incremento di casi di IST per poi stabilizzarsi. I test regolari e il trattamento delle IST rimangono una priorità tra gli utenti in PrEP. La prevenzione biomedica delle malattie sessualmente trasmissibili può essere esaminata in questo contesto.

Il simpatico studio PEP-in-pocket (PIP): long-term follow-up of on demand HIV post-exposure prophylaxis probabilmente farebbe venire un ictus agli infettivologi restii a concedere al PrEP (soprattutto ai gay). La PIP, in italiano sarebbe PEP in tasca, si rivolge a persone che hanno un alto rischio di contagio ma non molto spesso. La PIP consiste nel fornire a queste persone 4 settimane complete di PEP, il counselling perché abbiano chiaro quando iniziare il trattamento e dove recarsi in caso di bisogno. Le conclusioni vanno oltre proponendo la PIP il passaggio da PIP a PrEP in base all’evoluzione del rischio delle persone. Inoltre, è suggerito di includere la PIP, insieme a PEP e PrEP, nelle opzioni biomediche di prevenzione dell’HIV per gli individui HIV-negativi a rischio di infezione.

Vi ho già parlato dello studio Slowing or reversal of decay of intact proviruses over 2 decades of suppressive ART, ossia che i reservoir decadono lentamente anche dopo 20 anni di soppressione virale. Questo è uno dei motivi per cui la cura è ben lontana dall’essere trovata. Per la vostra gioia aggiunto lo studio Persistance of inducible replication-competent hiv-1 after long-term art che in sostanza giunge alla stessa conclusione.

Lo studio Risk factors for 5-year mortality in people with hiv after cancer diagnosis, che in sintesi stima in 5 anni la sopravvivenza media delle persone con HIV dopo la diagnosi di cancro, ovviamente in Nord America dove forse il sistema sanitario ha consistenti spazi di miglioramento.

Sandro Mattioli
Plus aps

Dopo HIV, HAV, meningite e morbillo è l’ora del vaiolo.

Grindr, ha inviato a tutti i suoi utenti un messaggio di informazione e prevenzione sul “vaiolo delle scimmie” che è recentemente arrivato in Europa e anche in Italia. Grindr rimanda al comunicato del European Center for Disease Control (ECDC) che ci informa sul numero dei casi di vaiolo – ancora pochi in effetti – e del fatto che la maggioranza dei casi si è avuta fra Maschi che fanno Sesso con Maschi (MSM). Inoltre, l’ECDC raccomanda senza mezzi termini che gli MSM che fanno sesso occasionale o che hanno molti partner sessuali devono essere vigili. Salvo poi “rimediare” scrivendo che “Individuals engaging in casual sex or who have multiple sexual partners who are not MSM should also be vigilant.” Quindi tutti coloro che hanno rapporti con più partner sessuali, non solo MSM, devono essere vigili.

Tuttavia la segnalazione è arrivata forte e chiara e i soliti stronzi omofobi di casa nostra non si sono persi l’occasione per attaccare la nostra comunità. Purtroppo la “comunità” sembra rispondere con richieste di divieti e negazioni come già avvenne anni fa con HIV.

Va da sé che un virus non ha la volontà politica di colpire solo i gay e infatti niente collega direttamente il virus del vaiolo ai gay, tanto è vero che gli omofobi scrivono le usuali idiozie ideologiche prive di qualunque reale base scientifica.

Detto questo, il messaggio di ECDC centra il punto: le persone che fanno sesso con più partner devono essere un po’ più vigili di altre per via della più ampia possibilità di esposizione al rischio. Quindi il tema sta nella esposizione al rischio e nella epidemiologia, non nell’orientamento sessuale.

Questo concretamente cosa significa? Forse che noi gay facciamo più spesso sesso occasionale o di gruppo? Ovviamente non lo so, ma se dobbiamo dar retta allo studio di Chris Bayer pubblicato su The Lancet, noi abbiamo una vulnerabilità biologica legata ai comportamenti, così come una vulnerabilità relazionale dovuta alla dimensione e alla densità dei network di incontri. Bayer si riferiva alla consistente presenza di HIV nella comunità MSM, ma credo che il ragionamento si possa estendere anche al vaiolo delle scimmie, anche se è presto per definirlo una infezione a trasmissione sessuale. Anche gli etero fanno sesso di gruppo? Sicuramente si, ma io mi occupo di salute sessuale nella MSM community per cui non mi interessa ciò che fanno gli eterosessuali a letto o sulla lavatrice, ma ci tengo a tenere il più possibile sana la mia comunità in una logica di riduzione del rischio in assenza di giudizio, che è poi il lavoro che facciamo tutti i giorni in Plus.

