Articoli

Ormai è cosa nota che i farmaci più recenti (ma anche quelli meno recenti) fanno ingrassare. La plenaria di oggi verteva su questo tema. Purtroppo è stata una lettura in parte deludente, vediamo come mai.

La dott.ssa Jordan Lake, University of Texas Health, Science Center at Houston ha portato la relazione Weight Gain in People With HIV. Non bastava HIV, pure l’aumento di peso (!) ed è partita in quarta con la slide “Global obesity epidemic”. Quindi, un problema consistente e mondiale.

In effetti presenta uno studio dove, in alcuni casi, la prevalenza di obesi nelle PWHIV arriva a superare il 50% e un altro dove l’indice di massa corporea vedere un consistente incremento 12 mesi dopo l’inizio della terapia, rispetto ai 12 mesi prima.

Come sappiamo l’obesità correla con problemi cardiometabolici, ma anche diabete, cancro e varie altre comorbidità, il tutto più frequente in chi ha HIV.

Queste sono conoscenze consolidate da svariati studi. Ma da qui in poi sarà un susseguirsi di punti interrogativi, di verbi al condizionale, di ipotesi se non addirittura di dichiarazione di ignoranza.

Il 13% delle PWHIV prende peso in modo consistente (superiore al 10%) entro il primo anno di inizio della terapia, né sembra che iniziare il trattamento molto a ridosso della sieroconversione sia un fattore. Ma lo switch terapeutico sugli inibitori dell’integrasi [INSTI], (Risk of Obesity, Cardiometabolic Disease, and MACE After Switch to Integrase Inhibitor in REPRIEVE, Emma M. Kileel, CROI, 2025).

In uno studio pubblicato su The Lancet (Lancet HIV, 2024 Oct; 11(10):e660-e669) è stato calcolato tale aumento di peso su pazienti che hanno iniziato la ART a un anno dalla sieroconversione. Ecco i risultati (ovviamente è stata fatta una media):

  • Bictegravi +TAF: 4,93 Kg
  • Eviltegravir + TAF: 4,18 Kg
  • Dolutegravir + TDF: 3,74
  • Dolutegravir senza TAF né TDF: 3,69 Kg
  • Raltegravir + TDF: 3,39 Kg

(si veda anche Changes in Cardiometabolic Parameters After ART Initiated Within 1 Year of HIV Acquisition, Nikos Pantazis et al., 826, CROI 2025)

In molti studi l’aumento di appare più importante nelle donne, negli afroamericani/africani, nelle persone con HIV anziane e con una malattia da HIV seria… però non c’è uniformità di dati a livello mondiale.

Diversi studi attribuiscono al TAF un aumento di peso mediamente di 1\2 Kg, ma se assunto insieme agli INSTI sembra essere additivo o sinergico. Questo accade a causa di un meccanismo che ignoriamo completamente. Ma sappiamo che l’aumento di peso è costituito da grasso.

Ancora, uno studio open-lable, randomizzato, multicentrico, dal simpatico nome “PASO DOBLE” ci informa che anche con viremia soppressa, in caso di switch su INSTI ci dobbiamo aspettare un aumento di peso clinicamente significativo superiore al 5%. Nello studio gli arruolati erano randomizzati a passare a DTG/3TC (dolutegravir/lamivudina ossia il Dovato) o BIC/FTC/TAF (bictegravir, emtricitabina e tenofovir alafenamide ossia il Biktarvy). Nello studio il Dovato si è comportato un pochino meglio del suo concorrente ma di qualche etto.

Inoltre, HIV, ART, obesità e anzianità nelle persone con HIV portano più rapidamente alla obesità sarcopenica ossia un calo della massa muscolare il cui posto viene preso dal grasso, il che porta a problemi cardiovascolari, cancro, diabete, fratture, una generale fragilità. Capite perché insisto nel dire che HIV è in grado di aggirare il blocco dell’AIDS e ci ammazza per altre vie? In tutto questo le conclusioni della relatrice sono una meraviglia:

  • i meccanismi non li conosciamo
  • non ci sono dati sufficienti per imbastire una strategia preventiva o tesa a invertire il processo di aumento di peso
  • servono ulteriori ricerche

Un rapido accenno agli studi pubblicati in forma di poster, trovate le immagini in fondo all’articolo. Al CROI ovviamente ci sono i poster elettronici, ma viene anche data la possibilità di esporli. Francamente è bello poter passeggiare fra i corridoi pieni di studi, una specie di viale della scienza.

Lo studio Online and Less Frequent Monitoring of Oral HIV PrEP Use Are Noninferior to Standard of Care, Marije L. Groot Bruinderink et al., ci informa che le persone in PrEP possono essere viste online e ogni 6 mesi senza che questo causi problemi. Parlando con la ricercatrice è emerso che questo studio olandese ha si arruolato 469 persone analizzate per un anno, ma erano mediamente persone con una alta conoscenza di HIV, sicuramente persone da mettere in PrEP ma con un rischio di contagio tutt’altro che alto. Quando le ho parlato del nostro campione, anche lei ha concordato che è meglio vederli ogni 3 mesi. Tuttavia un ragionamento sulla minoranza del nostro gruppo che non corre rischi alti si potrebbe fare.

