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Articoli

La seconda giornata della conferenza EACS in corso a Varsavia, inizia con una splendida lettura del dott. Molina, il “papà” della PrEP on demand usata da almeno il 50% degli utenti in PrEP.

Chi meglio di lui poteva impostare una lecture dal titolo “Going beyond HIV and STIs with PrEP and PEP” (Superare l’HIV e le malattie sessualmente trasmissibili con la PrEP e la PEP).

Solo questo incipit è già tutto in programma per il nostro Paese dove ancora c’è chi pensa che chi ha preso HIV è perché se l’è andato a cercare, che chi usa PrEP o PEP è uno che si espone volontariamente a rischi molteplici o si è già esposto ad essi, a seconda della strategia di prevenzione scelta.

Molina, sempre preciso nelle sue relazioni, ci mostra i dati dell’infezione globale del 2022 che danno 39 milioni di persone con HIV, 1,3 milioni di nuove diagnosi. Rispetto al decennio precedente si nota un calo del 32% nelle nuove diagnosi e del 52% nelle morti per AIDS. Ma nell’Europa Orientale e in Asia centrale le nuove diagnosi sono cresciute del 52%. È l’area dove HIV cresce più velocemente nel pianeta, con un’incidenza che supera il 30%. Qualcuno dal salotto di casa propria in Italia starà già pensando chi se ne frega, ma non è così che funziona questa epidemia. Le capitali dell’Est Europa sono a un’ora di volo e se non si affronta questa situazione assurda, in buona parte causata da frequenti atteggiamenti discriminatori, anche noi rischiamo una ripresa dell’infezione.

Molina chiarisce subito che, pur in assenza del vaccino, la prevenzione è possibile e cita gli elementi principali purtroppo iniziando con

  • l’ABC (astinenza, fedeltà, condom); studi osservazionali descrivono un calo dei casi di HIV del 70-90% ma sulla reale possibilità di porre in essere questa strategia ci sono più dubbi che certezze;
  • la circoncisione maschile è accreditata di circa il 60% di riduzione della trasmissione da donna a uomo, ma è molto legata alla tradizione/religione e comunque protegge i maschi ma non le femmine come molte attiviste hanno fatto notare in diverse conferenze internazionali;
  • la strategia della riduzione del danno, in particolare fra gli IDU (Injection Drug Users), per esempio su aghi/siringhe. Efficace ma limitata a un solo gruppo esposto;
  • i farmaci antiretrovirali che si sono dimostrati efficaci nella prevenzione materno-fetale; con la PEP (Profilassi Post Esposizione), con la TASP (trattamento come prevenzione, con la PrEP (Profilassi pre-esposizione).

Negli anni la PrEP si è dimostrata altamente efficace nel prevenire l’infezione negli uomini e nelle donne ed è uno strumento essenziale nella lotta contro HIV, questo scrive Molina… dovrebbe fare un giro di conferenze in Italia.
PrEP è presente ormai in tutte le linee guida, in quelle OMS dal 2015!! Le persone in PrEP in Europa e Asia Centrale sono oltre 200.000 e l’obiettivo di OMS è di arrivare a 500.000 entro il 2025.
Poi passa a descrivere gli studi scientifici a sostegno che vi risparmio anche perché ormai dovrebbero essere noti ai lettori di Plus.

Tuttavia la PrEP come la conosciamo oggi non è priva di problemi, i due principali sono l’aderenza terapeutica e la cosiddetta “retention in care” ossia il restare in PrEP. Sono ormai diversi gli studi che evidenziano problemi degli utenti ad assumere correttamente, in orario, la PrEP. Anche in Italia lo studio ITAPreP ha riscontrato questo problema così come gli studi della coorte Kaiser in USA, o gli stessi studi di Molina in Francia. I motivi sono diversi ma sicuramente lo stigma legato alla sua assunzione gioca ancora un ruolo importante.

Il farmaco Cabotegravir di ViiV usato come PrEP una volta ogni due mesi, potrebbe risolvere questo problema dell’aderenza. È un farmaco iniettivo studiato per il lento rilascio. EMA ne ha approvato da pochissimo la commercializzazione in UE. Per cui ora la palla è nel campo della ViiV e dei rapporti che vorrà tenere con AIFA (rimborsabilità, tempi – che non saranno brevi – ecc.). Stupisce sempre il fatto che in Francia è stato avviato lo studio “Prevenir – CABOPrEP che si propone di arruolare 322 MSM e di mettere a confronto l’attuale PrEP in pillole con quella iniettiva.

Non capirò mai perché in Italia questi studi non vengono né fatti né avallati se richiesti. Da un lato siamo spesso così provinciali da guardare con supponenza gli studi degli altri, dall’altro poco propensi a farne in Italia a meno che non ci sia un primario che decida in tal senso. Secondo me questo è uno dei motivi che ci fanno spesso arrivare ultimi nel porre in essere strategie di prevenzione vincenti. Sembra quasi che si pensi che se qualcuno si contagia, pazienza… alla peggio sono froci (?).

Fra l’altro sul Cab come PrEP non sappiamo proprio tutto e abbiamo risolto tutto, studi sono ancora necessari:

quanto è onerosa l’iniezione – che oltretutto deve essere fatta da personale sanitario – prevista ogni 2 mesi, non c’è ancora chiarezza sui tempi di protezione e della cosiddetta “forgiveness”, le eventuali reazioni nel sito delle iniezioni, il costo del farmaco e l’implementazione.

Sul tema della prevenzione la Francia è un Paese da ammirare perché la PrEP è gratis dal 2016 (in Italia dal 2023 e non ancora disponibile ovunque), i condom sono sovvenzionati dal 2018, la PrEP può essere prescritta anche dal medico generico dal 2021.
Tuttavia la PrEP è ancora poco usata in Francia e buona parte delle nuove infezioni si registrano fra persone non in PrEP per lo più per paura degli effetti collaterali, per un basso livello di percezione del rischio, perché non gli è mai stata offerta, ma c’è anche chi aveva timore di essere giudicato.

Detto questo è anche chiaro che l’elefante nella stanza è il condom: il 71% degli MSM HIV negativi sotto i 24 anni non lo usa nei rapporti anali in Francia e, ovviamente, se il condom non viene usato non funziona. Va da sé che questa strategia non è efficace almeno non come è stata portata avanti fin qui in Francia… figuriamoci da noi dove i condom si pagano, e pure cari. Ma da noi non si fanno questo tipo di studi per cui il problema è già risolto.

Molina segnala anche l’incremento in Francia, ma possiamo dire lo stesso anche da noi, delle infezioni a trasmissione sessuale (IST) fra le persone in PrEP, in particolare fra coloro che hanno molti partner e non usano/usano in parte il condom. Caratteristiche confermate dagli studi portati avanti da Molina dove è emerso che il 39% dei partecipanti producevano l’89% dei casi in IST.