Come si prende vaiolo delle scimmie?

La circolare del Ministero della Salute ci informa che “la trasmissione interumana avviene attraverso il contatto stretto con materiale infetto proveniente dalle lesioni cutanee di una persona infetta, nonché attraverso droplet in caso di contatto prolungato faccia a faccia e attraverso fomiti”. Con quest’ultima parola, decisamente desueta, credo si faccia riferimento agli oggetti inanimati che se contaminati da agenti patogeni, possono passare l’infezione a un nuovo ospite. In altre parole pure le mutande del partner posso essere fonte di contagio. “Inoltre – prosegue la circolare – il virus può essere trasmesso per contatto diretto con i fluidi corporei di una persona infetta, il contatto di mucose o cute non intatta con lesioni esantematiche aperte…”.

Ci risiamo. Torniamo alla formula del contatto coi fluidi corporei già usato per HIV.

Lo ammetto: che cosa voglia dire il contatto coi fluidi corporei non l’ho mai capito e anche questa volta non so che significhi. Se tocco con le dita il sudore di un partner infetto mi contagio? Se tocco l’urina o gli metto un dito nel culo, mi contagio? O, come già per HIV, si intende ricevere sperma nel retto… alla faccia del contatto?

Se non altro la circolare è più chiara quando parla di mucose o pelle lesionata che vengono a contatto con le vescicole o le ulcerazioni tipiche del vaiolo, esse stesse fonte di contagio.

In realtà, più fonti mediche sostengono che è presto per parlare di infezione a trasmissione sessuale, ma è chiaro che prima della penetrazione esistono numerosi “giochi erotici” che vengono posti in essere per far “salire la pressione” – a partire dal petting – che possono essere essi stessi fonte di contagio in caso di presenza delle lesioni a cui accenna la circolare.

Dunque essere vigili. Come si possa essere vigili in una dark o un durante un’orgia dove ovviamente gli ormoni tendono a prevalere sui neuroni, non so dire, ma è necessario tenere gli occhi aperti ragazzi, anche perché se il periodo di incubazione del virus è mediamente di una settimana e può arrivare a tre settimane, secondo una nota della Santé Publique France, la persona infetta non è contagiosa finché non compaiono i sintomi. Per cui vigili, ma non paranoici.

Cosa c’entra la comunità gay in questa storia?

Niente.
Niente collega specificamente il vaiolo delle scimmie al sesso tra uomini. D’altra parte, avere più partner è un fattore di esposizione, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Un primo rapporto di valutazione del rischio nell’Unione Europea, pubblicato lunedì 23 maggio, stima quindi che il rischio di contagio sia “molto basso” nella popolazione generale, ma diventa “alto” una volta che abbiamo diversi partner sessuali.

È così che alcuni “cluster” sono stati collegati ai network sessuali gay. In Belgio si parla di tre casi legati a Darklands, festival fetish che si è tenuto ad Anversa dal 5 all’8 maggio. In Spagna, il responsabile della sanità regionale di Madrid ha dichiarato 23 casi in gran parte convergenti su una sauna cittadina poi chiusa. Lo stesso responsabile ha riferito di un altro legame tra le persone contagiate e il Pride organizzato nelle Isole Canarie dal 5 al 15 maggio, che ha riunito circa 80.000 persone. Il Ministero della Salute di Israele ha già espresso preoccupazione per il Pride di Tel Aviv che il 10 giugno riunirà svariate migliaia di persone, un evento che potenzialmente potrebbe contribuire a diffondere questo virus proprio per lo stretto contatto di decine di migliaia di persone che sicuramente non faranno una mega orgia, ma altrettanto sicuramente si baceranno, struscieranno, abbracceranno, staranno gli uni vicini agli altri come è avvenuto in Gran Canaria. Già questo pare essere in qualche caso sufficiente a trasmettere il virus.

“Sappiamo che il vaiolo delle scimmie può essere diffuso attraverso uno stretto contatto con le lesioni di una persona infetta e sembra che il contatto sessuale abbia ora amplificato questa trasmissione”, dichiara David Heymann, dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), a Reuters. In altre parole, è probabile che qualcuno sia stato infettato, abbia sviluppato lesioni sui genitali, sulle mani o altrove, e poi lo abbia trasmesso ad altri attraverso i rapporti sessuali, da intendersi in senso ampio non solo la penetrazione.