A seguire lo studio Self-Reported Frequent vs Infrequent HIV Risk and Actual Diagnoses in MSM: Implications for PrEP, N. Salvadori et al., ci informa che il sesso senza condom con partner casuali è associato a un alto rischio di contagio a prescindere dalla frequenza. In questi casi la PrEP daily o on demand dovrebbe essere raccomandata.

Uno studio niente meno che dell’Università Cattolica di Milano, Asymptomatic Sexually Transmitted Infections in a Population of High-Risk Men Who Have Sex With Men, P. F. Salvo et al., ci informa che le IST asintomatiche sono estremamente comuni fra gli MSM e che gli screening regolari sono fondamentali per il rilevamento e il trattamento. Con buona pace di chi ha coniato il termine “pcerrite” e vuole testare gli MSM ad alto rischio ogni 6 mesi, o se sintomatici.

Lo studio Support for Over-the-Counter PrEP Among Transgender Women and Transfeminine Nonbinary People, L. R. Violette, Harvard Medical School, Boston mi ha molto divertito soprattutto al pensiero di mostrarlo agli infettivologi o ai farmacisti ospedalieri. Per il momento si tratta solo di uno studio teso a registrare il gradimento (ma pensano di andare avanti). L’ipotesi è quella di trasformare la PrEP in farmaco da banco, ottenibile senza ricetta in farmacia oppure online. L’idea nasce dalla difficoltà che diverse persone trans e non binarie hanno a sobbarcarsi tutta la procedura per ottenere il farmaco per la PrEP. Con questo metodo non avrebbero problemi.

Da ultimo lo studio catalano, Impact of a New Opt-In Targeted Strategy for HIV Testing in Emergency Departments, J. Guardiola, Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, Barcelona, Spain, è interessante ed esportabile. Nei pronti soccorsi hanno proposto il test per HIV ai pazienti che ricevevano almeno una di queste 6 “diagnosi”:

  1. Infezione sessualmente trasmissibile (IST)
  2. polmonite community-acquired
  3. sindrome da mononucleosi
  4. herpes zoster solo persone fra i 18 e i 65 anni
  5. chemsex
  6. PEP

Questa strategia non sembra aver dato i risultati sperati, nel senso che a fronte di una crescita percentuale del numero dei test ordinati e eseguiti (769.134 in 7 anni), ma il numero di nuove diagnosi (309) è rimasto invariato sul percentuale durante il periodo studiato (2017 al 2023).

Un po’ di memoria. Qua e la nelle aule della conferenza, gli organizzatori hanno esposto alcuni Memorial Quilt, le coperte dei nomi. La Names Project AIDS Memorial Quilt, la inventò nel 1987 Cleve Jones per ricordare i morti di AIDS.
Negli anni ‘80 spesso i morti per AIDS non ricevevano neppure un funerale a causa dello stigma. Jones diede vita al progetto per consentire di commemorare i propri cari realizzando pannelli di stoffa, le coperte appunto, con impressi disegni, pensieri a ricordo della persona amata.
Ogni pezzo è stato cucito all’altro a formare grandi coperte.
Nel 1996 le coperte sono state stese davanti al Campidoglio: 38.000 pannelli a ricordo di 70.000 persone morte occupando lo spazio di 20 campi da calcio. Porterà a una grande presa di coscienza del problema AIDS. Ho pensato che fosse carino ricordarlo e pensare per un momento a Giulio, Stefano, Massimofinché ricordiamo, coloro che amiamo non se ne sono mai veramente andati.

Sandro Mattioli
Plus aps

La plenaria di oggi ha visto una presentazione sui vaccini, piuttosto deludente in realtà. In effetti il relatore ha parlato principalmente di come funziona il sistema immunitario in tutte le sue componenti. Da un certo punto di vista interessante ma, trattandosi di una conferenza su HIV, sapere nello specifico come funziona il vaccino per l’influenza mi interessa il giusto, però ha anche descritto l’attivazione epigenetica del sistema immunitario, ha cercato di farci capire come funziona la durata della risposta anticorpale e che, più che di anticorpi, ha senso parlare di risposta combinata delle varie componenti del sistema immunitario, magari aiutato dai vaccini… che funzionano (risata e applauso del pubblico).

La tengo corta perché ieri c’è stato un presidio contro Trump e i suoi deliri ascientifici e vorrei darne conto. Le associazioni locali hanno organizzato un raduno di protesta in un giardino nei pressi del centro Moscone. Ben pubblicizzato da volantini con lo slogan “Save our science”, la protesta voleva sensibilizzare i partecipanti su quanto stanno pesando le azioni deliranti del presidente. I grandi enti federali, come NIH per esempio, non riescono a portare avanti le ricerche e i ricercatori hanno dovuto firmare di proprio pugno una sorta di abiura stile chiesa cattolica ai tempi di Galilei. Questa è una cosa del tutto inusuale per questa conferenza. Semmai è alle conferenze di IAS dove le associazioni organizzano sempre proteste e marce su vari temi e mi piace evidenziare che molti medici e i ricercatori presenti in conferenza hanno partecipato e ben volentieri hanno issato i cartelli e i manifesti preparati dagli attivisti. Ditemi voi se la scienza può prendere ordini da un ignorante che parla di topi transgender (invece che transgenici). Sarò un inguaribile romantico, ma a me è sembrata una bella interazione fra clinici e comunità.

Diverse sessioni si sono concentrate sul problema della sifilide che sta assillando il Paese. I casi di sifilide neonatale sono cresciuti di 10 volte in 10 anni, nel 2022 sono stati registrati 200.000 casi, evidentemente i sistemi di testing non stanno funzionando e la ricerca sta valutando altre opzioni più efficaci.

Inoltre ci sono stati diverse presentazioni orali su doxyPEP – forse anche per via della crescita di sifilide. Si tratta di studi di efficacia e l’hanno dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. Rispetto alla scarsa efficacia su gonorrea semplicemente qui si limitano a prenderne atto, apparentemente senza pensare al motivo e, ovviamente, nessun accenno al possibile sviluppo di ceppi resistenti. Tuttavia uno studio ha attirato la mia attenzione: è quello di un centro di comunità (Magnet) che ha valutato la doxyPEP in un gruppo di MSM in PrEP paragonato a un gruppo equivalente non in doxy. I risultati non discostano da quelli degli altri studi (il rischio di contagio in chi non usa la doxy è superiore d 4 volte), ma la struttura dello studio era interessante perché esportabile anche nel nostro centro e sarebbe interessante avere un dato community based, per cambiare… vedremo.

I simposi del pomeriggio si sono concentrati sulla prevenzione e, ovviamente, la PrEP ha avuto la parte principale.

Le “danze” iniziano con la relazione Game Changed: Navigating the Era of Long- Acting Therapies for HIV Prevention, Jonathan Li, Brigham and Women’s Hospital, Boston.

Il ricercatore fa il punto della situazione rispetto alle possibili scelte su PrEP che definisce insufficienti ma che sono sempre di più di quelle che puoi trovare in Italia:

  • Anello di dapivirina
  • PrEP iniettabile
    • Cabotegravir
    • Lenacapavir
  • Nuove strategie in via di sviluppo

Avete notato anche voi che nessuna delle tre esiste da noi? Comunque andiamo avanti. Oltre a ovvie questioni di business, gli altri tipi di PrEP partono da studi che evidenziano problemi di aderenza con la PrEP orale, per esempio lo studio di Van Damme pubblicato nel 2012 sul New England dove il 26% delle donne africane che avevano fallito la PrEP orale non avevano traccia di tenofovir nel sangue. Secondo un altro studio (Onigwe, OFID, 2024) nel 60% del campione in PrEP orale si registrava una diminuzione dell’aderenza. Situazione simile per l’anello vaginale con dapivirina, sulla carta poteva funzionare ma le donne non lo usavano perché scomodo, soprattutto le più giovani. In breve l’aderenza a un trattamento impatta fortemente sull’efficacia del farmaco. Gli studi HPTN 083 e 084 pubblicati rispettivamente nel 2021 e 2022, hanno dimostrato l’efficacia di cabotegravir come PrEP.

Tuttavia alcuni “warning” sono stati lanciati già l’anno successivo (2023) dove sono stati registrati casi nei quali l’infezione si è verificata nonostante un livello di cabotegravir generalmente elevato, così come nel contesto di un rapido e inaspettato decadimento dei livelli del farmaco (Marzina, AAC, 2023). Inoltre, grazie all’effetto LEVI (Long-acting Early Viral Inhibition) queste cosiddette breakthrough infection ossia infezioni in soggetti in trattamento, possono essere difficili da diagnosticare. Secondo uno studio (Landovitz, NEJM, 2024) sembra che siano passati 98 giorni dal contagio prima di ottenere un test Ag/Ab reattivo.

Lo studio sulla formulazione a 4 mesi di cabotegravir è ancora in fase di valutazione in uno studio di fase 2.

E poi c’è il Lenacapavir, il nuovo inibitore del capside che, proprio per il tipo di inibizione, può bloccare la replicazione virale in diversi punti. Gli studi PURPOSE 1 e 2, che prevedono 1 iniezione sottocutanea ogni 6 mesi, sembrano dimostrare un calo molto significativo del rischio di HIV comparato con la PrEP orale. Tuttavia anche qui un primo warning: appena 2 casi di breakthrough infection ma entrambi i casi associati alla mutazione resistente N74D. Inoltre, ci sono già i primi casi di ritiro prematuro dallo studio a causa di effetti collaterali legati al sito dell’iniezione (Kelly, NEJM,2024).

La formulazione a una iniezione intramuscolo all’anno di lenacapavir come PrEP è in fase di sviluppo.

Come detto al momento nessuno di questi farmaci è approvato in Italia e, anzi, il cabotegravir long acting iniettivo come PrEP (una iniezione ogni 2 mesi) è approvato, però sembra che AIFA abbiamo rimandato già 3 volte la definizione del prezzo come farmaco a carico del SSN. Secondo voci non confermate e contrariamente a quanto sembrava, i tempi non sarebbero brevi.

Da tenere sotto osservazione lo studio MK-8527 in ipotesi una nuova PrEP orale della durata di 1 mese. Così come l’impianto che erogherebbe tenofovir per un anno ma pare che sia associato a effetti collaterali nella sede dell’impianto (Gengiah, jias,2025).

Riassumendo:

  • La PrEP orale è efficace ma l’aderenza potrebbe essere un problema
  • L’anello con la dapivirina ha dimostrato un’efficacia limitata anche collegata a problemi di aderenza
  • Cabotegravir è molto efficace, ma sono stati evidenziati ostacoli logistici e la resistenza resta una preoccupazione
  • lenacapavir rappresenta un importante passo avanti per la PrEP, sia pur non senza qualche piccolo problema; è in attesa di approvazione dell’ente regolatorio (EMA)
  • altre formulazioni/impianti sono in fase di sviluppo

Sandro Mattioli
Plus aps

Con la cerimonia di apertura del 10 marzo, è ufficialmente iniziata a San Francisco la conferenza CROI (Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections) 2025.

CROI è forse la più importante conferenza scientifica del mondo, non è insolito che i risultati di studi importanti vengano presentati durante questa kermesse. Nonostante i noti problemi, causati dal Governo federale che ha costretto gli organismi federali a cancellare e a non usare determinate parole definite “vietate” (nella foto che segue ne proponiamo alcune decine), la conferenza è riuscita a catalizzare l’usuale attenzione. Come è stato sottolineato, CROi non riceve fondi da organismi federali, semmai il problema che ha dovuto affrontare ha a che vedere con la collaborazione con importanti strutture scientifiche come NIH o CDC ai quali il Governo sta imponendo silenzi, cancellazioni, tagli basati unicamente su posizioni ideologiche quando non su ignoranza grassa (cfr transgender mice).

Nel suo discorso di benvenuto, la presidente della conferenza – Diane V. Havlir University of California San Francisco – ha illustrato i termini della mission di CROI che esiste per supportare la ricerca, investire nella scienza e nella salute pubblica, disseminare i risultati della ricerca e tradurli in pratiche evidence-based con il coinvolgimento della comunità.

Di sicuro la conferenza scientifica non supporta, anzi condanna:

  • la censura dei risultati scientifici,
  • la presa di mira di ricercatori, dei loro enti, delle comunità di rifermento,
  • la cancellazione dei fondi per la ricerca,
  • il ritiro improvviso dei programmi di prevenzione e trattamento basati su evidenza scientifica.

Inoltre, la presidente ha chiarito che le linee di investimento scientifico della fondazione che promuove CROI, hanno riguardato:

  • la scoperta di HIV
  • la patogenesi di HIV
  • i trattamenti contro HIV e le sue complicazioni
  • l’implementazione della prevenzione del trattamento contro HIV
  • le basi per i progressi in altri campi: vaccini, cancro, immunoterapia, terapia genica, epatiti virali e molto altro

ma nessuno topo transgender, sembrava volesse aggiungere (!). Fra le altre cose, la conferenza ha cercato di aggirare i veti imposti ai ricercatori federali, cercando ricercatori alternativi in grado di presentare quei dati che gli scienziati di enti governativi non potevano presentare.

Sforzi che sono stati premiati. Quest’anno i partecipanti sono 3.772 si cui 507 virtuali, in rappresentanza di 69 Paesi. Fra questi è inclusa anche Plus ovviamente. Il 40% degli iscritti proviene da paesi al di fuori degli USA.
1875 gli abstract inviati, 1076 quelli accettati più 94 “late breaker”.

Come già detto CROI è principalmente finanziata dalie quote di registrazione, ma è anche supportate dalle principali multinazionali del farmaco. Con le sue dichiarazioni la presidente della conferenza ha messo ben in chiaro che CROI non si fa intimorire dalle follie del governo federale. Tuttavia sicuramente si è trattato di una difficoltà in più da superare che non aiuta la ricerca.

Le letture magistrali dell’inaugurazione hanno riguardato gli studi sui siti di integrazione di HIV e come hanno portato informazioni sulla patogenesi, la persistenza e la terapia genica dell’HIV. Una presentazione articolata e complicatissima, molto al di la della mia capacità di comprensione. Credo che tutti sappiamo che HIV si integra nel DNA umano. In estrema sintesi, il ricercatore è andato ad esaminare cosa accade dopo.

La seconda lettura è stata tenuta da una rappresentante delle persone con HIV: Rebecca Denison, fra le altre cose, fondatrice di WORLD (women Organized to Respond to Life-threatening Diseases) che ha cercato di evidenziare cosa è cambiato dopo oltre 40 anni di lotta contro HIV, cosa non è cambiato, cosa dovrebbe.

In sintesi ha presentato la tabella che segue:

19902025
“stiamo tutti per morire”sopravvissuti a lungo termine e sopravvissuti a vita
Alti dosaggi di AZT in monoterapia ogni 4 oreART
marcatori surrogati: malattia o mortemarcatori surrogati: cascade of care & treatment
25% di rischio di trasmissione materno-fetale<1% se accesso ai trattamenti
Allattamento al seno non consigliatoallattamento al seno consigliato per molti
Prevenzione = condomPrevenzione = PrEP, PEP, condom, U=U, long acting iniettivi
Accesso limitato ai farmaci per PLHIVUSA: Ryan White care act, Maricare, Medicaid
Oltre 10 anni di ritardo prima che le donne siano coinvolte nella ricerca clinicaLEN inizia dalle donne, anche incinte, focus su consenso informato
Aborto legaleAborto illegale in molti Stati

Invece cosa non è cambiato, secondo la relatrice?

  • Stigma, misinformazione, disinformazione
  • le determinanti sociali della salute alimentano le disuguaglianze: impatto sproporzionato dell’HIV sulle comunità afro-americane
  • donne e altre popolazioni chiave ancora sotto rappresentate nella ricerca
  • popolazioni chiave sotto attacco
  • la collaborazione fra comunità e ricerca salva delle vite

per poi passare a cosa non dovrebbe cambiare:

  • l’impegno globale degli Stati Uniti a porre fine all’HIV entro il 2030
  • la tutela contro le discriminazioni sul lavoro, nell’accesso alla casa e ai trattamenti sanitari
  • i programmi di assistenza sanitaria
  • i diritti civili già esistente (per esempio, il matrimonio fra coppie dello stesso sesso

Purtroppo le news delle ultime settimane vanno nel senso opposto, e conclude con un’immagine evocativa di Hitler che smantellò la democrazia in 53 giorni. “Noi siamo a 48”, chiude l’attivista.

L’ultima relazione è appannaggio di Adeeba Kamarulzaman che si è occupata di drug use e di come il tema di interlaccia con salute pubblica e politica.
Onestamente non una bella relazione, anche a causa dell’emozione della relatrice, che ha descritto i passi in avanti nella lotta contro HIV nella popolazione chiave degli injection drug users (IDU), in particolare nel suo Paese, la Malesia, dove il dato di partenza vedeva una incidenza degli IDU del 70 del totale delle nuove diagnosi. Riesce a far peggio, 83%, solo la Russia ma sappiamo tutti quanto poco siano attenibili i dati russi grazie alle sue leggi discriminatorie.
Inoltre, nonostante le innumerevoli evidenze scientifiche e, di conseguenza, le raccomandazioni internazionali, l’approccio all’uso di sostanze continua ad essere punitivo e coercitivo: il possesso o l’uso è considerato criminale nel 40% dei 94 Paesi dove i dati sono disponili.

L’ultima parte della inaugurazione è stata assegnata al SFGMC, il San Francisco GayMen’s Chorus. Forse il più antico coro gay maschile. A dire la verità, mi stupito il fatto che il direttore del SFGMC ha parlato pressoché solo della lotta contro la discriminazione dovuta a orientamento sessuale o identità di genere. Si saranno resi conto di dove si trovavano?

Sandro Mattioli
Plus aps
Presidente

Chi non capisce il titolo… gli tocca leggere fino alla fine.
Eccoci all’ultimo report. Per ragioni logistiche, non c’era il volo, oggi devo partire alle 17,30 ora locale e l’ultima plenaria per qualche strano motivo è stata messa alle 15,30. Quindi oggi mi dedico ai poster abstract che, spesso, riservano delle sorprese.

Inizio con lo studio Framing stigma: a systematic review of cinema‘s HIV narrative between 2015 and 2023 banalmente perché italiano, lo ha inviato un gruppo di ricercatori dell’Università di Sassari: preso atto che stigma e discriminazione sono tra i problemi correlati all’HIV, che il cinema rispecchia la società e potrebbe avere il potere di plasmarla, lo studio approfondisce le rappresentazioni dell’HIV nei film tra il 2015 e il 2023. Hanno esaminato i database “IMDb” e “Themoviedb”, utilizzando i tag “AIDS”/“HIV” e “Film su HIV/AIDS” su Wikipedia. Hanno incluso film interi (≥un’ora) sull’HIV/in cui l’HIV è stato menzionato, in inglese o con sottotitoli in inglese.

Alla fine sono state raccolte le seguenti variabili: numero di persone con HIV (PWH), genere, fattore di rischio per l’acquisizione dell’HIV, presenza di AIDS, condizioni che definiscono l’AIDS, decessi correlati all’HIV, discriminazione/stigmatizzazione nel film/da parte del film stesso, se PrEP, PEP e U=U erano rappresentati, e affidabilità scientifica. Con questo metodo dai 3.060 film di partenza ne hanno selezionati 48.
Le donne cisgender e transgender erano rappresentate in 11 (22,9%) e quattro (8,3%) film, rispettivamente. Essere MSM era il fattore di rischio in 30 (62,5%). L’AIDS è stato mostrato in 24 (50%) e in 22 (45,8%) chi ne era colpito, muore. La conclusione a cui arrivano i ragazzi è che Il cinema spesso ritrae l’HIV in modo drammatico, trascurando le possibilità di normalizzarlo. La rarità di PEP, PrEP e U=U sottolinea la necessità di un’ulteriore discussione sul potenziale ruolo del cinema nella sensibilizzazione e nella lotta allo stigma dell’HIV.

La dott.ssa Valentina Mazzotta (in foto) dell’Ist. Spallanzani, con i risultati la ricerca multicentrica ItaPrEP ha ottenuto una presentazione orale. Cosa che ci ha molto piacere perché anche Plus ha partecipato. Il titolo è: HIV pre-exposure prophylaxis (PrEP) efficacy, adherence and persistence in an Italian multicentric access program (Sep2017-Nov2023): ItaPrEP study. Parliamo quindi di uno studio effettuato prima della rimborsabilità del farmaco. Lo studio, ha coinvolto diversi centri clinici e tutti i centri community-based che seguono persone in PrEP, ha evidenziato che grazie alla PrEP il tasso di sieroconversione era inferiore agli studi RCT nelle popolazioni esposte. L’età giovane, basso livello di istruzione e chemsex, oltre a barriere come la mancanza di farmaci gratuiti e monitoraggio sono fondamentali per indirizzare le strategie per migliorare l’implementazione della PrEP.

Un altro studio interessante era: The effectiveness of user-centered demand creation interventions on PrEP initiation among Female Sex Workers (FSW) and Men who have sex with Men (MSM) in Kenya, ossia l’efficacia degli interventi di creazione della domanda incentrati sull’utente nell’avvio della PrEP tra le lavoratrici del sesso (FSW) e gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) in Kenya. Il Kenya nel 2017 ha lanciato un programma nazionale di ampliamento della PrEP (stesso anno dell’autorizzazione da noi). Il programma non dati i risultati sperati in termini di efficacia, per cui hanno provato a promuovere la PrEP con programmi centrati sulla persona (invece su patologie o burocrazia?) e tesi a far crescere la domanda di PrEP; secondo i dati pubblicati che potete vedere cliccando il link, pare che questo genere di interventi abbiano indotto una crescita nella domanda di PrEP nella popolazione indicata.

Il poster Changes in penile microbiome of South African cis-gender men and transwomen following surgical circumcision, non poteva mancare. Numerosi studi hanno dimostrato che la circoncisione maschile riduce l’acquisizione dell’HIV per quella via, con meccanismi ipotizzati tra cui la riduzione delle cellule bersaglio, la riduzione del tempo di esposizione al virus e la riduzione dell’infiammazione locale mediante modifiche del microbioma dovute all’esposizione all’ossigeno. In pratica hanno cercato di caratterizzare i cambiamenti nei batteri superficiali del glande attraverso tamponi. Lo studio non è grande, solo 29 abitanti di Città del Capo, fra i 18 e i 45 anni che si sono rivolti a una clinica pubblica per la circoncisione. La variazione batterica notata sembra supportare l’ipotesi che l’effetto protettivo della circoncisione sia dato da una ridotta infiammazione da disbiosi batterica anaerobica.

Nello stesso modo non poteva mancare lo studio Cannabidiol prevents mucosal HIV-1 transmission by targeting Langerhans cells, macrophages and T-cells, ossia che il CBD previene l’HIV. Lo studio va a esaminare cellule bersaglio di HIV ed è complicato, ma le conclusioni sono entusiasmanti. I ricercatori arrivano a sostenere “il riposizionamento delle formulazioni contenenti CBD disponibili in commercio come potenziali microbicidi contro la trasmissione dell’HIV-1 della mucosa. Come alternativa all’efficiente Lenacapavir, che tuttavia induce mutazioni di fuga e rimane costoso, il nostro approccio neuro-immunitario basato sul CBD rappresenta una strategia di prevenzione dell’HIV-1 innovativa, conveniente e accessibile”. Lo studio è francese e io già li adoro, ma non li prendo davvero sul serio.

Sandro Mattioli
Plus aps

La plenaria di oggi si chiama così… francamente non ho capito il motivo ma va bene lo stesso.
Il focus della plenary sono stati gli anticorpi neutralizzanti per cui faticosissima, almeno per me.
Tuttavia i relatori sono stati bravi, hanno cercato di spiegare perché puntare su questi “piccoletti”, cosa sono e come funzionano.
La prima relazione dal titolo “Discovery an HIV vaccine: the quest continues”, è stata tenuta da Eunice Nduati responsabile di un bellissimo programma di ricerca del Kenya.
Ha iniziato spiegando le sfide che pone HIV,

  • la variabilità di HIV è molto ampia e continua a crescere
  • fin dall’inizio dell’infezione HIV si integra nel genoma dell’ospite e diventa invisibile per il sistema immunitario

Cose che bene o male conosciamo.
Sfide per l’organismo ospite:

  • gli anticorpi neutralizzanti (bnAbs) hanno caratteristiche insolite.

Questi tratti insoliti sono sfavoriti dal sistema di regolazione immunitaria dell’ospite; durante la replicazione virale, il virus è densamente ricoperto dai polimeri a base di carboidrati dell’ospite che sono scarsamente immunogenici e occludono importanti epitopi, ossia parti di antigeni bersaglio degli anticorpi, con il risultato che HIV va avanti per la sua strada.

I tentativi di trovare una via per realizzare un vaccino sono stati molti negli anni a partire dal 2003, rigorosamente falliti uno dopo l’altro. Tuttavia anche grazie ai fallimenti si è potuto dimostrare che di bnAbs possono proteggere contro HIV. Un po’ come avviene per i farmaci, anche per gli bnAbs sono necessarie più classi di bnAbs perché funzionino e un titolo vaccinale sostenuto per una protezione duratura.

Gli bnAbs sono naturalmente presenti nel corpo umano, ma ci mettono una vita a maturare. Inoltre, per quanto coprano una vasta gamma di infezioni, devono essere correttamente selezionati. Quindi occorre un processo, possibilmente rapido, di selezione e maturazione.
Questa cosetta è resa possibile grazie a un percorso complesso, costoso, lungo 10 anni di studi che sono passati per la scoperta degli bnAbs, capirne la struttura biologica e l’interazione antigene-anticorpi, la realizzazione della famosa piattaforma mRNA ha accelerato e facilitato l’interazione, le tecnologie basate su AI, gli studi su differenti popolazioni, la disponibilità di modelli animali da poter confrontare con le sperimentazioni umane. Tutto questo dovrebbe portare a una risposta anticorpale umana contro HIV.

Bei passi in avanti. Laggiù in fondo al tunnel mi sembra di intravvedere una lucciola. Tuttavia per ora continuo ad arredare il tunnel.

La relazione successiva, curata da Elena Giorgi – F. Hutch Cancer Center – ha affrontato il tema dell’envelope ossia l’involucro che racchiude HIV. Questa è la parte che più muta del virus e, quindi molto sfuggente.
I clade, ossia i sottotipi virali, già di suo sono parecchi e in più ognuno di essi si suddivide in una miriade di si variazione che vanno incrementandosi negli anni. L’immagine rende abbastanza l’idea: i puntini rappresentano le diversificazioni dell’envelope negli anni per il solo sottotipo B piuttosto comune negli USA.
Per capirci, molta differenziazione significa molte mutazione e, quindi, molte resistenze. Sequenziare e studiare queste differenze aiutano gli studi futuri sui vaccini che ovviamente devono tenere conto di tutta questa variabilità.

Lo ammetto, non sono riuscito a far entrare nemmeno una delle associazioni che hanno protestato ieri. Tuttavia, quando ho letto che la dott.ssa Sharonann Lync – Georgetown University – avrebbe tenuto una lecture in plenaria sulle questioni economiche, le patenti, i fondi e la sostenibilità, l’ho avvicinata. Che ho da perdere? Una signora, penso, della community, che mi guarda e mi risponde: of course I’ll do. Aveva già aggiunto una slide, con mio grande piacere.
La Lync affronta di petto il tema di ciò che accade dopo che gli studi hanno avuto successo, perché agli enti regolatori non interessa sapere quanto hai speso per quel successo, gli interessa sapere quanto gli costa quel successo. In più ci sono le normative, le licenze, la sostenibilità, l’accesso, il personale, la logistica. ecc. tutti temi che, se non adeguatamente affrontati, comportano forti ritardi nella disponibilità del prodotto… e, aggiungo io, persone che si contagiano.

E parte in quarta con l’esempio del costo della della PrEP.

Negli USA la PrEP orale costa circa 40$, quella iniettiva CAB circa 180$, quella con lenacapavir non si sa ma verosimilmente costerà parecchio di più. I costi alti, la complessità di gestione alta, la community tenuta fuori, ecc. lasciano la scienza fuori dai confini del Paese.
E poi bam ecco la slide promessa. Testato in Africa, usato in Sud America, come va a finire il farmaco miracoloso contro HIV (si riferisce a lenacapavir)? Va a finire che le persone trans le comunità indigene si sono prestate alla sperimentazione, banalmente perché cubano percentuali di incidenze altissime in Perù, e poi questo Paese si ritrova escluso dalle licenze gratis o a costi estremamente ridotti.
C’è da dire che il numero di persone, 800.000, indicato da Zimbabwe perché inizino al PrEP è superiore all’intera fornitura di CAB LA disponibile nel 2025. Il nuovo farmaco di Gilead è stato presentato come miracoloso e l’aspettativa è alta, così come saranno alte la richiesta di copertura e i costi. Il tema di chi si dovrà far carico di tali costi dovrà essere affrontato quanto prima. Di sicuro non lo potrà fare quella signora con la maglietta gialla.

Un commento sull’immobilismo di IAS lo voglio fare. Sicuramente le comunità indigene in Perù non sono trattate con umanità. Faticano ad avere accesso alla sanità pubblica o anche semplicemente in considerazione. Capisco che IAS non abbia ruolo per prendere posizione contro il Governo del Perù. Tuttavia la signora con la maglietta gialla non stava protestando perché il suo Governo lascia che muoia, protestata perché Gilead ha escluso il Perù dalla licenza per lenacapavir dopo che la sua comunità si era spersa per partecipare allo studio.
Capisco che se IAS organizza diverse conferenze all’anno e che Gilead è uno sponsor, ma farvi strozzare il cuore dai cordoni della borsa è davvero inaccettabile.
Uno slogan di IAS che campeggia da tempo negli schermi delle sue conferenze è put people first, mettere al centro le persone, lo potete vedere nella foto di fianco. Forse IAS pensa che la comunità indigena del Perù sia composta da paracarri non da persone, forse la signora in giallo non aveva la maglietta giusta non lo so, ma aveva più diritto lei di entrare e dire cosa succede a tutti che non i dirigenti di IAS. Più che “back in the future” mi sembra che “stay in the past” sarebbe stato più adatto.

Sandro Mattioli
Plus aps

Che cos’è Sex Check?

Sex Check è un progetto speciale (poiché ha regole differenti dal servizio di testing del BLQ Checkpoint) in essere al PrEP Point di Plus, quindi al di fuori dall’ospedale, anche se in collaborazione con il Policlinico S. Orsola. Se sei un MSM (Maschi che fanno sesso con Maschi) o una persona trans*, ti capita di fare sesso con altri maschi e qualche volta corri qualche rischio e sei interessato/a alla PrEP allora il programma Sex Check può fare per te. Con il programma speciale Sex Check puoi controllarti regolarmente per Hiv, epatite C, sifilide, gonorrea e clamidia facendo dei test rapidi che ti forniscono la risposta dopo al massimo due ore. I test vengono effettuali presso la sede di Plus dove è attivo anche il BLQ Checkpoint: questo significa che non devi andare in ospedale ma puoi fare tutto in un ambiente accogliente avendo a che fare con operatori alla pari, preparati e competenti.

Possono partecipare tutti a Sex Check?

Possono partecipare a Sex Check i maschi cisgender (cioè nati maschio) oppure le persone trans* che soddisfino certi requisiti. Innanzitutto il programma è rivolto a chi fa sesso con maschi che abbiano difficoltà ad utilizzare sempre il preservativo e che abbiano diversi partner sessuali. Se soddisfi tutti i requisiti, per partecipare a Sex Check dovrai anche firmare un consenso informato.

Ricordiamo che Sex Check è un programma che si svolge al Prep Point di Plus dedicato a un’utenza specifica interessata alla PrEP. Se non vuoi utilizzare la PrEP o non hai i requisiti per partecipare a Sex Check, puoi sempre rivolgerti al BLQ Checkpoint previo appuntamento il martedì e il giovedì dalle 18 alle 21 per fare il test HIV, HCV e sifilide. Invece, gli altri test per le infezioni sessualmente trasmissibili sono purtroppo disponibili solo per i partecipanti di Sex Check, a causa del loro elevato costo.

Posso fare Sex Check se prendo la PrEP?

Il nostro programma è stato pensato apposta per chi fa o vuole fare la PrEP. Se non sai cos’è la PrEP, consulta la nostra pagina prepinfo. Nel programma Sex Check puoi controllare regolarmente che tu non abbia contratto qualcuna delle più comuni infezioni che si possono trasmettere sessualmente (Hiv, epatite C, sifilide, gonorrea e clamidia). Inoltre, ti offriamo la possibilità di controllare anche la funzionalità renale impiegando un test rapido per la misurazione della creatinina che sarà letto e interpretato da un medico infettivologo (anche lui friendly!).

Quali test posso fare nel progetto Sex Check?

I test che offriamo sono:

  • Test rapido per l’Hiv: usiamo il test Determine® HIV-1/2 Ag/Ab Combo della Alere. Il test viene effettuato su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello) e fornisce una risposta in 20 minuti. Per maggiori informazioni, clicca qui.
  • Test rapido per il virus dell’epatite C (HCV): usiamo il test Xpert® HCV Viral Load della Cepheid che rileva direttamente il virus e non gli anticorpi (quindi è in grado di controllare se c’è una infezione attiva). Anche questo test si effettua su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello); la risposta è disponibile dopo circa 2 ore. Per maggiori informazioni, clicca qui.
  • Test rapido per sifilide: usiamo un test point-of-care rapido con marchio CE che rileva simultaneamente e separatamente
    anticorpi treponemici e non treponemici ed è quindi in grado di rilevare una sifilide attiva anche in persone l’hanno già avuto l’infezione. Il test, sviluppato dalla Chembio (maggiori info qui),  si effettua su prelievo capillare (cioè raccogliendo una goccia di sangue dalla puntura di un polpastrello) e fornisce la risposta in 15 minuti.
  • Test combinato per gonorrea e clamidia: usiamo il test Xpert® CT/NG della Cepheid, che rileva la presenza di Chlamydia trachomatis (il microrganismo che causa la clamidia) e di Neisseria gonorrhoeae (quello che provoca la gonorrea). Dal momento che queste infezioni possono localizzarsi in varie parti del corpo, il test verrà effettuato su campioni biologici raccolti dai tre siti più frequenti, cioè il cavo anale (attraverso un tampone rettale, cioè un tampone simile a un cotton fioc che verrà introdotto nell’ano e mosso leggermente per raccogliere il liquido della mucosa), la faringe (cioè la gola, anche in questo caso si passerà un tampone nel cavo orale), o il pene (in questo caso si raccoglierà dell’urina). La risposta è disponibile in 90 minuti. Per maggiori informazioni, clicca qui (documentazione in inglese).
  • Test per la creatinina: utilizziamo il misuratore di creatinina StatSensor Xpress.

Quanto costa partecipare a Sex Check?

Non dovrai pagare nulla per fare i test. Il programma è interamente gratuito. Sex Check è reso possibile grazie a un finanziamento non condizionato di Gilead Sciences.

Se faccio la PrEP, mi date anche il farmaco?

Nel caso che tu voglia usare la PrEP per proteggerti dall’Hiv, possiamo fornirti supporto per ottenere la prescrizione, offrirti tutti i test per il monitoraggio ma purtroppo potremmo non essere in grado di offrirti il farmaco (anche se ci stiamo lavorando…). Dovrai perciò acquistarlo tu stesso.

Cosa devo fare per partecipare a Sex Check?

Vediamoci! La prima cosa da fare è fissare un incontro, in presenza o via zoom, per verificare che Sex Check sia un programma adatto a te. Se capiamo che è così, potrai fare tutti i test già a partire dalla settimana successiva.

Per prenotare un appuntamento puoi:

  • Inviare una email a sexcheck@plus-aps.it
  • Chiamare al numero 051 4211857 da lunedì a venerdì dalle 9:00 alle 12:00 o da lunedì a giovedì dalle 18 alle 20.
  • Passare a trovarci al BLQ Checkpoint, in via San Carlo 42/C a Bologna, il lunedì o mercoledì dalle 18:00 alle 20:00
 

Gli amici del PrEP-Point di Bologna