Da qui gli studi sull’uso dell’antibiotico doxiciclina come PEP (200 mg max dopo 72 ore dal rapporto), ovviamente con visite e controlli.
In effetti stiamo parlando di persone che, verosimilmente, avrebbero preso il farmaco perché hanno frequenti diagnosi di IST. Tanto vale che lo assumano come PEP sia pur in casi particolari. Gli studi hanno dato ragione a Molina infatti la riduzione dei contati è evidente soprattutto per clamidia.
Le linee guida internazionali (IAS 2022, EACS 2023) sono possibiliste per gli MSM da valutare caso per caso perché il rischio di resistenze non è ancora stato sufficientemente studiato e non sarebbe corretto essere troppo di manica larga.

Ho partecipato a una sessione relativa al Monkeypox per capire se possiamo mettere la parola fine almeno su questa epidemia. Pare che sia meglio stare ancora attenti.

Mi ha tuttavia fatto piacere ascoltare le belle relazioni di Nicolò Girometti, un ex specializzando del S. Orsola di Bologna che ora lavora al Chelsey and Westmister Hospital e a 56 Dean Street a Londra. Non serve che dica altro!

Pressoché tutti i dati presentati, ormai un po’ datati, evidenziano che la fase acuta dell’epidemia è sicuramente superata, che le persone con HIV con meno di 350 CD4 hanno subito le situazioni peggiori mentre quelli con una situazione immunitaria migliore non hanno avuto particolari problemi, in caso di contagio hanno risolto come tutte le persone senza HIV; sicuramente l’epidemia ha riguardato in maggioranze MSM per vari motivi (di cui abbiamo già scritto in precedenti report), sicuramente è importante tenere alta la guardia perché qua e la ancora qualche caso viene rilevato. Per cui tutti i ricercatori insistono perché il vaccino venga effettuato da tutti gli MSM, in particolare chi vive con HIV, appunto per evitare eventuali “ritorni di fiamma”. Del resto il vaccino è la prevenzione per eccellenza, non ha senso attendere che l’infezione si ripresenti in massa.

Sandro Mattioli
Plus aps

Daniele e Roberto Milano Checkpoint

Ebbene si: ho barato. C’è ancora un pezzo di relazione che mancava e riguarda i poster, ossia quegli studi i cui abstract sono stati accettati e pubblicati in forma di cartelloni nella sede della conferenza, un enorme salone dedicato agli abstract. Naturalmente erano oltre 1000 gli studi pubblicati, io ne ho selezionati solo alcuni. I poster sono linkati, se cliccate è possibile vederli in un formato sostenibile.

Incomincio con i nostri colleghi/”rivali” del Checkpoint di Milano, che sono bravi a valorizzare i dati che raccolgono. CROI ha accettato il loro lavoro: Mpox: Sexual behavior reduction do not explain decreased Mpox incidence among prep users. In sintesi i milanesi hanno notato che i ragazzi in PrEP che seguono, non hanno minimamente cambiato le abitudini sessuali durante l’epidemia di Mpox e non si spiegano come mai i casi siano calati. Ricordo che il cluster milanese da solo copriva il 50% dei casi nazionali. Non è spiegabile con vaccino che è arrivato tardi rispetto ai tempi della statistica, tantomeno con la lentezza con cui il vaiolo delle scimmie replica, perché secondo il dott. Rossotti (il secondo da sinistra nella foto) sostiene che i dati clinici in suo possesso mostrano un’accelerazione nell’incubazione scesa a 3 giorni. Volendo cavarcela con una battuta, anche perché con i dati attuali non ci sono spiegazioni scientifiche, forse mpox non è riuscito a tenere il ritmo degli MSM di Milano.

Lo studio Burden of coronary disease in transgender women with and without HIV invece, ipotizza una relazione fra la terapia ormonale in donne trans e problemi cardiovascolari. Non è tanto per lo studio in sé che non è di particolare peso, ma per il fatto che finalmente qualcuno pubblica studi sulle persone trans.

Lo studio olandese Sexual behavior and sti incidence during the first 4 years of prep use among MSM, riporta alcune considerazioni sugli MSM in PrEP. Durante i primi 4 anni di utilizzo della PrEP, l’incidenza complessiva di IST è stata elevata e stabile. L’incidenza di clamidia e gonorrea è leggermente diminuita negli utenti daily ma, al di la di questo la linea di tendenza vede un incremento di casi di IST per poi stabilizzarsi. I test regolari e il trattamento delle IST rimangono una priorità tra gli utenti in PrEP. La prevenzione biomedica delle malattie sessualmente trasmissibili può essere esaminata in questo contesto.

Il simpatico studio PEP-in-pocket (PIP): long-term follow-up of on demand HIV post-exposure prophylaxis probabilmente farebbe venire un ictus agli infettivologi restii a concedere al PrEP (soprattutto ai gay). La PIP, in italiano sarebbe PEP in tasca, si rivolge a persone che hanno un alto rischio di contagio ma non molto spesso. La PIP consiste nel fornire a queste persone 4 settimane complete di PEP, il counselling perché abbiano chiaro quando iniziare il trattamento e dove recarsi in caso di bisogno. Le conclusioni vanno oltre proponendo la PIP il passaggio da PIP a PrEP in base all’evoluzione del rischio delle persone. Inoltre, è suggerito di includere la PIP, insieme a PEP e PrEP, nelle opzioni biomediche di prevenzione dell’HIV per gli individui HIV-negativi a rischio di infezione.

Vi ho già parlato dello studio Slowing or reversal of decay of intact proviruses over 2 decades of suppressive ART, ossia che i reservoir decadono lentamente anche dopo 20 anni di soppressione virale. Questo è uno dei motivi per cui la cura è ben lontana dall’essere trovata. Per la vostra gioia aggiunto lo studio Persistance of inducible replication-competent hiv-1 after long-term art che in sostanza giunge alla stessa conclusione.

Lo studio Risk factors for 5-year mortality in people with hiv after cancer diagnosis, che in sintesi stima in 5 anni la sopravvivenza media delle persone con HIV dopo la diagnosi di cancro, ovviamente in Nord America dove forse il sistema sanitario ha consistenti spazi di miglioramento.

Sandro Mattioli
Plus aps

Sono ormai 2 anni che, a causa della pandemia covid-19, siamo stati impossibilitati a programmare il nostro solito corso annuale per diventare volontari del Blq Checkpoint. Adesso, dato il miglioramento della situazione pandemica, abbiamo davvero voglia di conoscere nuove persone pronte a trascorrere un pò del loro tempo insieme a noi con questo nuovo corso di formazione.
Al termine di ogni lezione sarà possibile pranzare.

Le ore d’aula* nella sede di Plus, via San Carlo 42c a Bologna, sono aperte a chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati, quindi anche se non vuoi fare il volontario ma ti interessano i temi, sei libero di entrare ed ascoltare. Invece la parte residenziale del corso è riservata a chi vuole fare il volontario.