Insomma, come è già avvenuto per altre epidemie, ovviamente HIV ma anche meningite o morbillo, gli MSM tendono ad essere più esposti rispetto alla popolazione generale a causa di un numero di partner sessuali in media maggiore rispetto alla popolazione generale, quantificato in cluster specifici.

Attenzione all’omofobia!

Al netto delle considerazioni di ordine epidemiologico che restano valide per la comunicazione interna alla comunità e per le contromisure di prevenzione, attenzione alle tirate omofobiche che anche in Italia si stanno già diffondendo a partire dalla ineffabile De Mari che, non paga di aver perso una causa e subito una sospensione dall’ordine, insiste con i suoi articoletti tesi a diffondere analogie improprie e generalizzazioni ideologiche di orientamento omofobico. Ma, senza perdere tempo con le mosche con la tosse, vale la pena citare UNAIDS che insiste sul fatto che, oltre ad essere inaccettabili di per sé, le posizioni omofobiche sul vaiolo delle scimmie ostacolano la lotta contro la diffusione del virus. “Lo stigma e la colpevolizzazione minano la fiducia e la capacità di rispondere efficacemente a focolai come questo”, ha affermato il vicedirettore Matthew Kavanagh. Con la sua lunga esperienza nella lotta all’AIDS, l’organizzazione sa che i cliché razzisti o omofobici “creano un circolo vizioso di timori, che spinge le persone a evitare i centri sanitari, che limita la portata degli sforzi per identificare i casi di infezione e incoraggia misure punitive inefficaci”.
Non dobbiamo esitare a combattere queste impostazioni.

Quali raccomandazioni contro il vaiolo delle scimmie?

In caso di dubbi indossa una mascherina e vai dal medico – che è decisamente meglio di Google – e segui le sue indicazioni.

Sandro Mattioli
Plus aps

Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale rivolto a MSM che vivono con HIV.

Nel 2019 Plus Onlus propone una nuova edizione di HIVoices, il laboratorio di formazione alla persona che ha già visto la partecipazione di 170 uomini omo-bisessuali HIV+ nelle precedenti nove edizioni.

Che cos’è HIVoices?

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV, omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Non è un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con Sé e con l’Altro; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per accrescere la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con persone differenti, ma simili; un tempo nel quale non-nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Hivoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare rispetto ad una piena affermazione di sé.

Perché partecipare ad HIVoices?

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile. Anche all’interno della realtà lgbtq: sui social network, nei locali, nei luoghi di incontro sessuale, nelle associazioni. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.

Dire (o non dire) di essere sieropositivo non è come dire di essere omo-bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out rispetto al proprio orientamento sessuale non serve nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività. La paura di essere accettati e visibili in quanto persona dotata di un orientamento sessuale altro si somma alla paura di essere discriminatoin quanto persona sieropositiva.

Ma attenzione: se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, pur essendo sieropositivo e facendo sesso con altri uomini, non accetta la propria omo-bisessualità.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti.

È così che nasce HIVoices: un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto persone che vivono con HIV.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è; in un luogo accogliente e ‘protetto’, che offra ai partecipanti la certezza che la propria privacy e riservatezza saranno tutelate.

Vuoi saperne di più?

Leggi le esperienze di chi ci è stato prima: le trovi qui.


HIVoices 10
QUANDO: venerdì 11, sabato 12 e domenica 13 ottobre 2019
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali in provincia di Viterbo.
COSTO: 50 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 21 settembre 2019
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale

rivolto a MSM che vivono con HIV

Nel 2019 Plus Onlus propone una nuova edizione di HIVoices, il laboratorio di formazione alla persona che ha già visto la partecipazione di 150 uomini omo-bisessuali HIV+ nelle precedenti sette edizioni.

Che cos’è HIVoices?

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV, omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Non è un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con Sé e con l’Altro; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per accrescere la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con persone differenti, ma simili; un tempo nel quale non-nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Hivoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare rispetto ad una piena affermazione di sé.

Perché partecipare ad HIVoices?

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile. Anche all’interno della realtà lgbtq: sui social network, nei locali, nei luoghi di incontro sessuale, nelle associazioni. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.

Dire (o non dire) di essere sieropositivo non è come dire di essere omo-bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out rispetto al proprio orientamento sessuale non serve nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività. La paura di essere accettati e visibili in quanto persona dotata di un orientamento sessuale altro si somma alla paura di essere discriminatoin quanto persona sieropositiva.

Ma attenzione: se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, pur essendo sieropositivo e facendo sesso con altri uomini, non accetta la propria omo-bisessualità.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti.

È così che nasce HIVoices: un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto persone che vivono con HIV.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è; in un luogo accogliente e ‘protetto’, che offra ai partecipanti la certezza che la propria privacy e riservatezza saranno tutelate.

HIVoices 9

QUANDO: venerdì 12, sabato 13 e domenica 14 aprile 2019

DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino romagnolo

COSTO: 50 € a testa.

SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 31 marzo 2019

INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

Nel 2017 Plus Onlus propone 2 nuove edizioni di HIVoices, che ha già visto la partecipazione di 101 uomini omo-bisessuali HIV+ nelle cinque precedenti edizioni.

Che cos’è HIVoices?
HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Non è un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con Sé e con l’Altro; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per accrescere la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con persone differenti, ma simili; un tempo nel quale non-nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Hivoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare rispetto ad una piena affermazione di sé.

Perché partecipare ad HIVoices?
Essere omo/bisessuali con HIV è difficile. Anche all’interno della realtà lgbtq: nei locali, nei luoghi di incontro sessuale, nelle associazioni, sui social network. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.

Dire (o non dire) di essere sieropositivo non è come dire di essere omo-bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out del proprio orientamento sessuale non serve nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività. La paura di essere accettati e visibili in quanto persona dotata di un orientamento sessuale altro si somma alla paura di essere discriminato in quanto persona sieropositiva.

Ma attenzione: se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, essendo sieropositivo e facendo sesso con altri uomini, non accetta la propria omo-bisessualità.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti.

È così che nasce HIVoices: un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto persone che vivono con HIV.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è; in un luogo accogliente e ‘protetto’, che offra ai partecipanti la certezza che la propria privacy e riservatezza saranno tutelate.

HIVoices 7
QUANDO: venerdì 26 maggio, sabato 27 e domenica 28 maggio 2017.
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino romagnolo.
COSTO: 30 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 14 maggio 2017.
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale della lotta all’Hiv-Aids, Plus Onlus lancia una nuova campagna. La prima in Italia ad assegnare pari dignità e pari validità, nell’ambito della prevenzione, a tre diversi strumenti: il preservativo, la TasP e la PrEP. Non a caso, lo slogan è proprio #fallocomevuoi. La scelta c’è, sta alla persona individuare la strategia che preferisce.

Al preservativo, che non ha certo bisogno di presentazioni e funge da argine contro un’ampia gamma di infezioni sessualmente trasmissibili compresa l’hiv, si affiancano altri due sistemi la cui validità nella prevenzione del virus dell’immunodeficienza umana è ormai scientificamente provata:

• la TasP, cioè il trattamento come prevenzione già affrontato dalla campagna Positivo ma non infettivo che Plus ha ideato in occasione del Gay Pride 2015. Una persona sieropositiva “undetectable” da almeno sei mesi e che prende regolarmente la terapia antiretrovirale secondo le indicazioni del medico è da considerarsi non contagiosa. Undetectable significa con viremia non rilevabile, ovvero con una quantità di hiv nel sangue così bassa da risultare trascurabile.

• la PrEP, profilassi pre-esposizione con due principi attivi: il tenofovir disoproxil fumarato e l’emtricitabina. Studi come PROUD e Ipergay hanno dimostrato come l’assunzione della PrEP impedisce al virus dell’hiv di fare breccia. La PrEP è stata di recente approvata in ambito UE, ma tocca ai singoli Stati, di concerto con Gilead, regolarne l’introduzione e l’eventuale rimborso.

Con #fallocomevuoi, Plus dice chiaro e tondo che la prevenzione ha molte facce. E auspica anche in Italia una mobilitazione che parta dalla comunità LGBT – e in particolare gay e MSM, i gruppi più colpiti – per chiedere a gran voce l’approvazione della PrEP, affinché sia accessibile per tutti coloro che ne hanno bisogno.

#fallocomevuoi

Chemsex-Foto di GruppoLa terapia antiretrovirale efficace compie 20 anni.
20 anni di fatica, di sperimentazione sui corpi delle persone sieropositive, sui nostri corpi, di modificazioni genetiche, di lipodistrofia, di atrofia, di depressione, di idea di morte che ci accompagna da sempre.
Oggi, lo possiamo dire con fierezza, il panorama è cambiato grazie all’impegno delle persone che vivono con HIV.
Oggi abbiamo farmaci potenti ed efficaci, generalmente ben tollerati. Oggi possiamo e dobbiamo ambire a una vita sana e normale, com’è il caso per molti altri malanni cronici.
Quello che manca in Italia è una comunità vera, solidale, in grado di lottare senza vergogna contro lo stigma e la discriminazione, in particolare nei confronti delle persone omosessuali, che è uno degli strumenti più potenti che HIV usa per diffondersi.
Sono anni che il Centro Operativo Aids (C.O.A.) dell’Istituto Superiore di Sanità, segnala un Prep Franceincremento delle nuove diagnosi fra gli MsM (Maschi che fanno sesso con Maschi). Appelli che cadono invariabilmente nel vuoto istituzionale e, spesso, anche associativo.

L’omofobia non si ferma neppure davanti a un tema di salute pubblica. Non abbiamo una politica di prevenzione nazionale, ma neppure regionale, tesa a ridurre il numero dei nuovi casi, a intaccare quello zoccolo duro di alcune migliaia di diagnosi all’anno che non accenna a diminuire.

L’atteggiamento omofobo e provinciale con cui l’Italia, diversamente dalla Francia per esempio, prende in esame la PrEP (Profilassi pre Esposizione), è l’ennesimo esempio dell’arsura intellettuale che dimora in questo Paese. Non è con l’ideologia che si vince contro HIV, ma con tutti gli strumenti a nostra disposizione, strumenti che dobbiamo ottenere e pretendere.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

Venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 giugno 2016

Plus Onlus propone

Hivoices HIVoices – Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale

rivolto a MSM che vivono con HIV.
Giunta alla sua quinta edizione, HIVoices ha già visto la partecipazione di 84 uomini omo-bisessuali HIV+.

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile, anche all’interno della realtà lgbtq: nei locali, nei luoghi di incontro sessuale, nelle associazioni, sui social network. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”.
Dire (o non dire) di essere sieropositivo non è come dire di essere omo-bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out del proprio orientamento sessuale non torna utile nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività. La paura di essere accettati e visibili in quanto persona dotata di un orientamento sessuale altro che si somma alla paura di essere discriminato in quanto persona sieropositiva.

Ma attenzione: se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, essendo sieropositivo e facendo sesso con uomini, non accetta la propria omo-bisessualità, neppure arriva a chiamarla con questo nome.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti. È così che è nato HIVoices, un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto sieropositivi.

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato NON per ‘convincere’ a fare coming out rispetto al proprio stato sierologico positivo, ma piuttosto come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Non è un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con sé e con l’Altro; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per migliorare la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con persone differenti, ma simili; un tempo in cui non nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è.

Hivoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare nella piena affermazione di sé.

Abbiamo pensato ad una struttura residenziale, un luogo accogliente e ‘protetto’. Ai partecipanti offriamo quindi la certezza che la loro privacy sarà tutelata.

 

QUANDO: venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 giugno 2016.
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino romagnolo.
COSTO: 30 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 4 giugno 2016.
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

iniziativa realizzata con il supporto con condizionato di ViiV healthcare

Sandro Mattioli
Plus Onlus

Venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 aprile 2016

Plus Onlus realizza

HIVoices – Laboratorio residenziale su sieropositività e identità sessuale

rivolto a MSM che vivono con HIV

Essere omo/bisessuali con HIV è difficile, anche all’interno della realtà lgbtq: nei locali, nei luoghi Hivoicesdi incontro sessuale, nelle associazioni, sui social network. “Perché se lo dico, poi non scopo più!”. “Perché se lo dico, poi mi trattano in modo diverso”. “Perché se lo dico, poi mi guardano come se fossi un untore”.

Dire o non dire di essere sieropositivo non è come dire di avere l’influenza. Dire o non dire di essere sieropositivo non è neppure come dire di essere omosessuale o bisessuale. Anzi, spesso, tutta la ‘fatica’ fatta nel coming out, il lungo percorso di negoziazione con sé e con gli altri rispetto al proprio orientamento sessuale, non torna utile nel processo di accettazione e comunicazione della propria sieropositività.

La paura di essere accettati e visibili in quanto persone dotate di un orientamento sessuale altro da una società a maggioranza eterosessuale, machista, sessista, che si somma alla paura di essere discriminati – dentro e fuori la comunità lgbtq – in quanto persone sieropositive.

Se, come, quando e a chi comunicare la propria sieropositività è una scelta individuale. C’è chi (al momento opportuno) lo dice a tutt* e ne fa una bandiera di visibilità; c’è chi invece non lo dice neppure alle persone più care; c’è chi è attivista lgbtq senza dichiarare la propria sieropositività; e c’è chi, essendo sieropositivo e facendo sesso con uomini, non accetta la propria omosessualità, neppure arriva a chiamarla con questo nome.

Un ventaglio di possibilità molto ampie; una pluralità di voci differenti. Per questo è nato HIVoices, un laboratorio originale ed atipico nel panorama lgbtq, nel quale i partecipanti possano sentirsi accolti, sia in quanto uomini-che-fanno-sesso-con-altri-uomini, sia in quanto sieropositivi.

HIVoices è un laboratorio intensivo, rivolto ESCLUSIVAMENTE a persone che vivono con HIV omosessuali, bisessuali e MsM (maschi che fanno sesso con maschi), pensato NON per ‘convincere’ aplus_logo fare ‘coming out’ rispetto al proprio stato sierologico positivo, ma piuttosto come un’esperienza per poter vivere meglio e in maniera più consapevole la propria identità di persona omo/bisessuale che vive con HIV.

Non si tratta di terapia di gruppo. Non è un gruppo di auto-aiuto. Né tanto meno un gruppo gay di amanti della natura.

HIVoices è un percorso di sperimentazione nella relazione con sé e con l’Altro, sul rapporto fra identità sessuale e sieropositività; un’occasione di crescita individuale nel gruppo-di-pari, per migliorare la propria autostima, accettazione e consapevolezza emotiva. Un luogo in cui ritrovarsi con una pluralità di persone differenti, ma simili; un tempo in cui non nascondere la propria identità di uomo sieropositivo dotato di un orientamento sessuale altro.

Il gruppo come potente cassa di risonanza, per meglio comprendere ciò che si sa, si fa e si sente – ovvero di ciò che si è.

Abbiamo pensato ad una struttura residenziale, un luogo accogliente e ‘protetto’, tanto rispetto al ‘mondo eterosessuale’, quanto alla comunità lgbtq. Ai partecipanti offriamo quindi la certezza che la loro privacy sarà tutelata.

HIVoices è un percorso formativo costruito attorno al concetto di auto-apprendimento, attraverso attività strutturate e semi-strutturate secondo metodologie di educazione non-formale. Un’occasione per acquisire strumenti per ‘inventare il proprio benessere‘ e valorizzare le proprie capacità individuali, in particolare nella piena affermazione di sé.

Giunta alla sua quarta edizione, HIVoices ha già visto negli anni passati la partecipazione di 66 MSM HIV+.

QUANDO: venerdì 15, sabato 16 e domenica 17 aprile 2016.
DOVE: in una struttura attrezzata per gruppi residenziali sull’Appennino bolognese.
COSTO: 20 € a testa.
SCADENZA ISCRIZIONI: è possibile iscriversi fino a domenica 10 aprile 2016.
INFO ED ISCRIZIONI: info@plus-onlus.it

iniziativa realizzata con il supporto con condizionato di ViiV healthcare

ICAR2014_bannerLa VIa Conferenza italiana Aids, si è tenuta a Roma dal 25 al 27 maggio. Ha visto una partecipazione di oltre 1000 persone fra relatori e iscritti; 309 sono state le scholarship di cui ben 81 hanno consentito alla community di partecipare.

Con piacere ne do un giudizio complessivamente positivo, non solo per gli interventi interessanti che si sono susseguiti, anche per la consistente partecipazione della comunità dei pazienti. Quest’anno, infatti, siamo stati coinvolti a presiedere sessioni, incluso chi scrive, nella presentazione di progetti e ricerche, ecc. In altre parole, non siamo stati relegati nella riserva indiana come gli altri anni, ma la nostra collaborazione è stata cercata (ed ottenuta) a 360°. Mi IMG_1763sembra un passo in avanti molto importante.

Anche sul piano degli interventi, almeno per quelli che ho seguito io, la qualità è stata ottima e le informazioni molto interessanti. In particolare ho seguito gli aspetti relativi alla prevenzione e gli aspetti sociali, non da oggi infatti, penso che senza una adeguata attenzione ai temi sociali afferenti ad Hiv, difficilmente sconfiggeremo il virus, tanto meno riusciremo ad invertire la tendenza che vede un incremento nelle diagnosi in particolare proprio fra gli MSM (cfr http://www.iss.it/ccoa). Penso, primo luogo, alla discriminazione e allo stigma a cui le persone con hiv sono soggette fin dalla comparsa del virus. Doppio stigma, nel caso MSM-HIV+. Cosa di cui una parte della community presente ad Icar, stante quello che ho ascoltato durante una lecture, non sembra rendersi conto con buona pace dei dati pubblicati dal COA. Evidentemente abbiamo percezioni diverse.

Un tema, quello della stigma, che è stato ben trattato anche dalla nostra associazione, ha promosso la campagna “Se mi conosci, mi eviti?”, e che ha collaborato alla ricerca “Pratiche Positive” presentatPoster 131_Plus_ICAR2014a in Icar dal Responsabile Salute di Arcigay, Michele Breveglieri. Pratiche Positive ha dato risultati davvero interessanti soprattutto se si pensa che ha trattato il tema della discriminazione, subita o percepita, all’interno delle strutture socio-sanitarie. In particolare, è emersa l’enorme difficoltà che le persone HIV+ hanno nel dichiarare il proprio stato in ambito sanitario, soprattutto al dentista, o al proprio medico curante.

Ottime le presentazioni tenute da Giulio Maria Corbelli del Direttivo di Plus sul tema del test. Abbiamo infatti presentato in Icar sia una ricerca relativa a come, in che tempi e modalità le persone vorrebbero fare il test, sia una ricerca sui dati raccolti con la Testing Week. Dalla prima è emerso un dato davvero strano: una parte consistente dei rispondenti vorrebbe l’home testing ossia fare il test a casa propria. Cosa francamente non accettabile allo stato delle cose in Italia, appunto per il problema dello stigma. Senza un couselling adeguato è del tutto evidente che lo stigma resterebbe chiuso nelle case, insieme all’esito dell’home testing. Per non parlare della assenza totale di link to care.

Una buona valutazione è stata ottenuta anche dal test presso associazioni o fuori dal contesto ospedaliero. Le risposte raccolte con il nostro piccolo studio, ci portano a concludere che è urgenteIMG_1766 un cambiamento nelle strategie di testing in Italia, al fine di garantire un miglior accesso al servizio, la lunga attesa per i risultati e la burocrazia sanitaria rappresentano un ostacolo all’esecuzione del test. Fermo restando l’ottimo lavoro che svolgono gli ospedali italiani, i dati relativi alla late presentation dimostrano che quel lavoro non è sufficiente e che l’aiuto delle associazioni, in termini di sussidiarietà orizzontale, è decisamente auspicabile al fine di ampliare l’offerta del test con azioni meglio mirate alle popolazioni più colpite, seguendo l’esempio di quanto viene fatto in Europa ormai da anni.

Un primo passo nella direzione giusta ci è stato rappresentato da Corbelli, con la relazione sui risultati della testing week, effettuata anche da Plus l’ultima settimana dello scorso novembre.

Un solo dato: il 50% dei partecipanti, non aveva mai fatto un test per hiv.

È naturale chiederci quanto lo stigma incida nella scarsa frequenza con la quale ci testiamo, sia per hiv che per altre infezioni o malattie. La relazione del dott. Palefsky su HPV e cancro anale nella popolazione HIV+, è stata illuminante in tal senso. Rilancio il consiglio del medico Californiano: tutte le persone con HIV facciano un test rettale una volta all’anno; il consiglio vale anche per tutti gli MSM anche se siero negativi, stante che lo studio NA-Accord attribuisce agli msm una incidenza spaventosa.

Icar2014CerioliLargo spazio ha avuto anche l’infezione da HCV, come è giusto che sia stante l’elevata incidenza del virus dell’epatite C fra le persone sieropositive. Ma anche, curiosamente, l’epatite B. L’allarme è stato lanciato da Massimo Puoti: “è inaccettabile avere tante persone con HIV che prendono l’epatite B, dovremmo riuscire a vaccinare contro HBV tutte le persone sieropositive”.

Verissimo. Abbiamo il vaccino per l’epatite B eppure l’infezione gode di ottima salute. Questo dovrebbe farci sorgere un dubbio sulla gestione solo sanitaria e ben poco sociale delle infezioni a trasmissione sessuale, come le epatiti o l’HIV.

A mio avviso è stata molto interessante la presentazione della dott.ssa Pharris dell’ECDC, durante il simposio dall’eloquente titolo “The silent epidemic”. Buona parte dei dati del Centro europeo hanno, guarda caso, riguardato gli msm. Per il centro di controllo europeo, gli msm continuano ad essere un gruppo a rischio col il maggior numero di casi di HIV, seguito a ruota dai migranti. ECDC chiede di indirizzare verso questi gruppi azioni di prevenzione e di contrasto del virus. Ho la sensazione che nella pratica quotidiana, in Italia i migranti siano socialmente più accettabili degli msm.

Alessandra Cerioli, Presidente nazionale di Lila, è stata convinta a tenere un intervento sulla Tasp, terapia come prevenzione. È stato citato lo studio Partner, condotto su 1100 coppie sierodiscordanti di cui il 40% gay, che sta valutando le probabilità per una persona HIV+ con viral load undetectable di passare l’infezione. Per correttezza va detto che i dati finali dello studio arriveranno nel 2017, tuttavia è interessante che l’opinione dei curatori ad oggi sia che la stima più attendibile sia zero possibilità.

Il nostro opuscolo “Sesso gay positivo”, ha ricevuto la benedizione di Alessandra che ha inserito la IMG_1786copertina in una slide della sua presentazione sulla Tasp, come esempio di best practice. Elogiando la chiarezza delle informazioni sul tema esposte nell’opuscolo.

Rispetto al tema prevenzione, la parte del leone l’ha fatta l’ISS grazie a Barbara Ensoli che ha presentato i dati della fase due del vaccino anti TAT. Fase due open label chiusa in Italia, e in corso, ma prossima alla chiusura, in Sud Africa come studio randomizzato. I dati portati dallo staff della Ensoli, sia nelle comunicazioni orali che nel simposio, sono stati incoraggianti e ben esposti. Nel prossimo luglio si chiuderà la ricerca di fase due in Sud Africa finanziata dal Ministero degli Esteri e vedremo se questi dati italiani, saranno confermati anche dal randomizzato africano.

Siamo parlando di vaccino terapeutico, inoculato in persone con hiv stabilmente in terapia. A tre anni di osservazione, quello che appare sembra andare oltre le capacità di ricostituzione del sistema immune ottenibili con le terapie. Infatti gli inoculati hanno avuto una crescita qualitativa dei CD4 molto interessante, in termini di central memory. I dati mostrano inoltre l’abbattimento dei CD8 +term, più consistente dal secondo anno, che portano alla fine dell’attivazione del sistema immune causata da hiv; mostrano inoltre un crollo verticale del DNA provirale a 144 settimane, più consistente nei regimi art con PI, ma importante anche negli nnrti/nrti. Ovviamente sarebbe interessante uno studio di follow up per valutare quanto resiste l’immunizzazione, se il decremento dei IMG_1777reservoir viene confermato, ecc.

Step successivi saranno lo studio di fase III e la registrazione che si vorrebbe raggiungere entro il 2018, sempre che si trovino i fondi, stimati in 40 milioni di euro, necessari a completare la ricerca. Questo è il motivo per cui è stata creata una società a capitale misto con lo scopo di trovare i fondi ne chiudere la ricerca. Una procedura seguita da tutte gli enti che al momento stanno studiando vaccini contro hiv.

Né durante il simposio, né durante le letture ho visto traccia delle polemiche e del fango comparso in giro in queste ultime settimane. Non posso fare a meno di chiedermi nuovamente, a chi fa gioco far partire la macchina del fango ogni volta che la Ensoli riesce a chiudere una fase e riparte con la ricerca dei fondi per la successiva e anche perché tali contestazioni non sono state portate o replicate nella sede più opportuna: Icar.IMG_1761

Da ultimo ma non meno importante, voglio citare l’impegno dei volontari di Plus (Stefano Pieralli, Giulio Maria Corbelli, Michele Degli Esposti, Paolo Gorgoni, Jonathan Mastellari), che hanno allestito un bellissimo banchetto per promuovere la nostra associazione, hanno distribuito numerose copie dell’opuscolo “Sesso gay positivo”, suscitando molto interesse nella platea della conferenza, sia fra la community che fra i sanitari, dato informazioni e preso contatti importanti.

In futuro, spero sarà possibile estendere anche ad altri volontari la possibilità di fare questa esperienza, così da incrementare il numero della community presente ad Icar.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente