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PrepineuropeCosa pensi di una pillola per prevenire l’HIV? Un grande sondaggio europeo, lanciato in 11 paesi diversi, raccoglie le opinioni dei potenziali utilizzatori della PrEP su questo nuovo strumento di prevenzione purtroppo non ancora disponibile in Italia (potrebbe esserlo a partire dal prossimo anno). Si chiama “Flash! PrEP in Europe” e consiste in un questionario online anonimo che richiede 15-20 minuti del vostro tempo per la compilazione.

Il questionario si trova all’indirizzo http://tinyurl.com/prepineurope e si possono trovare informazioni anche sulla pagina Facebook http://fb.me/flashprepineurope.
Plus Onlus, insieme a Lila Milano, ha tradotto e sostiene la diffusione del questionario in Italia. Le risposte serviranno per meglio informare le strategie di accesso alla PrEP nei nostri paesi.

A volte sul web leggo cose davvero strane.
Spesso ci sono personaggi simpatici che, per divertire gli altri, scrivono assurdità dichiarate, un po’ come succede quotidianamente su Facebook. Altri, invece, usano internet per fare sfoggio di grossolani pregiudizi. Credo che qualunque persona LGBT sappia di cosa scrivo. Ormai quotidianamente siamo attaccati da chiese, politici, fascisti, ecc.

Nell’ultimo anno e mezzo, Plus ha fortemente cercato, anche con alcune forzature provocatorie, di svecchiare il pensiero della comunità LGBT in termini di trattamenti contro HIV e prevenzione. WHOQuesto ha provocato, com’era nelle nostre intenzioni, l’apertura di vari momenti di confronto il più delle volte interessante anche se a tratti assai triste.
Triste, in parte perché il livello della discussione ha dimostrato quanto arretrata sia la nostra comunità e quanto sia indisponibile ai cambiamenti supportati da nuovi dati scientifici, sia quanto sia arretrato il pensiero politico in questo Paese, soprattutto fra alcune associazioni il cui scopo primario è, o dovrebbe essere, quello di evitare ogni possibile nuovo contagio.

È appunto con estrema tristezza che ho letto l’articolo scritto qualche tempo fa dalla presidente di NPS, Margherita D’Errico, sulla PrEP, dove trascina l’OMS in avventurosi ragionamenti sulla discriminazione delle persone MSM, o gay che dir si voglia, che l’Organizzazione Mondiale per la Sanità rinchiuderebbe nuovamente in categorie a rischio. Plus viene citata come una sorta di estensione italiana di tale ragionamento distorto.
Mi rendo conto che ne tentativo di trovare sostegno a tesi poco sostenibili politicamente parlando, ci si arrampica su tutti gli specchi possibili, ma da qui ad accusare un ente globale e la nostra associazione, di aiutare lo stigma ce ne corre: è una stupidaggine talmente palese che forse non meriterebbe nessuna risposta.
Ma, in vista di Icar 2015 che vede proprio la presidente di Nps fra gli organizzatori, penso che sia il caso di ricordare che OMS ha semplicemente preso atto di dati epidemiologici che, anche se a NPS è evidente che da fastidio, sono purtroppo incontrovertibili. Tali dati dovrebbero portare le associazioni di lotta contro HIV/Aids e le associazioni LGBT a ragionare sulle rispettive strategie di prevenzione, a come non siano andate a buon segno, o non completamente, adeguarle alle attuali Puzzle1esigenze della popolazione di riferimento, se si vuole provare a invertire la tendenza che si desume dai dati.
Dati che non arrivano solo dall’OMS, ma anche dal nostro COA e, più sommessamente, dal centro di controllo dell’Emilia Romagna. Continuare a fingere che tutto vada bene e insistere in campagne che centrano solo in parte l’obiettivo, sarebbe un po’ come insistere a dare lo stesso trattamento a persone HIV+ in fallimento terapeutico.
Una davvero una posizione furba!
Plus, per altro, non ha mai smesso di fare campagne contro lo stigma, di distribuire condom, di fare presenza anche in locali vocati al sesso occasionale (banalmente se vogliamo combattere HIV ha senso farlo dove più facilmente esso si annida), come è facilmente verificabile.
Plus non ha mai smesso di evidenziare il fatto che la prevenzione è un puzzle fatto da molte possibilità di intervento spesso da porre in essere in combinazione fra loro. Lo stesso presidente di Plus, in coppia siero-discordante, è in terapia ARV e utilizza il condom tanto per portare un esempio personale.

Pertanto, siamo tranquillamente nella posizione di rimandare al mittente le risibili accuse formulate dalla responsabile legale di Nps. Questa associazione si è interessata alla PrEP, solo nel momento in cui da diversi studi è arrivata la conferma dell’efficacia del trattamento. Chi ha più sexhiv-34-ridmemoria che pregiudizi, ricorderà che chi vi scrive espresse pesanti perplessità quando FDA approvò l’utilizzo di Truvada dopo un solo studio (Iprex). Oggi la situazione è profondamente mutata: sono stati portati a termine ben due studi europei che hanno confermato l’efficacia della PrEP anche on demand, gli interventi al CROI 2015 del dipartimento di salute pubblica di San Francisco, dove la PrEP è in uso da qualche anno, ci hanno descritto una tendenza in calo per le nuove diagnosi, ecc. mi hanno convinto che il trattamento preventivo è una realtà efficace. Chiaramente non per chiunque! La PrEP ha senso, ed è stata sperimentata,laddove le altre strategie bio-medicali si sono dimostrate non efficaci, non adatte elle esigenze delle persone.

Certamente ci sono numerosi nodi da sciogliere per andare avanti. Dobbiamo capire come interfacciare la PrEP con il nostro articolato sistema sanitario, come impatterà sulla pratica clinica, come gestire la presa in carico, ecc. Tutti temi sicuramente importanti, ma che, in parte, esulano dal ruolo di advocacy di una associazione.

Vale la pena sottolineare come insistere nell’evidenziare che il condom costa meno ed è altrettanto efficace, cosa ovvia, equivale ad abbandonare quelle persone che, per mille motivi, hanno difficoltà a usare sempre il condom.
È appunto a quel gruppo che si rivolge la PrEP: alcuni MSM, alcuni/e sex workers, ecc. persone che,Slut Shaming Department per elevato numero di partner, per alto numero di rapporti sessuali, unitamente all’uso discontinuo del preservativo, sono a rischio di contagio. Questo dicono le ricerche fin qui.
È vero che si tratta di gruppi sui quali ancora oggi grava il peso dello stigma e della discriminazione. Pesa perché ancora c’è chi presenta a nostra popolazione, che spesso non conosce, la nostra sessualità, in modo giudicante. Questo si che crea discrimine.
Si tratta di scelte. Plus ha scelto. Ha scelto di prendere atto che esistono persone con le quali ha più senso operare in termini di riduzione del rischio, che non in termini di giudizio. Persone con le quali si otterrebbe sicuramente di più con una PrEP, che non insistendo nel dire che il condom costa meno o che i gay devono astenersi. Persone che, se lasciate sole, corrono fortemente il rischio di contagiarsi e Plus preferisce evitare anche solo una infezione, invece di lanciarsi in giudizi inutili.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente

croi2015_w280x100Il CROI, Conference on Retrovirus and Opportunistic Infection, quest’anno la IAS-USA l’ha organizzato a Seattle, ed io ho avuto l’opportunità di partecipare alla conferenza grazie ad AbbVie.
Tecnicamente la conferenza non è ancora incominciata, infatti aprirà ufficialmente fra qualche ora, tuttavia stamattina ho partecipato ad un workshop sulla prevenzione.
La “ballroom” del Convention Center dove si svolge la conferenza, era piena di studenti e giovani ricercatori ai quali erano state riservate le prime file. Un battaglione di giovani di belle speranze, ossia il futuro della lotta contro HIV.
Non ho potuto fare a meno di pensare all’appello che venne fatto alla conferenza mondiale aids di Città del Messico, affinché tutti i giovani ricercatori concentrassero le loro menti fresche su HIV.
Accidenti come obbediscono gli USA!
Di fatto si è trattato di lezioni ma decisamente avanzate.
Non la faccio lunga e vado direttamente al workshop che ho trovato più interessante, ossia quello tenuto da Susan Buchbinder del Dipartimento di Salute Pubblica di San Francisco, California.
IMG_3709La presentazione della Buchbinder aveva un titolo emblematico “HIV Prevention 2.0: What’s next?”.
Quindi non solo c’è una prevenzione 2.0, ossia avanzata, ma c’è pure dell’altro? Lo sanno i medici italiani e, soprattutto, gli attivisti MSM italiani?
Già la prima slide pone quelle che saranno le domande centrali in questa conferenza almeno per quanto riguarda la prevenzione: come costruire sui primi successi degli interventi biomedicali per incrementarne l’impatto e l’efficacia?
La dottoressa presenta come ormai “old” i pilastri della prevenzione che abbiamo utilizzato e sui quali abbiamo spinto dal 1981 fino al 2010: Campagne sulla salute (la Buchbinder ha scritto campagne pubbliche ma lei è statunitense e se lo può permettere diversamente da noi), i test su HIV, i condom.
La dottoressa chiarisce subito che questi interventi biomedicali hanno svolto un ottimo lavoro con un grafico che mostra il crollo delle stime di nuove diagnosi negli USA dal 1980 al 2010 (ovviamente anche grazie all’introduzione delle terapie).
Eppure ora siamo nelle condizioni di far meglio, e introduce i tre nuovi pilastri della prevenzione che si vanno ad aggiungere ai precedenti:

  • Circoncisione maschile,
  • PrEP (profilassi pre-esposizione),
  • Tasp (Trattamento come prevezione).

La Buchbinder cita è vero la metanalisi del 2014 di Jiang pubblicata da Plos One, ma parla di PrEPIMG_3711 come se fosse ovvio che a) funziona b) è efficace, c) è uno strumento che tutti dovrebbero accettare come tale… illusa.
Quel che è meglio, è che a nessuno dei giovani ricercatori verrà in mente di far domande tese a mettere in discussione l’opportunità di usare la PrEP (non lo sanno in USA che il condom costa meno? Come mai non pensano che chi non lo usa sono cazzi suoi, come nella migliore tradizione cattolica?). Tutte le domande sono centrate sulla durata, sulla frequenza delle assunzioni, ecc.
Le richieste di chiarimento si sono molto più concentrate sul fatto che la circoncisione maschile non mette certo al riparo le donne ma, anche in questo caso, non con l’ottica di negare la possibilità ma per trovare una soluzione.
La Buchbinder, per altro non è impreparata, cita studi sulla durata (494 MACS pts, Pines et al, JAIDS 2014; J. McConnell/AVAC) e spiega che una persona a rischio o un gruppo a rischio non sarà tale per sempre.
Ovviamente, aggiungo io, se verranno prese misure efficaci per far si che ciò avvenga. Incredibilmente la Buchbinder sembra dare per scontato questo pezzo.
Ormai che c’è, ci segnala anche quali sono i gruppi più esposti e, guarda caso, meno raggiunti da campagne ecc. sui quali bisogna agire e mettere in campo anche i nuovi pilastri. Ovviamente cita una ricerca USA ma MSM (maschi che fanno sesso con maschi) bianchi, MSM afro-americani, MSM latino americani sono ai primi tre posti. IMG_3719Poi le donne eterosessuali afro-americane anch’esse con percentuali importanti.
E per chiarire subito la Buchbinder mi cita lo studio di Rosemberg (Lancet 2014) che spiega al mondo come non sono i rischi individuali a creare nuovi positivi, ma i motivi strutturali (accesso al test, stigma e discriminazione, ecc., si infettano di più omosessuali e neri… il dubbio che lo stigma c’entrasse mi era venuto ma sono contento che lo abbia pubblicato Lancet.
Come membro della Commissione Regionale Aids dell’Emilia Romagna ho chiesto che la PrEP venisse messa in ordine del giorno. Per la verità la presidenza mi ha fissato per 5 minuti senza rispondere come se avessi chiesto la ricetta del pan di spagna invece che di trattare un tema sul quale Francia e Regno Unito hanno appena portato a termine due studi.
Spero che anche in Italia si riesca quantomeno a discutere delle esperienze e dei dati degli altri, visto che il cervello medievale che contraddistingue i decisori italiani oggigiorno, non consente di investire in ricerche che possano portare a un calo delle nuove infezioni. Ma questo è il Croi e qui sembra comandare la scienza, l’efficacia e meno l’ignoranza. E’ davvero l’America…(!?). Vi terrò informati.

Sandro Mattioli
Plus Onlus
Presidente