Il Corso inizierà sabato 26 marzo 2022 e terminerà con le giornate di laboratorio residenziale nel week end del 13-15  maggio 2022 per un totale di 46 ore fra aula e laboratorio.

*In base al numero dei partecipanti, le ore in aula potrebbero essere svolte in via Sant’ Isaia 94/a presso le aule di docenza dell’AUSL

Per partecipare è necessario inviare una mail a
info@plus-aps.it indicando:
nome e cognome
numero cellulare

 
 
 Programma e presentazioni in PDF
Sabato 26 marzoGiulio Maria Corbelli
Chemsex e PrEP: consumo di sostanze, rischi dipendenza, riduzione del danno.
Sabato 2 aprileMarco Borderi
HIV e AIDS: trasmissione, terapia antiretrovirale, nuovi farmaci 
Sabato 9 aprileLorenzo Badia
Epatiti e IST: cause, sintomi, test diagnostici, coinfezioni. 
Sabato 23 aprileSandro Mattioli
Il BLQ Checkpoint: come funziona, gestionale costi, rapporti con le istituzioni.Rita Masina
Esecuzione dei test: decreto 17 marzo 2021, metodologia ed esecuzione dei test.
Sabato 7 maggioStefano Pieralli
Relazione d’aiuto: empatia, sospensione del giudizio, consapevolezza.

Finalmente le tante persone che chiedevano del Corso di formazione per volontari del BLQ Checkpoint hanno una risposta. Il Corso inizierà sabato 21 settembre 2019 e terminerà con le giornate di laboratorio residenziale nel week end del 8-10  novembre 2019 per un totale di 46 ore fra aula e laboratorio. Per partecipare è necessario inviare una mail a
info@plus-onlus.it indicando:
nome e cognome
numero cellulare

Ecco il calendario del corso.
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Il corso è certificato dalla Regione Emilia Romagna ed è prevista l’erogazione di crediti formativi, quindi la presenza è obbligatoria per la maggior parte del corso. Ulteriori informazioni in merito verranno fornite personalmente.
Le ore d’aula nella sede di Plus, via San Carlo 42c a Bologna, sono aperte a chiunque voglia approfondire gli argomenti trattati, quindi anche se non vuoi fare il volontario ma ti interessano i temi, sei libero di entrare ed ascoltare. Invece la parte residenziale del corso è riservata a chi vuole fare il volontario.

Bologna, 22 ottobre 2018

Nessun aggiornamento sulla profilassi pre-esposizione (PrEP) e sulla capacità della terapia di impedire la trasmissibilità dell’infezione. Plus Onlus denuncia le condizioni in cui versa il portale www.helpaids.it gestito dalla Regione Emilia-Romagna

Il sito, pensato per offrire all’utenza informazioni utili sull’infezione da Hiv e sui metodi di prevenzione, risulta fermo al 2016 salvo superficiali aggiornamenti realizzati in occasione del 1° dicembre 2017 e nella sezione “Agenda”. Lo si evince con drammatica chiarezza consultando la sezione “Progetti locali”.

Le conseguenze sulla qualità del servizio erogato sono molteplici. Si parte da un ingiustificato allarme sulla pericolosità del liquido pre-spermatico, fino all’assenza d’informazioni cruciali su PrEP e TasP. Mancano ad esempio sia le modalità di accesso alla profilassi pre-esposizione mediante prescrizione di un medico specialista, sia i risultati dello studio PARTNER2, che hanno cementato la validità della terapia come prevenzione, ovvero la non contagiosità delle persone sieropositive in terapia efficace. Ciliegina sulla torta: la tendenza a usare il termine malattia invece di infezione.

A Bologna è attivo l’unico servizio di supporto alle persone che usano la PrEP realizzato in modalità community-based e in ambiente extraospedaliero [il SexCheck presso il Blq Checkpoint] Ma su HelpAIDS non ve ne è traccia,” spiega Sandro Mattioli, presidente di Plus Onlus. “È paradossale che in una regione come l’Emilia-Romagna, unica in Italia ad aver avviato progetti di supporto alle persone che usano la PrEP in ogni città, questo innovativo strumento di prevenzione sia completamente trascurato sul sito ufficiale di comunicazione regionale.”

Plus auspica un sollecito aggiornamento del portale, affinché l’utenza possa continuare a considerare la regione Emilia-Romagna una fonte credibile di informazioni su Hiv/Aids.

La conferenza italiana Aids ICAR, che si è tenuta a Roma dal 22 al 24 maggio 2018,  è terminata come è iniziata: fra le proteste delle persone sieropositive e degli attivisti e attiviste nella lotta contro HIV.
Credo di non essere smentito se scrivo che Icar2018 verrà ricordata più per le manifestazioni, che per il suo decimo anniversario.
Ma procediamo con ordine: durante l’inaugurazione della Conferenza, un nutrito gruppo di persone sieropositive e non, ha rumorosamente interrotto [ qui il video della protesta ] la lecture di Filippo von Schloesser, con fischietti, agitando i barattoli dei propri farmaci antiretrovirali, con trombe da stadio, portando la propria preoccupazione per un sistema sanitario che, di taglio in taglio, è sempre meno in grado di garantire una assistenza adeguata alle esigenze delle persone sieropositive.
In ormai numerosi centri clinici è scomparso l’infettivologo di riferimento e ci troviamo ad essere seguiti dal reparto, ossia dal medico che è in turno il giorno della visita. Anche a chi scrive è capitato di trovare personale che non aveva la benché minima idea del mio percorso sanitario, che chiedeva a me il motivo di alcune analisi, rendendo evidente il fatto che non ci fosse nessuna preparazione alla visita di un paziente ignoto.
In alcuni centri clinici sono i pazienti a dover sollecitare analisi e esami per monitorare o prevenire l’insorgenza di problemi clinici aggiuntivi.
Le nuove terapie consentono oggi di sopprimere la carica virale di Hiv rendendoci non infettivi (altro tema che vanta 10 anni di studi, ma su cui Simit latita). Questo può permettere una buona qualità della vita e ha importanti ricadute sul piano della prevenzione. Per ottenere questo risultato, però, devono essere garantiti adeguati standard di assistenza e cura che i tagli imposti alla spesa e la conseguente contrazione dei servizi, rischiano di compromettere.
La risposta italiana a questi problemi sta nel Piano Nazionale Aids.
Approvato dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni, il Piano prevede interventi per rendere il percorso di cura delle persone con Hiv più efficace e in linea con gli obiettivi terapeutici.
Ma non è stato previsto neppure un euro di finanziamento per tale Piano nazionale.
Come associazioni abbiamo chiesto con forza che Piano sia finanziato, come atto dovuto perché questo documento di indirizzo possa essere introdotto nella pratica clinica.
Noi persone con HIV, infatti, siamo portatrici di alte e specifiche esigenze di salute in ragione della complessità della cura, della particolare vulnerabilità sociale a partire dalla discriminazione, del progressivo invecchiamento spesso anticipato dall’azione del virus e della possibile insorgenza di gravi patologie concomitanti.
I tagli rischiano di riportare l’orologio indietro di vent’anni.
Altro tema critico è l’indebolimento del ruolo del medico infettivologo che andrebbe anzi rafforzato e reso protagonista, “regista”, del rapporto con altri specialisti per un approccio multidisciplinare alla salute del paziente.

Ma c’è di più, ed è il motivo della seconda protesta effettuata durante l’ultima plenaria della conferenza Icar [ qui il video della protesta ], alla presenza di un ospite internazionale di assoluto prestigio il dott. Molina, i cui studi hanno portato la Francia all’adozione della PrEP come strumento di prevenzione distribuito gratuitamente, a carico del sistema sanitario, alla popolazione esposta al rischio di contagio.
La PrEP è una realtà con solide basi scientifiche da diversi anni ormai. Purtroppo in Italia abbiamo registrato infiniti ritardi da parte della politica, delle istituzioni di area sanitaria, della stessa classe medica che, come ha confermato il Presidente di Simit, non ha una posizione unitaria sulla PrEP a causa dell’atteggiamento moralista di alcuni suoi componenti… nel frattempo le persone si contagiano.
Abbiamo quindi alzato nuovamente i nostri cartelli, lanciato lo slogan PrEP now, access for all, perché è davvero assurdo respingere uno strumento efficace nella lotta contro HIV, sulla scorta di motivazioni decisamente più vicine allo stigma che alla scienza.
In tutto questo voglio sottolineare l’impegno dei 20 volontari di Plus che sono scesi a Roma, hanno realizzati i cartelli, hanno protestato, uniti. Anche grazie a queste persone, c’è speranza di farla finita con l’Aids entro il 2030, come ha annunciato l’OMS.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente.

In occasione del 1 dicembre 2017 (Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids), l’associazione Plus riprende la campagna di prevenzione “Pillole di buon sesso”, rivolta sia a persone sieronegative, sia a persone sieropositive.

Le pillole sono i farmaci antiretrovirali nei loro diversi usi, e la campagna si concentra su due strategie di comprovata efficacia, da associare a quelle già esistenti principalmente basate sull’uso del condom:

  • TasP è la sigla che indica la “terapia come prevenzione”. Si basa su un concetto semplice: se la quantità di virus in una persona con Hiv è drasticamente ridotta dai farmaci, non si trasmette l’infezione ad altri. Riprendendo lo slogan lanciato da Plus nel 2015: Positivo non infettivo. La TasP aiuta le persone con Hiv a non considerarsi pericolose per gli altri. E chi non ha l’Hiv può comprendere che fare sesso con una persona in TasP è una delle opzioni più sicure per restare negativi!
  • PrEP sta per “profilassi pre-esposizione”. È un modo perché le persone sieronegative possano ridurre sensibilmente le possibilità di contrarre l’Hiv. Consiste nel prendere quotidianamente una pillola che contiene due farmaci antiretrovirali. In due parole: Negativo non infettabile. In Italia è possibile acquistarla in farmacia con la prescrizione dell’infettivologo. Sono finalmente arrivati anche i farmaci generici, ma hanno ancora un costo troppo elevato (115€ a scatola) per garantire un’aderenza adeguata. Detto questo è importante fare informazione e accedere a ogni risorsa disponibile contro l’infezione!

Lo scorso dicembre, Plus ha lanciato la campagna Fallo come vuoi, che metteva sullo stesso piano di efficacia, contro l’Hiv, preservativo, TasP e PrEP. Il motivo di una campagna specifica sulle «pillole di buon sesso» è semplice: della TasP si parla ancora troppo poco, malgrado sia una realtà da molti anni. Quanto alla PrEP, implementata con successo in svariati Paesi europei, manca ancora la volontà politica di renderla accessibile in Italia, dove la barriera del prezzo costringe gli interessati a rimediarla per vie illegali, senza supervisione medica.
È ora che l’intera gamma delle risorse disponibili per combattere l’Hiv sia nota e resa disponibile a tutti, così che sia possibile effettuare una scelta consapevole, utilizzando in modo integrato le varie modalità di prevenzione. Dobbiamo stringere un patto sociale per invertire i dati epidemiologici e debellare l’epidemia.
È ora di usare il buon senso per affrontare un tema, quello dell’Hiv, troppo spesso appannaggio del giornalismo scandalistico e di teorie irrazionali.
In occasione del 1 dicembre, il BLQ Checkpoint sarà aperto dalle 18 alle 21 per effettuare il test per HIV e per l’epatite C. Per informazioni e prenotazioni è possibile telefonare allo 0514211857 (martedì e giovedì dalle 18 alle 21), oppure scrivere a prenota@blqcheckpoint.it. Come sempre, le persone che effettueranno i test riceveranno condom, lubrificante e potranno avere la possibilità di un counselling con persone qualificate.

Se una persona senza una particolare preparazione dovesse leggere certe dichiarazioni che appaiono con allarmante frequenza su Facebook, sarebbe naturalmente indotta a credere che la PrEP è una pazzia frutto del delirio se non, come è stato scritto, degli interessi miei personali o dell’associazione Plus.
Il che ovviamente è completamente destituito di ogni verità, nonché di qualunque base scientifica… si perché Plus è abituata a ragionare sulla base dei risultati degli studi scientifici, non delle farneticazioni di un qualunque tizio che si vuole impropriamente accreditare come interlocutore.
Chiariamo anche la faccenda degli interessi, che è stata lasciata intendere su alcuni post su Facebook: sono un lavoratore dipendente di una impresa di ristorazione leader in Italia ma certamente non una multinazionale, mi si applica il contratto nazionale del turismo i cui minimi salariali sono pubblicati per cui potete tranquillamente andare a vedere che cosa guadagno come secondo livello; non sono a libro paga di nessuna multinazionale… magari, sicuramente avrei un salario diverso. Plus, l’associazione di cui sono Presidente e che non è una costola di Arcigay, ha partecipato ai bandi di alcune multinazionali del farmaco, così come di fondazioni, e abbiamo ricevuto finanziamenti per alcuni progetti. Come hanno fatto pressoché tutte le associazioni sia di lotta contro l’HIV/Aids, sia sociali. Per informazione dei piccoli geni dello scandalismo, Gilead ha bloccato tutti gli studi sulla PrEP con Truvada in Europa, quindi Plus non ha fondi da Gilead per la PrEP. Del resto il brevetto su Truvada sta per scadere e Gilead fa decisamente i suoi interessi, purtroppo. Il massimo che abbiamo ottenuto da Gilead, è un finanziamento teso a proporre test per le infezioni a trasmissione sessuale alle persone esposte per via di comportamenti a rischio, o alle persone che asseriscono, per esempio sui social gay, di essere in PrEP.
I test per le IST vanno bene spero, no?

Ma andiamo avanti.
PrEP è ormai una realtà a livello globale e anche in Europa… è mai possibile che siano tutti folli? Alcuni esempi:

Rachel Baggaley, è una funzionaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO), coordina progetti relativi alle attività di testing e di prevenzione di HIV. Alla conferenza mondiale Aids (IAS 2017) di Parigi ha portato una relazione non tesa a dimostrare che la PrEP funziona, ma indirizzata a migliorare la promozione della PrEP. In effetti, nel caso fosse sfuggito, l’OMS promuove la PrEP.
PrEP Facts è uno dei tanti gruppi Facebook basati negli USA, ma dove sono presenti utenti da diversi Paesi inclusa l’Italia. E’ gestito principalmente da utenti evoluti, con esperienza di PreP, che danno suggerimenti e consigli su base scientifica e in base alle varie esperienze che, negli anni, gli stessi utenti hanno fatto. Ovviamente senza mai rubare spazio al medico. I membri di questo gruppo sono oltre 18.000, e non ho mai letto una sola polemica o giudizio sulle scelte degli altri (per definizione degli altri. Cit.). Tutte le domande ricevono risposte adeguate, con rimandi alle fonti. Noi abbiamo aperto il gruppo Prep in italia, ma ovviamente siamo solo all’inizio.
EMA, European Medicine Agency, ha approvato l’uso di Truvada per la PrEP. L’agenzia del farmaco italiana, Aifa, ha agito di conseguenza. Non è vero che la PrEP in Italia non è consentita.
EATG, European Aids Treatment Group, storico gruppo europeo di attivisti nella lotta contro l’Aids, insiste affinché la PrEP sia disponibile in Europa e accessibile a tutti coloro che sono a rischio di contagio da HIV.
Dopo tutto quelli di EATG sono sieropositivi, che gliene frega a loro? Del resto lo stesso possiamo dire per Plus in Italia.
A loro, e a noi, frega, perché sappiamo che cosa vuol dire ricevere una diagnosi di HIV e sappiamo cosa vuol dire evitarla con la prevenzione, tutta la prevenzione. Non solo “quella che ho scelto io”. Lo facciamo perché siamo un gruppo di advocacy, perché siamo attivisti e non dei pirla che si perdono in chiacchiere. Infatti anche lo scorso aprile EATG ha inviato una lettera al sig. John F Milligan, amministratore delegato di Gilead Science, perché Truvada o un equivalente generico sia disponibile in Europa.
Dopo i due grandi studi europei sulla PrEP, Ipergay e Proud, uno dopo l’altro tutti gli stati dell’Unione stanno ragionando sul tema a livello istituzionale, Italia inclusa. In alcuni Stati la PrEP è già una realtà, da ultima la Svezia ha rilasciato un documento che propone di adottarla. Da quasi due anni la Francia ha un programma di PrEP pubblico, gratuito e alla conferenza italiana Aids (ICAR 2017), i ricercatori francesi che hanno portato i primi dati come contributo (visto che in Italia non è stato possibile fare uno studio con Truvada grazie alla nostra lentezza strutturale da un lato, al blocco di Gilead dall’altro).
I francesi hanno raccontato che molti italiani si recano a Marsiglia per prendere la PrEP (e anche gel lubrificante monouso: “ma non lo avete in Italia?”, giusto per rimarcare l’ennesima figura di merda).
Quindi la PrEP in Italia è già un fatto. Ed è un fatto che la situazione ci sta sfuggendo di mano perché, al solito, preferiamo fingere di non sapere. Davvero gli ostinati contrari che scrivono sciocchezze su testate online, credono che la gente si faccia influenzare da chi insiste sull’uso del solo preservativo come unico strumento definito “sicuro” anche di recente in un articolo che non cito per non dare spazio all’ignoranza?
Davvero crediamo che, nell’era di internet e del commercio online, a nessun italiano sia venuto in mente di comprare un generico equivalente laddove viene prodotto, a prezzi notevolmente inferiori rispetto al farmaco brand? Vogliamo davvero lasciare soli gli italiani a gestire questo passaggio, soli nella posologia e modalità di assunzione, senza controlli e test sulle eventuali altre infezioni a trasmissione sessuale che, se non diagnosticate per non ammettere di essere in PrEP presa di straforo, possono portare conseguenze anche serie?
La nostra lentezza nell’agire ci sta portando verso quella direzione. Parliamo di un processo già in essere che va gestito sia dai centri clinici, sia, soprattutto, dalle associazioni che hanno la possibilità di svolgere un ruolo centrale nell’orientare la popolazione di riferimento.
Purtroppo oggi alcune associazioni tacciono per prudenza, non si comprende in base a quali dati, o insistono che tutti devono usare il condom. Come sia possibile non lo so… a chi non lo usa che facciamo? Lavaggio del cervello, ipnosi, fusione direttamente sul pene?
Inoltre il pregiudizio fa si che partano dall’assunto che la PrEP sia alternativa al condom, il che non è. O non è sempre così.
Nel gruppo PrEP Facts di cui ho scritto sopra, ho letto moltissime testimonianze di ragazzi gay in PrEP che continuano ad utilizzare il condom senza problemi, ma grazie alla pillola hanno una serenità mai avuta prima e vivono molto più intensamente la propria vita sessuale, perché sanno che qualunque problema possa capitare con il preservativo (che si può rompere, sfilare, oggi poi c’è la “moda” orrenda di toglierlo senza chiedere il permesso al partner), c’è l’ulteriore scudo della PrEP. Al punto che il ragazzo in questione aveva chiamato il suo post: nuovo effetto collaterale della PreP: serenità.
Il tema della serenità è molto presente anche nei counselling che facciamo al BLQ Checkpoint. Non si contano le persone che vengono a fare il test in preda ad un terribile stato d’ansia per mille motivi.
Nessuno sano di mente sosterrà, qui e ora, che la PrEP è l’unica arma vincente contro HIV, che la PrEP è l’unica forma di prevenzione vincente e così via. PrEP è una delle possibili forme di prevenzione ad HIV. E’ una scelta possibile e lo è grazie alla ricerca scientifica, non certo a motivo della mia opinione.
La PrEP funziona per chi la sceglie consapevolmente, dietro consiglio del medico e tenendo sotto controllo le IST. È una scelta, e come tutte le scelte riguarda solo la persona che la prende. I giudizi e soprattutto i pregiudizi, sono decisamente fuori luogo.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente
https://www.plus-aps.it/prepinfo/

Dalla nona IAS Conference on HIV Science dove, guarda un po’, si parla anche di PrEP che per gli scienziati e i ricercatori qui riuniti, va implementata… quali stranezze si celeranno mai dietro queste scelte?
Andiamo a vedere.
Dopo le contestazioni della Presidente della IAS prima e della Ministra della Salute di Francia operate da attivisti africani e di Act Up Paris, di cui ho dato conto direttamente sulla pagina di Plus Onlus su Facebook, la successiva plenaria inizia con una sessione sul rafforzamento del sistema immunitario perché abbatta Hiv. Vaccini siamo ancora a modelli animali, scimmie e topi, dati interessanti che lasciano sperare ma è presto per ragionarci soprattutto conoscendo il “mercato” italiano dei social. Il ricercatore analizza vari modelli e strumenti biologici, per giungere alla conclusione che, in assenza di un vaccino terapeutico ad alta efficacia, è ancora necessaria una combinazione di trattamenti per tenere stabilmente sotto controllo la replicazione virale.
Wafaa El-Sadr, una ricercatrice della Columbia University, ci parla della centralità delle persone con Hiv nei programmi di salute pubblica e di controllo dell’epidemia.
Descrive una situazione ancora pesante per quanto attiene ai morti per AIDS (oltre un milione all’anno), agli anni di aspettativa di vita persi dalle persone sieropositive che iniziano la terapia quando possibile.
Mette l’accento sulla necessità di trovare le persone con Hiv che ignorano si esserlo, metterle in trattamento anti-retrovirale, ma oggi 33 milioni di persone ancora attendono di poter accedere ai farmaci.
L’obiettivo 90-90-90 di UNaids (90% delle persone con HIV diagnosticate, 90% delle persone diagnosticate in terapia, 90% delle persone in trattamento con viremia soppressa), è ancora molto lontano sul piano globale. La slide che ci presenta mostra una serie di gap ancora da colmare: 7,5 milioni di persone ancora da raggiungere per il primo 90, oltre 10 milioni per il secondo 90, quasi 11 milioni per il terzo 90. L’obiettivo di UNaids prevede la data limite del 2020 per cui il lavoro da fare è ancora molto.
L’obiettivo è ancora più lontano, drammaticamente lontano se guardiamo ai dati delle popolazioni chiave come i gay a Mosca dove, grazie alle pesanti discriminazioni subite dal governo di Putin, la situazione è gravissima: solo il 13% degli MSM sa di essere sieropositivo, a scendere la “cascade” è da paura… tanto per sottolineare quanto peso hanno le politica da nazisti che i russi mettono in pratica nei confronti della popolazione MSM, in barba a tutte i richiami e le evidenze scientifiche.


Sheena McCormack, la ricercatrice responsabile, fra l’altro, dello studio britannico “Proud” sulla PrEP, ci spiega l’importanza di introdurre la D di droghe nell’ABC della prevenzione.
Inizia con una pessima citazione dell’ABC di Bush, passa per i risultati incredibili ottenuti nel 2000 con la sola circoncisione maschile, alla haart i cui risultati li conosciamo tutti… o no?, alla PrEP con il primo studio Iprex, lo studio hptn 52 sulla non trasmissibilità di Hiv in soppressione virale. Un viaggio lungo e faticoso, costellato purtroppo di tanti compagni di strada che non ce l’hanno fatta, ma anche un viaggio che sta lentamente portando ai risultati cercati. Un viaggio che per la McCormack, e forse anche per la parte più evoluta della comunità MSM, è ormai storia. E’ ormai ora di andare avanti e cercare ancora di migliorare l’attuale situazione. Cosa che in Italia, stante il perdurare di una situazione bloccata sia sul piano culturale, sia sul piano economico, è ancora largamente sul piano dell’immaginario.
Ovviamente parla anche della storica sessione del CROI 2015 dove vennero mostrati i dati degli studi su PrEP: braccio senza PrEP registra un alto tasso di casi di HIV, 9%. Il braccio con PrEP registra una efficacia dell’86%. Sarebbe stata più alta, se le tre persone che hanno sieroconvertito nonostante la PrEP avessero assunto il farmaco, cosa che non avevano fatto.
Passa quindi a illustrare i nuovi studi che stanno venendo avanti. Uno studio interessante, anche se non pienamente riuscito, ha tentato di mettere in PrEP con tenofovir gli IDU (Injection Drug User) e ha raggiunto una efficacia del 49%, pertanto la strategia di riduzione del rischio resta lo scambio di siringhe anche se viene suggerita una integrazione delle due strategie laddove l’incidenza sia molto alta.
Sono anche stati valutati in alcuni studi i sistemi migliori per smettere di assumere la PrEP. I suggerimenti derivati dagli studi pubblicati, vanno della direzione di diversificare i tempi in base al tipo di pratiche sessuali. Per cui in caso di sesso penetrativo anale, la PrEP va assunta giornalmente per i 2 giorni dopo l’ultimo rapporto a rischio, in caso di sesso vaginale per 7 giorni. Cita anche gli studi in corso sul Cabotegravir a lunga durata (4500 arruolati nel mondo – ma nessuno in Italia ovviamente), che potrebbero portare ad assumere il farmaco una volta al mese se non ogni due, ma è ancora presto per giungere a conclusioni su questo tema, lo cito solo perché sia chiaro come tutti gli attori che operano nel tema della prevenzione si stanno interessando alla PrEP come arma in più che va a coprire quella parte di popolazione che per varie ragioni è più a rischio di altre.
Un’altra opportunità potrebbe arrivare dagli studi sugli impianti sottopelle a lento rilascio, che potrebbero dare importanti contributi anche in termini di prevenzione; viene anche citato lo studio Discover che vede anche l’Italia coinvolta sia pur con un contributi irrisorio in termini di arruolati. E’ uno studio di non inferiorità sulla nuova formulazione del tenofovir che si chiama Taf. Se funzionerà anche in PrEP lo vedremo alla fino dello studio che ha arruolato 5400 persone nel mondo. Quando si dice la potenza economica… in compenso Gilead ha bloccato tutti gli studi su Truvada in Europa, credo di sentire gli applausi di HIV… mah!
La McCormack mostra anche slide relative all’andamento epidemiologico di clamidia, gonorrea e di HIV.
Nella prima slide, i numeri di test (linea punteggiata) e numero di diagnosi per la clamidia (barre verticali). Come si vede, il numero di diagnosi va di pari passo con il numero di test, segno che probabilmente prima dell’ingresso della PrEP avevamo meno diagnosi perché testavamo di meno. Nella seconda slide stessi valori ma per la gonorrea, malattia che ha un decorso “più facile” da fermare e per la quale informare i partner e facilitare il fatto che si curino, aiuta a ridurre il numero di trasmissioni; sono quindi stati promossi test a tappeto e si può vedere una diminuzione di nuovi casi. Stessa cosa può accadere con HIV, come testimoniano i dati inglesi della terza slide. In altre parole, l’incremento di casi di IST che si vedono implementando la PrEP, dipendono in larga misura da un maggior ricorso ai test e che alla lunga questo può portare addirittura a ridurre il numero di casi per alcune infezioni.


Detto questo è del tutto evidente che la PrEP non è in nessun caso un obbligo.
La PrEP è una delle possibili scelte perché di questo si tratta: effettuare una scelta adatta alla propria condizione, che può variare di momento in momento della propria vita. Una scelta tesa a prendere il controllo della situazione e evitare l’infezione da HIV.
In tutto questo la D di drug, farmaci in inglese, può essere aggiunta all’”ABC”, alle basi della prevenzione per tenere sotto controllo HIV… e possibilmente il più lontano possibile.
Il tutto questo è chiaro anche agli scienziati della IAS che il peso della comunità è fondamentale. Senza le persone direttamente interessate non si va da nessuna parte. La sessione dal titolo “Prepping MSM” dove forte è stata la presenza e l’esperienza della comunità MSM e, sorpresa, non solo dagli USA.
L’esperienza della Thailandia infatti è stata di grande ispirazione. Con vari tipi di interventi ispirati più che altro alle necessità insite nelle popolazioni chiavi a cui appunto gli interventi facevano riferimento, la Thailandia implementa la PrEP dal 2015! Hanno effettuato un’analisi della percezione del rischio e dell’attitudine verso la PrEP fra gli MSM e le donne transgender.
Molto evidence based l’appoggio del loro intervento (hanno per esempio lavorato molto sull’analisi della percezione del rischio), ma gli outcome sono decisamente community oriented: il “Princess PrEP programme” mirato alle donne transgender e MSM, già il nome è tutto un programma, è stato fatto dalla comunità e con il suo supporto… già immagino la lotta per il titolo di regina.
Ma anche il Thailandia non tutto è filato liscio, non ci sono stati casi di HIV in effetti ma circa un quinto delle donne trans del campione non voleva assumere altre pillole, quindi potrebbero essere utili altre modalità di assunzione del farmaco; il tasso di mantenimento delle persone nel controllo medico necessario è stato basso, da qui la necessità di un reminder personalizzato per ogni aderente al progetto, ecc. Come vedete sempre nella logica di analisi del reale e di possibili soluzioni sempre orientate al benessere della comunità.
È intervenuto direttamente anche un utente, evoluto ma pur sempre utente, in PrEP da 3 mesi.
Un ragazzo MSM di 25 anni residente a Bangkok, che resto dichiara di usare sempre il preservativo durante i rapporti penetrativi anali… l’italiano gay medio già chiederebbe perché mai allora è in PrEP? Perché nella sua personale percezione del rischio vede comunque un pericolo, rottura del condom, sfilamento, stealthing, per cui non si sente tranquillo e finisce per avere la vita sessuale che vorrebbe. Quindi l’ansia del contagio, una cosa che vediamo ad ogni incontro al BLQ Checkpoint.
Quindi il ragazzo ha fatto una lista dei pro e dei contro.
Pro:
non fiducia completa nel preservativo,
ansia dovuta al timore del contagio,
fa sesso occasionale,
si percepisce come a rischio.
Contro:
effetti collaterali a breve termine
effetti collaterali a lungo termine
il peso dell’assunzione quotidiana (evidentemente a lui non si attaglia quella on demand)
il peso delle visite di controllo
il costo della PrEP e degli esami di laboratorio.
Oggi è in grado di dirci che non ha avuto nessun effetto collaterale al breve termine (di cui tanto si parla, in effetti sono comuni ma non vengono a tutti);
ancora usa il condom nei rapporti penetrativi anali;
invariata la frequenza dei rapporti sessuali prima della PrEP;
sparita la paura del “dopo scopata”.
Afferma di avere ancora qualche perplessità sugli effetti di lunga durata, ma ha chiaro che può smettere quando vuole perché non è sieropositivo (e gli eventuali effetti collaterali rientrano).
Negli USA la PrEP è implementata da ancora più tempo. Qualcuno ricorderà i miei interventi perplessi dopo l’autorizzazione concessa da FDA a Truvada come PrEP dopo solo 1 singolo studio tutt’altro che definitivo. Però che dire, come spesso accade hanno osato facendo anche di necessità virtù, e hanno avuto ragione i tecnici di FDA perché tutti gli studi successivi hanno confermato i dati dello studio Iprex… appunto il primo. Jim Pickett Aids Foundation Chicago ha portato un fantastico esempio di approccio community based. Basta con l’approccio scientifico, ha detto Jim all’inizio dell’intervento, ormai è chiaro che c’è evidenza scientifica. Ora dobbiamo orientare la comunità che non usa certo la PrEP per far contenta la scienza o le multinazionali.
Quindi nuove parole chiave:
piacere,
intimità,
serenità,
lussuria,
amore,
connessione,
onestà,
desiderio.
Quindi una logica tutta incentrata sul bisogno delle persone che scelgono di non accettare i messaggi condom-centrici, il giudizio della gente, la vergogna di fare pratiche che possono portare a discriminazione, ecc. per esaltare gli aspetti positivi così come descritti nella notissima campagna #PrEP4Love dove vengono diffuse parole come amore, carezze, abbracci, calore e non paura, contagio, ecc.
Un approccio evoluto, che implicitamente va nella direzione di una vita sessuale adeguata alle esigenze delle persone che sono evidentemente stanche della paura del contagio. Fra l’altro con una campagna che finalmente non mostra i soliti modelli palestrati ma gente vera, con la ciccia e la panzotta, un altro elemento che fa pensare alla quotidianità più che all’evento isolato e che comunque coniuga splendidamente il concetto di piacere sessuale con quello della riduzione del rischio.


Bello vedere che anche la dott.ssa Rachel Baggaley del dipartimento HIV dell’OMS dove segue il settore prevenzione innovativa, va nella stessa direzione e apre il suo intervento con l’immagine di tre ragazzi con PrEP, condom e carica virale non rilevabile, sulla testa. Si chiede Rachel come promuovere, implementare la prevenzione combinata fra gli MSM. Giustamente ci fa notare come l’implementazione della PrEP porta con sé un aumento del numero dei test eseguiti, per HIV e per le altre IST, affrontare il tema dello stigma, educare al tema Tasp, ecc. Anche la sola promozione della PrEP è tutt’altro che semplice: a fronte del caso San Francisco dove l’80% delle persone in PrEP la sono andata a chiedere spontaneamente e una diffusione delle informazioni che arriva al 100% della popolazione interessata, in Australia e in Sud Africa pochissime persone idonee per la PrEP scelgono di assumerla, restando ovviamente nel rischio di contagio.
L’OMS ha quindi preparato un opuscolo con una serie di suggerimenti per promuovere e integrare le nuove forme di prevenzione, chiarendo nel contempo che PrEP non è solo uno strumento bio-medicale ma anche bio-comportamentale ed è in questa direzione che devono andare i servizi offerti alla popolazione MSM. Nell’offerta della PrEP alle persone ad elevato rischio di contagio, l’approccio deve mettere al centro la persona in una logica di salute pubblica e di diritti umani, non certo di giudizio, isolamento, discriminazione e stigma… con questi quattro regaliamo anni di vita ad HIV.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

La partecipazione di Plus Onlus alla IAS Conference 2017 è stata resa possibile grazie a un contributo non condizionato di ViiV Healthcare.

Nel 2008 partecipai alla Conferenza Mondiale Aids di Città del Messico, dove ho avuto il privilegio di ascoltare la relazione del prof. Pietro Vernazza sullo studio che portò alla Swiss Declaration.
Lo studio, ancorché piccolo, aveva creato molto scalpore nell’ambiente scientifico e quando giunse alla conferenza, l’attesa e la tensione si potevano percepire chiaramente sia da parte scientifica, sia da parte delle persone HIV+.
L’enorme aula che ospitava la plenaria era stipata, almeno 10.000 persone assiepate per ascoltare la notizia dell’anno:
Le persone con HIV, a carica virale non rilevabile, senza altre IST, non sono contagiose. Studio allora piccolo (in seguito confermato da decine di altri), dati e rigore scientifico svizzero.

Ricordo l’emozione mia e di Alessandra Cerioli di Lila: finalmente non siamo più untori.

Ricordo anche l’intervento furibondo di una funzionaria dell’OMS.
Non si possono dare queste notizie in una conferenza mondiale – disse la funzionaria – perché è alto il rischio che i maschi sieropositivi smettano di usare il condom.
La dichiarazione svizzera è alla base delle decine di studi confirmatori della Tasp, trattamento come prevenzione, oggi praticata comunemente in pressoché ogni centro clinico. Oggi l’OMS supporta la Tasp e sostiene che le persone in trattamento efficace non sono contagiose.
Perché questo incipit?
Oggi abbiamo la possibilità di utilizzare Tasp e PrEP per far circolare meno virus nella comunità.
Tuttavia vedo la stessa paura immotivata della funzionaria dell’OMS in molti “scienziati di Facebook”, convinti che la profilassi pre-esposizione, PrEP, porterà ad un crollo nell’uso dei preservativi e il conseguente incremento dei casi di HIV.
Il razionale ideologico che è alla base del ragionamento, spesso ha a che vedere con una semplice equazione: “io uso il condom=tutti devono usare il condom”.
Un modo di ragionare che implica un giudizio e una discriminazione che sono, in parte, alla base delle numerose, troppe, nuove diagnosi annue di HIV in Italia (3-4 mila ormai stabili da tempo).
Provoco, lo so, ma spiego. È evidente che non tutti sono o riescono ad essere talebani del preservativo e la conseguenza è che si espongono al rischio di infezione. In Italia c’è uno zoccolo duro di nuove diagnosi che le attuali strategie di prevenzione non riescono a ridurre. Ormai è evidente da tempo e dobbiamo prenderne atto.

Quindi che vogliamo fare?

Insistiamo che tutti devono usare il preservativo fino a quando nessuno ascolterà più?
Oppure seguiamo la strada aperta dai 2 studi europei, Proud e Ipergay, e realizziamo interventi mirati di prevenzione PrEP based?
Intendiamoci: in nessuno studio è stato dato il farmaco e arrivederci. Sempre è stato proposto un counselling sulle pratiche a rischio e relative tecniche di riduzione, si è parlato dell’uso di condom e lubrificante, di attività e pratiche sessuali e poi di PrEP.
Il farmaco autorizzato per la PrEP oggi è il solo Truvada® (azienda produttrice: Gilead Sciences). Truvada ha la capacità di concentrarsi rapidamente nei tessuti rettali oltre ad una emivita del principio attivo molto lunga. Sia lo studio Proud che Ipergay hanno arruolato MSM (maschi che fanno sesso con maschi) e i risultati sono stati molto buoni: un calo molto consistente dei casi di HIV attesi, prossimo al 90%.
Attenzione: non è un vaccino! È un farmaco, anche se generalmente ben tollerato, non è esente da effetti collaterali per esempio a reni e ossa. Ma anche qui: si tratta di soggetti sieronegativi, che possono interrompere il trattamento in qualunque momento.
Certo la PrEP non può essere assunta a caso. Ci sono degli schemi da seguire, dei controlli clinici da fare a partire dai test per le IST.
Capiamoci: non stiamo parlando di milioni di persone che non vedono l’ora di togliere il condom e scopare come ricci. In Francia, dove la PrEP è disponibile da quasi due anni rimborsata dal servizio sanitario (al contrario dell’Italia), sono circa 3.000 le persone in PrEP. Per lo più nell’area di Parigi.
Dunque in cosa consiste la vostra paura? In niente! C’è una larghissima maggioranza di persone che preferiscono continuare a usare il condom per mille ragioni: non è un farmaco, non vogliono mangiare roba chimica per fare sesso, perché con il preservativo non hanno problemi di erezione, piacere o altro, e così via. Ottimo, fantastico, super, top.
Ma c’è una parte minoritaria di popolazione, anche gay, che non usa il condom. Non mi interessa entrare nel merito in questo momento: non lo usa o lo usa in modo incostante.
Quindi che vogliamo fare?
Continuiamo a discriminare chi fa scelte difformi dalla maggioranza? Proprio noi persone omosessuali che ne subiamo di ogni dalla maggioranza eterosessuale?

Smettiamola, subito!
Non abbiamo nessuna base scientifica a sostegno e, quel che è peggio, la PrEP è già presente anche nel nostro Paese. È possibile comprare Truvada in farmacia con una prescrizione dello specialista a prezzo pieno: oltre 700€ per 30 pillole, quindi non alla portata di tutte le tasche.
Sappiamo di persone che vanno in Francia a prendere il farmaco e lo assumono dio sa come senza controllo clinico alcuno. Sappiamo di persone che la acquistano online da aziende di generici. Sappiamo che c’è un mercato nero di Truvada che esce dalle farmacie ospedaliere come PEP (profilassi post esposizione) o diretto a persone con HIV che ne fanno un altro uso.
Poco importa. La PrEP è già presente in Italia perché funziona e c’è richiesta.
Il nostro berciare scomposto ha portato stigma e mercato parallelo, quando non nero.

Veramente vogliamo continuare in questo modo? Plus non ci sta!
Dal prossimo autunno partirà Sex Check: un programma di controlli gratuiti rivolto anche a chi sostiene (magari su Grindr o GayRomeo) di essere in PrEP.
Su base trimestrale testeremo diverse IST: HIV, HCV, sifilide, gonorrea, ecc. unitamente a couselling sulle pratiche sessuali e sulla riduzione del rischio.
La tutela della propria salute è un diritto che Plus ha intenzione di sostenere, senza giudizio alcuno. Restate connessi.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente.